Da una parte il medico, che tasta il polso e scruta le urine, dall'altra il prete, pronto a somministrare la benedizione con l'olio santo; al centro, in un letto, il malato. Una scena classica che rappresenta, secondo l'autore, i tre protagonisti della tragedia umana: "l'uomo sofferente, assistito dal medico del corpo e dal medico dell'anima, da cui dipendono la sua salute terrena e la sua felicità eterna". Quella tra Chiesa e medicina e, più in generale, tra religione e scienza, è una storia piena di conflitti e contraddizioni, in cui un ruolo fondamentale è svolto dalla sfera morale e dalla concezione stessa della vita umana. Nel Medioevo, in virtù degli scarsi mezzi e delle limitate conoscenze a disposizione dei medici, il prete (e il santo) aveva gioco facile nel far prevalere superstizioni e miracoli su un approccio scientifico alla malattia. Tra Rinascimento ed età moderna, invece, grazie ai suoi sempre più rapidi progressi, la medicina riesce pian piano a svincolarsi dall'ipoteca ecclesiastica e a imporre una visione laica, che talvolta sfocia in posizioni di esplicito ateismo. Negli ultimi anni, con l'avvento della bioetica e di questioni eticamente sensibili, quali la procreazione artificiale, la manipolazione genetica e l'eutanasia, la Chiesa è tornata a far sentire la propria voce, ridando vita a uno scontro in cui verità scientifiche e considerazioni morali si affrontano e si intrecciano avendo per oggetto l'uomo e la sua fragile condizione, tra salute del corpo e salvezza dell'anima.
Come avviene per tutti i giganti della storia, sulla figura di Carlo Magno è stato scritto tutto e il contrario di tutto. E la costruzione del mito si sovrappone, come spesso accade, alla realtà storica restituendo talvolta un quadro incerto e ambiguo del personaggio. Il caso di Carlo Magno è, da questo punto di vista, emblematico. Come 'accedere" al vero Carlo dopo la Chanson de Roland? In 1200 anni la figura del sovrano carolingio è stata incessantemente recuperata, utilizzata, manipolata fino al suo ultimo avatar che lo vuole padre dell'Europa, una sorta di fusione tra Adenauer e De Gaulle che riconcilia il mondo germanico e quello francese. Districandosi tra le varie ricostruzioni storiche l'autore delinea la 'biografia" di Carlo Magno più veritiera, depurata dagli aloni che nel corso dei secoli hanno avvolto la sua figura
L’età dell’oro, epoca fuori dal tempo e dalla storia, ritrae la felicità perfetta, la beatitudine di uomini e donne che hanno tutto ciò che vogliono. Al pari dell’equivalente sacro del paradiso terrestre, si tratta di un mito antichissimo ma costantemente attualizzato, un sogno che accompagna fedelmente l’uomo, un’utopia che assume forme e contenuti diversi a seconda dei contesti, ma che si scontra fatalmente con la dura e imperfetta realtà. Malgrado le magnanime speranze ogni volta riposte, quella della ricerca della felicità è la storia di uno scacco, di un inseguimento che non ha mai fine, di una corsa generosa verso un obiettivo privo di una vera consistenza. Da Esiodo ai filosofi antichi, dal pessimismo medievale all’ottimismo del Rinascimento, dagli auspici della Rivoluzione francese alla concezione borghese della felicità, dalle utopie ideologiche del XX secolo fino alle moderne conquiste della scienza e della tecnica, si snoda un itinerario di vertiginosi alti e bassi, di generose impennate e di rovinose cadute. L’umanissimo desiderio di ricercare la felicità, evolvendosi nello spazio e nel tempo, ci aiuta a comprendere l’uomo e la sua storia.
I lettori
Il libro si rivolge a un pubblico vastissimo, dallo studioso delle mentalità e dei comportamenti al cultore e allo studente di storia, fino all’ampia platea di lettori in cerca di una piacevole e proficua lettura.
Da Federico II
a Spinoza,
da Machiavelli a Hobbes:
il paradossale libro sacro
dei miscredenti
che nasce, si diffonde,
incrocia i destini
di principi e filosofi.
