Nel gennaio 1960, poche settimane prima di morire e nel pieno dello slancio creativo, Adriano Olivetti pubblicava la prima edizione di "Città dell'uomo", il suo volume più celebre destinato a diventare un testamento spirituale. Gli scritti e i discorsi raccolti nell'antologia, riproposta oggi in una nuova edizione accresciuta, trasmettono ancora intatta e fortissima la passione civile, a tratti mistica, che li ispirò. Ciò che emerge da queste pagine non è un'idea vagheggiata e astratta di convivenza civile, ma la ricerca attiva e inquieta di un'autentica città dell'uomo, di una società fondata sul rispetto dei valori dello spirito, della scienza e degli ideali inalienabili di giustizia e dignità, perseguiti lontano da ogni retorica, rimanendo vicino al nucleo più intimo e insieme universale dell'uomo.
"In questo periodo il desiderio di rinnovamento e di salvezza raggiunge una più grande intensità, e la luce di un'epoca nuova per un ordine più giusto e più umano si accende come una fiamma che ci è stata consegnata e che bisogna alimentare e proteggere, perché le speranze dei nostri figli non vadano deluse."
Nell'estate del 1925, a ventiquattro anni, Adriano Olivetti si imbarca per gli Stati Uniti con l'obiettivo di studiare l'organizzazione delle fabbriche americane e di perfezionare l'inglese. Nei cinque mesi del suo soggiorno scrive spesso ai genitori e ai fratelli, raccontando le sue impressioni in lettere affettuose, riflessive e brillanti. Nella corrispondenza con il padre Camillo, che più di tutti l'aveva spinto a partire, emergono per la prima volta le divergenze di vedute sulla gestione dell'azienda di famiglia, ma proprio in questo viaggio il giovane Adriano si convince ad accettare il suo ruolo di futura guida della Olivetti. Una scelta che matura tra la scoperta ammirata dell'efficienza del modello americano e il sentimento di profonda indignazione suscitato dall'incontro con l'America del "dio denaro".
"Fini e fine della politica" fu pubblicato da Adriano Olivetti, sotto le cure del Movimento Comunità, nell'aprile del 1949, allo scopo di chiarire alcuni principi che informavano la sua opera teorico-politica principale, "L'ordine politico delle Comunità", data alle stampe nel 1945. Costituiva però, nel contempo, anche un significativo momento di passaggio tra l'elaborazione individuale e quella condotta all'interno del Movimento Comunità - da lui stesso fondato nel giugno del 1947 -, che si espresse poi programmaticamente con l'opuscolo "Linee e mezzi d'azione" nel maggio del 1949 e con la dichiarazione politica "Tempi nuovi metodi nuovi" nel gennaio del 1953. La funzione che si assunse il Movimento Comunità fu, tra l'altro, di indicare come fosse possibile l'organizzazione della democrazia senza partiti: "II compito dei partiti politici sarà esaurito e la politica avrà un fine quando sarà annullata la distanza fra i mezzi e i fini, quando cioè la struttura dello Stato e della società giungeranno ad un'integrazione, a un equilibrio per cui sarà la società e non i partiti a creare lo Stato".