Siamo al termine della grande "Guida della Grecia", la Periegesi che Pausania compie, nel II secolo dopo Cristo, all'epoca degli Antonini: raccogliendo nell'ambito di un cammino geografico notizie storiche, artistiche, mitologiche. Nel Libro I, Atene. Nei Libri V e VI, al centro dell'opera, Olimpia e l'Elide. Nel Libro X: Delfi. Una struttura tripolare, dunque, per la Guida, opera di un erudito dalle ambizioni - in larga misura realizzate - di storico emulatore di Erodoto, impegnato soprattutto a recuperare, attraverso il viaggio nei luoghi e tra i monumenti della memoria, la grecità arcaica, classica e protoellenistica. Delfi occupa giustamente il libro conclusivo per le sue caratteristiche di sito "riassuntivo" della ellenicità. Ecco, allora, la grande strada Schiste, dopo il trivio dove Edipo uccise il padre, e dove ancora si trova la tomba di Laio, salire diventando «maggiormente scoscesa e più difficile anche per un uomo senza bagaglio»: si arrampica per il monte sul quale si erge Delfi, con il suo santuario, i suoi templi, gli antri, le rocce, le fonti, le iscrizioni, le statue, le pitture. Pausania annota tutto, tutto paragona: scava nelle leggende, riporta brani altrimenti perduti e per noi preziosi, racconta la storia dell'oracolo, del «consesso generale dei Greci», e delle gare, le Pitiche, che a poco a poco presero a tenersi lì. Lo vediamo entrare nel recinto sacro di Apollo, esaminare gli ex voto, fermarsi dinanzi alle sculture, contemplare il cavallo di bronzo donato dagli Argivi, «che è poi il famoso cavallo di legno di Troia, opera di Antifane di Argo», le statue realizzate con la decima dell'impresa di Maratona e compiute da Fidia: Atena, Apollo, Milziade, Eretteo. Chi legge percorre in realtà, attraversando Delfi, la memoria stessa della Grecia: le massime dei sapienti, «conosci te stesso» e «bando agli eccessi», un Omero in bronzo con l'oracolo che gli fu dato, il trono di Pindaro, la tomba di Neottolemo figlio di Achille. Siamo all'inizio di tutto. Nella gran sala fatta costruire dagli Cnidii, sulla quale Pausania si sofferma a lungo con meravigliata e protratta concentrazione, campeggiano le pitture di Polignoto: la Distruzione di Troia, e la Discesa agli Inferi - il mondo dell'Iliade, quello dell' Odissea.
Completato il suo viaggio attraverso le regioni del Peloponneso (libri II-VIII), l’itinerario di Pausania prosegue con la Beozia, terra confinante con l’Attica da cui era partito (libro I). Nel libro IX, dunque, lo scrittore muove da Platea – dove la battaglia del 479 a.C., con la morte del comandante in capo persiano Mardonio e la vittoria della lega ellenica condotta dallo spartano Pausania, sancì la fi ne dell’invasione persiana della Grecia – e chiude con Cheronea – dove Filippo di Macedonia sconfisse nel 338 un esercito di città greche, che persero così per sempre la loro indipendenza –: due luoghi dal forte valore simbolico per tutta la grecità perché ad essi corrispondono due eventi cardine della storia greca. Domina il libro, però, Tebe, la capitale, con il suo tragico passato di lotte fratricide e odi insanabili. La Beozia, tuttavia, è anche la terra della poesia, della musica, degli oracoli e della mantica. E soprattutto dell’Elicona. Alle dee di questo monte, le Muse, alla loro origine e alla loro iconografi a è dedicata una trattazione specifica. Sulle pendici dell’Elicona, nel loro santuario, si trovavano le statue di poeti, musici e cantori: tra questi Esiodo, che proprio lì era nato, e del quale l’autore ricorda l’investitura poetica.
Nota introduttiva al libro VIII, di mauro Moddi e Massimo Osanna
Bibliografia
Cartine
TESTO E TRADUZIONE
Libro VIII: L'Arcadia
Indici
- Indice dei nomi propri di personaggi storici e mitici
- Indice dei nomi etnici e geografici
- Indice di altri nomi propri (santuari, istituzioni, feste, monumenti, edifici, opere letterarie, ecc.)
