Negli ultimi tre decenni l'Occidente ha visto crescere i divari tra chi sta in basso e chi sta in alto per reddito, patrimonio e accesso alle opportunità come scuola, sanità e lavoro. La classe media si sta progressivamente sgretolando, schiacciata tra redditi anemici e costi sempre più elevati. E l'ascensore sociale è guasto: per chi viene da una famiglia povera occorrono quattro generazioni e mezza, circa centotrentacinque anni, per arrivare al reddito medio. Poi è arrivata la pandemia, che ha generato la peggiore crisi sanitaria da cent'anni e una brutale crisi economica e sociale che si è accanita contro i più vulnerabili: i lavoratori con basse qualifiche, i precari, i migranti, le donne, i giovani. Stridenti le contraddizioni per il sistema formativo: la tecnologia digitale ha permesso la didattica a distanza, ma per i bambini di famiglie a basso reddito le possibilità di studiare con le nuove modalità sono state esigue. Le conseguenze rischiano di essere di lungo termine. Come ricostruire un tale tessuto sociale sfibrato? La solidità delle società occidentali si misurerà proprio dalla nostra capacità di immaginare un mondo migliore, migliore anche di quello da cui siamo usciti, affrontando non solo i fattori contingenti ma anche quelli strutturali. Prefazione di Ignazio Visco.
Quando il mio direttore Ezio Mauro, insieme con il capo redattore della "romana" Giuseppe Cerasa, all'inizio del 2007 mi hanno proposto di tenere una rubrica intitolata "Il personaggio" nelle pagine della Cronaca di Roma di "Repubblica" dedicate all'economia della capitale e del Lazio, ovviamente mi ha fatto piacere perché mi si offriva un'opportunità, ma contemporaneamente ero molto scettico. Una rubrica settimanale sui personaggi dell'economia? A Roma, una città nota per le sue bellezze architettoniche, per la storia, per i monumenti, e dal punto di vista economico semmai peri ministeri e i palazzi della politica? E invece, settimana dopo settimana, è stata una scoperta, un rivelarsi continuo di una realtà sorprendente fatta di piccole e anche grandi imprese manifatturiere validissime, di ricercatori alle prese con scoperte innovative e quindi con il bisogno di trasformarle in piccole start-up moderne ed efficaci, di artigiani custodi di antichissime tradizioni che tramandano con cura e infinito affetto per l'oggetto della loro specializzazione, di creatori di moda e design impegnati a proiettarsi sul mercato globale, di geniali "padroni" di una specifica nicchia di mercato impegnati a tenersela stretta e a garantirne uno sviluppo. Insomma, sono produttivi questi romani, eccome se sono produttivi.