Il tema di questo libro è una costante di tutto rilievo nella moderna narrativa italiana, più propriamente quella riconducibile ai proverbiali archetipi di Verga e Pirandello, sullo sfondo però della lunga fortuna della formula definitivamente fissata da loro corregionali quasi altrettanto illustri. Il punto di partenza ideale è il "Verga moderno" che è rimasto a lungo pressoché l'unico esempio nostrano delle innovazioni romanzesche altrimenti riservate alle altre letterature. Dalla sua caratteristica contraddizione, conturbante e classicamente moderna, tra il massimo di immediatezza colloquiale e popolare e la tempra aristocraticamente intellettualistica delle invenzioni e di una proverbiale diffidenza nei confronti delle astrazioni, hanno preso le mosse altri scrittori siciliani, da quelli poco più giovani di Verga, come De Roberto e Pirandello, a quelli delle ultime leve, e un dibattito che ha conosciuto momenti di straordinaria intensità.
Il volume illustra, attraverso i protagonisti e le opere, le vicende italiane, tra Settecento e Ottocento, di un genere principe della letteratura come la poesia lirica e segue il costituirsi della sua inconfondibile facies moderna, nel confronto problematico con la grande tradizione e con le suggestioni europee. Ne risulta così geneticamente delineata, senza celebrazioni convenzionali ma anche senza complessi d'inferiorità, la dialettica interna all'orizzonte classicista che ha racchiuso e caratterizzato le proposte più innovative della nostra tradizione moderna.