"«La montagna incantata è un fedele, complesso, esauriente ritratto della civiltà occidentale dei primi decenni del Novecento e, nella sua incantata fusione di prosa e poesia, di vastità scientifica e di arte raffinata, è il libro, forse, più grandioso che sia stato scritto nella prima metà del secolo.» Con queste parole, un entusiasta Ervino Pocar concludeva l’introduzione all’edizione della Montagna incantata da lui tradotta nel 1965 e salutata come esemplare e capace di trasmettere appieno lo stile e lo spirito dell’opera. Edizione che è stata poi ripresa nella collana degli Scrittori di tutto il mondo nel 1992 e che da allora ha fatto conoscere e apprezzare ai lettori italiani questo Bildungsroman straordinariamente complesso ambientato in un sanatorio svizzero, il celebre Berghof di Davos.
Quando il protagonista, il giovane Hans Castorp, vi arriva, è il tipico tedesco settentrionale, un solido e rispettabile borghese; ha però le sue curiosità spirituali ed è intellettualmente aperto all’avventura. A contatto con il microcosmo del sanatorio, vero e proprio panorama di tutte le correnti di pensiero dell’epoca, il suo carattere subisce un’evoluzione e un incremento: passa attraverso la malattia (Behrens e Krokowski), l’amore (la signora Chauchat), il razionalismo e la gioia di vivere (Settembrini), il pessimismo irrazionale (Naphta), senza che nessuna di queste posizioni lo converta. Ma in mezzo a tante forze contrastanti, Castorp trova il proprio equilibrio. Nel mondo della «montagna magica» dove il tempo si dissolve e il ritmo narrativo si snoda in sequenze di ore, giorni, mesi e anni resi tutti indistinti dalla routine quotidiana, egli può liberamente crescere. Paradossalmente (l’umorismo di Mann), dopo essere stato convertito alla vita Castorp tornerà alla pianura per perdersi nell’inutile strage della «grande» guerra.
«Il Graal che egli, anche se non lo trova, intuisce nel suo sogno quasi mortale prima di essere trascinato dalla sua altezza nella catastrofe europea», disse Mann, parlando agli studenti di Princeton nel 1939, alla vigilia di un’altra strage, «è l’idea dell’uomo, la concezione di un’umanità futura, passata attraverso la più profonda conoscenza della malattia e della morte. Il Graal è un mistero, ma tale è anche l’umanità: poiché l’uomo stesso è un mistero, e ogni umanità è fondata sul rispetto del mistero umano... Fate il favore di leggere il libro sotto questo angolo visuale: troverete allora che cosa sia il Graal, il sapere, l’iniziazione, quel 'supremo' che non solo l’ingenuo protagonista, ma anche il libro stesso va cercando.»
È questo il secondo atto dell'impresa di ritraduzione della narrativa di Mann, avviata nel 2007 dal Meridiano "Romanzi" ("I Buddenbrook" e "Altezza reale"). Con il titolo "La montagna incantata", il capolavoro di Mann, uscito a Berlino nel 1924, venne tradotto in Italia nel 1932 e poi da Ervino Pocar nel 1965. Con questa pubblicazione, il romanzo di Mann - una vera e propria "opera-mondo" - ritorna in libreria in una nuova traduzione corredata da un vasto commento analitico, viatico per penetrarne la complessità anche filosofica. La traduzione di Renata Colorni - traghettatrice dell'opera di Freud presso il pubblico italiano a partire dagli anni Settanta, oltre che traduttrice di numerose e importanti opere della narrativa tedesca - grazie all'attenzione verso i suoi caratteri linguistici distintivi, restituisce al dettato manniano la sua caleidoscopica unicità. La curatela è del germanista Luca Crescenzi, che oltre al commento firma anche una introduzione che si affianca allo scritto dello studioso tedesco Michael Neumann.