Primo luglio 1239: Gregorio IX accusa l’imperatore Federico II di avere dichiarato che il mondo intero è stato ingannato da tre impostori, Gesù, Mosè e Maometto. Poco dopo l’insinuazione del papa, si diffonde una voce ancora più inquietante: Federico II e il suo braccio destro, Pier delle Vigne, avrebbero scritto un trattato in latino, il De tribus impostoribus, sostenendo questa tesi empia. Eppure nessuno ha visto il libro maledetto. E per secoli nessuno lo vedrà, anche se di volta in volta il manoscritto fantasma sarà attribuito a personaggi eterodossi da screditare: da Machiavelli a Ramo, da Bruno a Hobbes, dall’Aretino a Spinoza. Finché nel 1719, in Olanda, accade l’imprevedibile: il Trattato dei tre impostori viene stampato in francese. Ma un interrogativo grava sulla pubblicazione: è davvero l’opera di cui si parla dal Medioevo, o è una semplice truffa commerciale, un’impostura sull’impostura? In un saggio appassionante come un giallo storico Georges Minois, brillante studioso della cultura, scioglie questo e molti altri enigmi, ripercorrendo le tappe principali della vicenda complessa che da una calunnia ha portato alla nascita della “Bibbia dell’ateo”. Un documento contraddittorio quanto misterioso che, per un curioso gioco della Storia, fi - nisce con l’avere almeno un aspetto in comune con il Dio contro cui si scaglia: sulla sua natura, e sul mistero della sua esistenza, non si smette di interrogarsi.
Sin dalla preistoria l'uomo non ha mai smesso di voler conoscere il futuro e di inventare stratagemmi per tentare di controllarlo. Dai procedimenti divinatori inventati dai popoli dell'Antichità, ai metodi "scientifici" messi a punto dai futurologi di fine XX secolo, i mezzi per predire l'avvenire non si somigliano più molto. Ma ogni epoca ha avuto bisogno di fantasticare sul futuro, sia nel bene che nel male: ci sono stati i falsi profeti del Medioevo, gli astrologi rinascimentali, o ancora i veggenti del Grand Siècle. E anche i filosofi illuministi hanno tentato, a modo loro, di leggere fra le righe del futuro, ma senza riuscire a mettere a tacere l'irrazionalità: magnetismo, sonnambulismo e altre forme di spiritismo hanno conosciuto un successo sempre maggiore nel XIX secolo, mentre i nuovi profeti annunciavano un mondo migliore. Oracoli, profezie, predizioni, utopie: tutte le anticipazioni che gli uomini hanno elaborato nel corso dei secoli non si sono mai realizzate, tuttavia esse sono il riflesso di speranze e di paure.
Legato alla paura del mondo ignoto che si apre oltre le soglie della morte, l'inferno è il più antico incubo dell'umanità. Diffuso in tutte le civiltà, nato ben prima del cristianesimo che gli ha dato la forma più compiuta, l'inferno riflette i valori delle società che lo hanno immaginato cercando un risposta al problema del male. In questo piccolo "viaggio all'inferno" Minois racconta le metamorfosi subite nel corso dei millenni e nelle diverse civiltà da questo rovescio infernale del mondo.
Il mal di vivere ha preso forme diverse nel corso dei secoli, tutte sempre legate al malessere della condizione umana. Da Lucrezio a Schopenhauer, numerose menti illuminate hanno analizzato la malinconia e molti vi hanno visto il temperamento per eccellenza dei "grandi uomini". Da Eschilo a Cioran passando per Shakespeare, il mal di vivere ha ispirato i più grandi autori della cultura occidentale. Dall'impossibile rivolta di Prometeo contro il destino all'angoscia dell'uomo contemporaneo che affronta le trappole della libertà, questo libro interpreta il mal di vivere come il pegno da pagare per i progressi della cività.
Democrito e Cicerone ritenevano che il riso fosse estremamente moderno e che esistessero inoltre mille modi diversi di ridere e di far ridere, per i Padri della Chiesa il riso è un fenomeno diabolico, lampante manifestazione dell'orgoglio umano. Nonostante questo, durante il Medioevo, i sovrani si circondavano di buffoni e giullari e persino i sermoni dei predicatori erano infarciti di parodie. Rabelais inaugura un modo di ridere improntato all'ambiguità e alla distruzione di ogni certezza e nel Rinascimento il riso assumerà connotazioni burlesche e grottesche. Sotto le sembianze dello humour acido, il riso corrode le fondamenta del potere e della società e trova terreno fertile nella satira politica del XIX secolo.
In che modo una religione basata sull'amore per il prossimo ha integrato la guerra nella sua visione del mondo? Sin dalle sue origini la Chiesa cattolica ha risposto in maniera più o meno felice a questa difficile coesistenza. Privilegiando il combattimento spirituale e la la "pace di Dio", essa si è lasciata coinvolgere nell'avventura della guerra santa nel Medioevo e in seguito in quella della "guerra giusta" all'epoca delle monarchie e degli Stati nazionali. L'età atomica pone alla Chiesa una nuova sfida. La sua riflessione è tuttavia lungi dall'essere unanime: se Giovanni Paolo II ha proclamato che non vi possono essere guerre sante, il "Catechismo della Chiesa cattolica" riafferma il principio della guerra giusta.