Era un giovane napoletano, timido e orfano di entrambi i genitori, che si sarebbe accontentato di un impiego pubblico ma divenne adulto con il gusto della sfida, la passione civile, l'amore per la patria, che servì da volontario con Garibaldi. Eugenio Torelli Viollier diventò giornalista sotto le ali affettuose di Alexandre Dumas, di cui fu segretario e traduttore, scoprendo Parigi e i salotti letterari e studiando segreti e regole delle grandi imprese editoriali. Amava le lettere, il melodramma, il teatro. Scrisse poesie, romanzi, libretti d'opera che non ebbero il successo sperato. Era anche un visionario che immaginò di fare con quattro precari colleghi e pochi soldi quello che sarebbe diventato il più grande quotidiano italiano. La sua biografia è straordinaria nello svolgimento, dalla Napoli borbonica alla Milano della nuova classe dirigente unitaria, e nella sua attualità: perché è la storia di un successo costruito in giro per l'Europa e nella metropoli lombarda, dove i talenti del sud vengono a cercare fortuna e valorizzazione. Alla guida del «Corriere», il direttore seppe esaltare i talenti che incontrava, chiamandoli a scrivere per il giornale. Fra questi, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Matilde Serao. Seppe anche scoprire l'uomo adatto alla successione: Luigi Albertini, il direttore del nuovo secolo, il grande giornalista il cui nome si sarebbe legato per sempre alla storia del «Corriere». Il successo del quotidiano, sbocciato nel giorno di Quaresima sotto le volte della Galleria di Milano, fu negli ultimi tempi segnato da contrasti interni alla redazione, maldicenze messe in giro dalla concorrenza e peripezie economiche. E il suo protagonista finì per uscire di scena in punta di piedi, in solitudine e dimenticato.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, la Germania ha realizzato a tappe forzate il sogno della riunificazione ed è diventata nei decenni successivi il Paese più potente e decisivo delle sorti economiche e politiche dell'Europa, fino a esercitare una sostanziale egemonia. Massimo Nava, inviato in Germania negli anni del crollo del regime comunista e attento osservatore dei successivi sviluppi, racconta i profondi cambiamenti della società tedesca e accompagna il lettore nella genesi della nuova Germania attraverso le vicende dei principali protagonisti e testimoni, da Helmut Kohl a Gerhard Schröder, fino all'ascesa di Angela Merkel, amata in patria e leader indiscussa in Europa. Ma l'egemonia sul Vecchio Continente, al di là di ragionevoli prudenze e riserve sulla storia del Paese, non deve spaventare, è una forza tranquilla e indispensabile, risultato di una sorta di mutamento culturale e identitario, di una rivoluzione di valori e sensibilità in sintonia con il monito di Thomas Mann: non è nata un'Europa tedesca, ma una Germania europea che si è fatta carico dei destini del Vecchio Continente e di cui possiamo finalmente fidarci.
“Lei sa la differenza fra un piccolo e un grande giornale? Il grande giornale è quello che pubblica anche le notizie che dispiacciono. S’intende, la notizia che ci dispiace la si commenta come più ci piace.”
— Eugenio Torelli Viollier
Dalla Napoli borbonica alla Milano post-unitaria, dalla fondazione del “Corriere” alla battaglia per difenderne l’indipendenza, la straordinaria avventura dell’uomo che dopo l’Italia provò a fare gli italiani.
“Nacqui a Napoli, il 26 marzo 1842. I miei genitori furono Francesco Torelli e Giuseppina Viollier, della quale aggiunsi il cognome al cognome paterno”: così Eugenio Torelli Viollier iniziava la sua autobiografia, riducendo a cronaca asciutta una parabola straordinaria.
Schivo e riservato ma dotato di un’energia inesauribile, visse da protagonista una stagione di fermento civile e culturale in cui si compì l’Unità nazionale. Ancora ragazzo fu a fianco di Garibaldi sui monti dell’Irpinia, apprese i rudimenti del giornalismo sotto l’ala di Alexandre Dumas, respirò il progresso nella Francia di Napoleone III e scelse la Milano della Scapigliatura per creare quello che sarebbe diventato il più importante quotidiano d’Italia. Domenica 5 marzo 1876 uscì la prima edizione del “Corriere della Sera”, che sull’esempio di Parigi e Londra si proponeva di coniugare notizie minute e aggiornamenti politici dalla capitale, eleganza di stile e sobrietà di contenuti, interessi del pubblico e imparzialità delle voci. Nato con poche migliaia di lire, si rivelò un giornale d’avanguardia, capace di esprimere lo spirito fattivo e concreto dello Stato nascente, ma aperto anche al mondo, con i primi reportage dall’America e i dispacci degli inviati sui pogrom in Europa orientale.
Intrecciando biografia privata, affresco sociale, storia del costume, aneddoti e gustose citazioni, Massimo Nava racconta la vicenda malinconica ed esaltante di un misconosciuto “padre della patria” che agli albori del giornalismo moderno ha incarnato lo spirito di un’Italia giovane e rissosa, ambiziosa e imperfetta, spesso divisa e talvolta meschina, ma ancora animata da ideali assoluti. Come quelli di obiettività e indipendenza di un grande quotidiano.
MASSIMO NAVA, milanese, editorialista del “Corriere della Sera” da Parigi, è stato inviato internazionale e corrispondente di guerra. È autore di numerosi saggi tra cui Kosovo c’ero anch’io (1999), Milosevic, la tragedia di un popolo (2001), Vittime. Storie di guerra sul fronte della pace (2005), Sarkozy, il francese di ferro (2007, tradotto anche in Francia). Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo, La gloria è il sole dei morti, sull’avventurosa vita dei fratelli Bixio.
Parigi, autunno 1872. Un anziano generale bussa alla porta di un appartamento borghese, al 26 di rue Jacob. È la casa di suo nipote, Maurice, figlio del fratello Alexandre, morto sette anni prima. Il generale è un uomo stanco, viene da lontano. È stato soldato e marinaio, ha combattuto le guerre di Indipendenza e a fianco di Garibaldi, con i Mille; ha navigato gli oceani fin dall'adolescenza. Prima di morire, vuole lanciarsi in un'ultima impresa: costruire una nave mercantile, attraversare il canale di Suez appena inaugurato e avviare commerci nelle Indie olandesi. Per questo, lascia la famiglia e volta le spalle agli onori militari. Per inseguire il suo sogno, ha bisogno dell'aiuto di Maurice. Zio e nipote quasi non si conoscono, si osservano con distacco. Ma la forza del sangue avrà la meglio. Perché il generale non è un uomo qualunque: è Nino Bixio. Porta addosso le cicatrici delle grandi battaglie dell'Ottocento e combatterà ancora dall'altra parte del mondo. Dalla rievocazione dell'impresa dei Mille alla descrizione della Francia di Napoleone III, rivoluzionaria e imperiale, eccitante e mondana; dalla leggendaria America dei primi pionieri fino alle drammatiche avventure di Nino nei mari del Sud, "La gloria è il sole dei morti" tratteggia un affresco che abbraccia mezzo secolo e cinque continenti.