Indice - Sommario
L'ottavo libro della Guida della Grecia - che Mauro Moggi e Massimo Osanna hanno curato per la Fondazione Valla - è dedicato all'Arcadia. Pausania la percorre lentamente: si sofferma e descrive "tutto ciò che è degno di essere visto". L'Arcadia è, per lui, la regione più venerabile della Grecia perché è la più antica: la culla della civiltà ellenica, il luogo più prossimo alla natura e agli dei. Per questo, Pausania rappresenta, più che negli altri libri, gli aspetti della natura: le querce, i faggi, i cipressi, gli olivi, i sugheri, i fiumi sotterranei. Poi gli dei, i templi, le città, le statue che portano in sé il segno dell'arcaico: il dio Pan e la dea Demetra, con la testa di cavallo e serpenti e fiere sul capo; il tempio di Atena Alea a Tegea; le statue di legno; e Licosura, la città che "il sole vide per prima". Ciò che lo attrae è, sempre, la parte più segreta dei templi, dove soggiorna il sacro. Al contrario che nella giovinezza, quando pensava che la mitologia raccontasse cose frivole, ora è convinto che i racconti sugli dei nascondano una profonda saggezza enigmatica.
Mentre Pausania scrive, la terra è decaduta e decade: la malvagità si diffonde dovunque: l'Arcadia è una sola desolazione - templi distrutti, basamenti senza statue, informi rovine. Dappertutto, Pausania vede i segni del "destino, che desidera operare sempre qualcosa di nuovo e modifica ugualmente le cose e le conduce, con necessità ferrea, come dispone". "Precarie ed estremamente fragili sono le vicende umane." Questa è la sorte dell'universo: ma specialmente della Grecia - una terra esaurita, senza più dei ne templi amati e venerati, senza più uomini di valore, senza più grandi libri.
In questo libro lo storico ripercorre quella terra - l'Acaia - che aveva dato in un remoto passato il suo nome a tutta la Grecia, quando Achei e Troiani combattevano sotto le mura di Ilio. È un viaggio pieno di malinconia, dove al ricordo della gloria passata si mescola la tristezza per il presente e la consapevolezza che quella terra dove gli dèi parlavano agli uomini è stata invasa, sconvolta e ridotta in schiavitù prima dai Macedoni e poi dai Romani. Città, divinità della terra, dei boschi e del mare, l'oracolo di Ermes, a Fare, che dà ancora i suoi responsi ambigui ai mortali; e poi le statue: quelle dell'età arcaica dallo strano e crudele sorriso e quelle dell'età classica che rappresentano gli dèi sotto spoglie umane.
Del "Viaggio in Grecia" di Pausania, Olimpia rappresenta il punto centrale. L'ampio spazio dedicato alla descrizione dei templi, degli altari, delle statue di campioni olimpionici o di altri illustri personaggi fa sentire un amore che va oltre la documentazione antiquaria e archeologica: a Olimpia pulsa il cuore della grecità e Pausania percorre e ripercorre lo stretto spazio in cui si trova il santuario con un atteggiamento "devoto", animato com'è dal senso di superiore presenza. Per l'unitarietà del tema trattato (Olimpia campeggia prepotentemente anche nel computo totale dei capitoli sul resto dell'Elide) l'editore ha pubblicato in uno stesso volume i libri V e VI del "Viaggio in Grecia". Testo greco a fronte.
Il settimo volume della "Guida della Grecia, L'Acaia", che la Fondazione Valla pubblica a cura di Mauro Moggi e Massimo Osanna, è il più patetico. Mai Pausania rivela così profondamente, come qui, il suo amore per la Grecia: per la religione, la storia, la letteratura, la lingua, l'arte, il paesaggio, le pietre, la vita quotidiana del suo paese ideale. Nel secondo secolo prima di Cristo, la Grecia si è estinta: Pausania non sa se per volontà degli dei, o per tradimento e viltà degli uomini. Prima i Macedoni e poi i Romani hanno posseduto e occupato la Grecia; e ora di quel corpo glorioso resta soltanto "una pianta mutilata e per la maggior parte secca". Pausania guarda con disperazione a questa fine: ma non riesce a vedere nessun'altra luce nella storia del mondo, e con venerazione percorre i luoghi sacri, e descrive con precisione e passione nascosta i paesaggi e le pietre.