Questo volume avvia l'opera di traduzione, a distanza di cinquant'anni, di tutta la narrativa di Thomas Mann (a eccezione di "Giuseppe e i suoi fratelli", ripubblicato nei Meridiani nel 2000). Autore storico della casa editrice, Mann era infatti tutto presente nella collana dei Classici contemporanei stranieri in volumi curati da Lavinia Mazzucchetti e risalenti agli anni Cinquanta, con traduzioni perciò assai invecchiate. L'edizione dei Meridiani che con questo volume si avvia occuperà quattro volumi ed è aperta da un saggio introduttivo di Marcel Reich-Ranicki, critico e intellettuale tedesco di grande fama. Essa prevede il coinvolgimento dei migliori traduttori disponibili; tutti i romanzi hanno introduzioni specifiche firmate da studiosi italiani o stranieri e un ricco commento, affidato a Luca Crescenzi. In questo primo volume, la traduzione dei "Buddenbrook" (il romanzo che nel 1905 segna l'esordio narrativo di Mann e immediatamente lo segnala come scrittore di straordinario talento) è di Silvia Bortoli; quella di "Altezza Reale" (fiaba morale del 1909, sul potere e sulle sue rappresentazioni) di Margherita Carbonaro.
Il primo grande romanzo di Thomas Mann racconta la storia di una famiglia tedesca dell'Ottocento che dopo anni di prosperità è esposta a una tragica decadenza: le basi di un patrimonio e di una potenza che sembravano incrollabili sono sgretolate da una forza ostinata e segreta. Opera di ispirazione autobiografica, questo romanzo, capolavoro della letteratura europea, esprime compiutamente la concezione estetica e politica dello scrittore tedesco, il suo rimpianto per una mitica e solida borghesia, la coscienza della crisi di un mondo e di valori destinati inesorabilmente a scomparire.
Scritto nel 1903, il racconto è la storia del lento pervenire del giovane Kröger alla coscienza della propria diversità dai coetanei. In una condizione di totale isolamento la sua sensibilità si dibatte nell'antinomia tra origini borghesi e attrazione per l'arte. Il contrasto fra arte-malattia da un lato e borghesia-normalità dall'altro - matrice della poetica di Thomas Mann - si manifesta nel silenzioso idillio con Ingeborg Holm e nell'incompresa amicizia per Hans Hansen: le due figure che costituiranno per sempre i limiti della solitudine e della gelosia di Tonio. Questo difficile equilibrio viene vissuto con drammatica inquietudine tra Lubecca, dove il giovane scrittore è nato e si è formato, e Monaco, dove diventerà celebre, senza sedare del tutto le proprie angosce.
Nei quattro libri che compongono questo grande e appassionante romanzo del Novecento europeo, la materia biblica dà luogo a un emozionante racconto che accoglie al tempo stesso suggestioni dalla psicologia, dalla storia delle religioni e dal mito. Quale commento, nel volume è compresa, oltre a un ricco e preziosissimo corredo di note che ne chiariscono i riferimenti biblici e culturali, un'ampia sezione che raccoglie scritti manniani non reperibili altrove: riflessioni dell'autore sulla propria opera, nonché le lettere inviate, a partire dal 1934, da Mann a Károly Kerényi, grande studioso del mito e delle religioni, e riguardanti appunto la genesi e l'elaborazione del romanzo. La traduzione è quella, storica, di Bruno Arzeni, accuratamente rivista per questa nuova edizione. Arricchisce il volume un inserto iconografico che presenta immagini tratte dai testi su cui Mann si documentò per la descrizione, assolutamente fedele, di personaggi e luoghi dell'Egitto.
Lo scambio epistolare tra i due fratelli Mann, testimonianza del legame fra la più singolare e illustre coppia di fratelli scrittori dell'età moderna, è uno strumento fondamentale per approfondire e analizzare il complesso rapporto che ha legato Thomas a Heinrich. Uniti dalla vocazione di scrittori, i Mann saranno sempre divisi dal diverso orientamento politico, di cui le lettere rispecchiano le varie fasi. Il conservatorismo apolitico di Thomas da una parte, l'evoluzione in senso democratico di Heinrich dall'altra, si fronteggiano negli anni 1914-18. Gli avvenimenti storici successivi faranno riavvicinare e convergere le loro strade, nella lotta contro il comune nemico.