Dopo la prima parte storica, il resto del settimo libro è dedicato agli dei, alle città, agli alberi, alle statue arcai-che, agli oracoli dell'Acaia. Conosciamo l'oracolo di Ermes. Chi sul far della sera arriva sulla piazza di Fare, sussurra una domanda alla statua del dio: poi si tappa le orecchie e si allontana: quando esce dalla piazza, toglie le mani dalle orecchie; le prime parole che ascolta gli rivelano il responso di Ermes. Conosciamo delle storie d'amore. Un uomo s'innamora di una ninfa marina, che lo abbandona. Lui muore d'amore: Afrodite lo cambia in fiume; ma nemmeno come acqua corrente può dimenticare la passione che l'ha legato alla ninfa. Allora Afrodite gli fa l'ultimo e più grande dei doni: gliela fa dimenticare. Poi trasforma le sue onde in rimedio e oblio per tutti gli innamorati infelici che vi immergono le membra.
Indice - Sommario
Nota introduttiva al Libro VII
di Mauro Moggi e Massimo Osanna
Bibliografia
Cartine
TESTO E TRADUZIONE
a cura di Mauro Moggi
Sigla
Libro VII: L'Acaia
COMMENTO
a cura di Mauro Moggi e Massimo Osanna
Libro VII: L'Acaia
INDICI
a cura di Maria Elena De Luna e Cesare Zizza
Indice dei nomi propri di personaggi storici e mitici e di divinità
Indice dei nomi etnici e geografici
Indice di altri nomi propri (santuari, istituzioni, feste, monumenti, edifici, opere letterarie, ecc.)
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
La sezione narrativa (1,1-17,4) del libro sull'Acaia prevale nettamente su quella descrittiva (17,5-27,12.): comprende infatti, oltre alle linee essenziali della storia antica e del popolamento ellenico della Ionia d'Asia, anche la trattazione della storia più recente, cioè del periodo che ebbe nella Lega achea uno dei principali protagonisti e che si concluse con la distruzione di Corinto e l'assoggettamento della Grecia a Roma.
Dopo aver fornito le indicazioni indispensabili a collocare la regione nel Peloponneso, Pausania passa a trattare l'arrivo di Xuto nell'Egialo e l'acquisizione del regno da parte di suo figlio Ione, grazie al quale gli Egialesi aggiunsero alla loro originaria denominazione la qualificazione di Ioni. A questo punto, le vicende di quella che sarà l'Acaia si intrecciano con le vicende dell'Attica, mentre cominciano a delinearsi le relazioni reciproche sia fra queste due regioni, sia fra di esse e l'area micrasiatica nella quale sorgerà la dodecapoli ionica. L'espulsione degli Achei da Argo e da Sparta a opera dei Dori e la conseguente cacciata degli Ioni dall'Egialo da parte degli Achei rappresentano due avvenimenti di grande rilievo. La migrazione degli Ioni peloponnesiaci, prima per breve tempo ad Atene e poi in maniera definitiva sulle coste anatoliche, diventa oggetto di una digressione ampia e assai ricca di dettagli, che tenta di ricostruire minuziosamente la fase della fondazione e delle vicende più antiche della dodecapoli micrasiatica, riservando particolare attenzione alla definizione dei legami parentali delle singole città "coloniali" con le città e i popoli della Grecia metropolitana.
Lo schema espositivo adottato per la fondazione di Mileto, la prima polis a essere presa in considerazione, è paradigmatico, in quanto nelle sue linee essenziali si ripete nelle trattazioni dedicate alla maggior parte delle altre città: nome del fondatore (o dei fondatori); ricostruzione dell'origine e della storia più antica del centro e (là dove esistono) dei santuari più importanti, che sono ritenuti in genere antichissimi e in qualche caso preesistenti all'arrivo degli Ioni; descrizione delle presenze indigene, e in qualche caso greche, nell'area di insediamento (uniche eccezioni in questo senso Clazomene e Focea, che sarebbero state fondate in territori disabitati); modalità dell'incontro fra coloni e popolazioni già insediate nelle aree destinate alla occupazione e assetto finale raggiunto dalle singole poleis. Il tutto sulla base di una miriade di notizie reperite anche o soprattutto nell'ambito delle fonti locali.
In questo quadro, il regime di pacifica convivenza attribuito ai Cari e ai Cretesi stanziati a Mileto costituisce un esempio di impatto morbido fra coloni e popolazioni locali, che trova pochi paralleli nell'excursus sulla occupazione ionica della regione e solo in riferimento alle aree dotate di un importante centro cultuale. Il popolamento della Ionia, soprattutto per quanto riguarda gli episodi riconducibili agli Ioni guidati dai Codridi, è visto essenzialmente come una affermazione, spesso basata sulla violenza, dei coloni sugli indigeni, e quindi della grecità sui barbari: questi, di norma, non trovano il minimo spazio nelle poleis che vanno nascendo e consolidandosi. La posizione assunta da Pausania si inserisce nel solco della tradizione storiografica più antica sulla colonizzazione e può essere considerata indicativa della natura profonda del fenomeno coloniale e dell'atteggiamento mentale, ispirato da un forte etnocentrismo, che ha ispirato l'espansione greca in ogni epoca. Inoltre, certi moduli narrativi, come quello delle peregrinazioni degli Ioni che fondarono Clazomene, trovano paralleli precisi in alcuni precedenti ben noti (la fondazione di Cirene in Erodoto e quella di Megara Iblea in Tucidide). In questa trattazione antistorica del passato remoto non mancano digressioni minori sia su eventi altrettanto lontani nel tempo, come le vicende di Dedalo in Sicilia, sia su fatti relativamente recenti, come il sinecismo di Efeso a opera di Lisimaco, che comportò lo spopolamento (parziale) di Colofone e di Lebedo, o la tirannide di Ierone a Priene - ignorata da tutta la tradizione letteraria, ma confermata epigraficamente - o, ancora, la ricostruzione di Smirne e il suo accoglimento nella dodecapoli ionica.
Una breve e sintetica sezione descrittiva sulle cose da vedere (in particolare santuari, statue, tombe, fiumi, sorgenti, acque termali), che comunque non fa della Ionia una regione che possa essere considerata oggetto di trattazione diretta, chiude il discorso aperto dalla migrazione degli Ioni in Oriente e consente, con un procedimento anulare, la ripresa del discorso relativo agli Achei. Essi appaiono ormai stabilmente insediati nella regione peloponnesiaca: della loro dodecapoli vengono elencate e collocate nel territorio - procedendo da ovest verso est, sulla base di un itinerario costiero, inframmezzato da rapide puntate verso l'interno - le città della fase più antica, compresa Elice, di cui Pausania conosce la catastrofica distruzione, ed esclusa invece Patre, che, fondata appunto dagli Achei, non poteva essere annoverata fra le città appartenute originariamente agli Egialesi Ioni e passate poi ai nuovi occupanti.
Con la segnalazione della partecipazione alla guerra di Troia inizia la rassegna delle imprese militari degli Achei, che si accompagna alla denuncia delle loro assenze nei momenti topici della storia greca; come al solito, la presenza o l'assenza ai combattimenti delle guerre persiane, alla battaglia di Cheronea e alla guerra di Lamia contro i Macedoni o alla difesa delle Termopile contro i Galati, misurano il patriottismo panellenico e la correttezza degli Elleni del passato.
Cercare "l'antica madre", ossia inseguire di monumento in monumento le tracce di quello splendore che la Grecia aveva conosciuto in età arcaica, classica ed ellenistica: questo era lo scopo del viaggio che Pausania, originario dell'Asia Minore, intraprese intorno al 150 d.C. (dall'Attica sino alla Focide, attraverso il Peloponneso); e non diverso è l'approccio di ogni viaggiatore moderno che si accosti al mondo greco. Questa è la ragione del fascino della Guida della Grecia per chiunque progetti di muovere alla ricerca della Grecia perduta, con un viaggio reale o immaginario, affidandosi alla scrittura evocativa di Pausania.
Capolavoro di un genere letterario molto amato nell'antichità, la Guida della Grecia viene riproposta in Italia dopo centocinquant'anni di oblio, in una nuova edizione critica arricchita da un commento sia archeologico sia storico-religioso, e corredata di numerose cartine.
Nulla è più commovente della venerazione religiosa che interrompe lo stile di Pausania quando parla di Olimpia. "Molte cose tra i Greci hanno del miracoloso, alcune da vedere, altre da sentir raccontare: ma soprattutto v'è intervento divino quando essi celebrano i misteri di Eleusi e i giochi di Olimpia." Tutto è sacro, ad Olimpia. Sacri sono i luoghi: i fiumi, le sabbie, gli olivi "dalla bella corona", evocati con grande sobrietà. Sacre sono le origini delle feste, che risalgono a Zeus e ad Eracle: alle quali presero parte Ermes ed Ares; e che poi, dopo una lunga dimenticanza, vennero rinnovate nel tempo storico, dagli uomini assaliti dal ricordo. Sacre le gare, che spesso Pausania racconta con grazia incantevole. Sacri i templi e le statue, che Pausania descrive con scrupolo ed attenzione, soffermandosi soprattutto sul tempio di Zeus e sulla statua di Fidia. Un particolare lo commuove. Secondo la tradizione, quando la statua era già stata portata a termine, Fidia implorò il dio che gli inviasse un segno di conferma se la statua era di suo gradimento; e immediatamente cadde un fulmine, come testimonianza del favore divino.
Moltissimo vide Pausania, ad Olimpia: molto si fece spiegare dagli esegeti ufficiali. Ma diverse cose ne gli esegeti ne lui capivano più; e noi sentiamo quanto Pausania sia addolorato da questa coltre oscura distesa dal tempo, che la sua intelligenza e la sua cultura non riuscivano a sollevare.
Dopo i primi due volumi, dedicati all'Attica, alla Corinzia e all'Argolide, la Guida della Grecia giunge al terzo volume, incentrato su Sparta. I capitoli iniziali possono deluderci. Pausania non ama la storia, e questo scorcio di storia laconica, diviso tra le due famiglie reali, sembra di un infimo compilatore. Ma, appena comincia a descrivere luoghi - un folto di querce o una spiaggia di ciottoli -, Pausania si trasforma: si rivolge al lettore, dicendo: "arriverai presso un tempio" o "vicinissimo ai sepolcri vedrai una stele" - ed ecco che una città quasi completamente scomparsa come Sparta risorge nitidamente davanti ai nostri occhi. In apparenza, Pausania è antilaconico: ma, in realtà, Sparta incarna quanto lo affascina di più: l'arcaico, il sacro, il crudele. Tutto ciò che egli racconta sulle gare violente degli efebi spartani, o sulle vecchie statue di legno, come quelle che Oreste e Ifigenia avrebbero trafugato dalla Tauride, ha un'intensità straordinaria. Tra le più belle pagine del libro c'è la minuziosa descrizione del trono di Batticle nel thesaurus di Amicle: questa vetta sperduta della scultura arcaica greca, attorno alla quale Pausania intreccia le sue storie mitiche. E il rapido scorcio su Achille, che dopo la morte sposa Elena nell'Isola Bianca: simbolo della candida e profonda venerazione che Pausania ha sempre nutrito per gli eroi.
Indice - Sommario
Nota introduttiva al Libro III
di Mario Torelli e Domenico Musti
Bibliografia
Cartine
TESTO E TRADUZIONE
a cura di Domenico Musti
Sigla
Libro III: La Laconia
COMMENTO
a cura di Domenico Musti e Mario Torelli
Libro III: La Laconia
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
La Laconia, argomento del III libro della "Guida della Grecia", è presentata da Pausania in tre fondamentali sezioni: l'area della Laconia vera e propria, centrata su Sparta, ma articolata in più itinerari (A-F), e l'area degli Eleuterolaconi, suddivisa per ovvie ragioni geografiche nelle due grandi penisole del Parnone e del Taigeto, che vengono entrambe visitate con propri itinerari (G-H e I). Da ciò discende la ripartizione dell'intero libro attorno ai seguenti nuclei di itinerari, la cui descrizione è preceduta dal poderoso insieme di capitoli (1-10,5) relativi alla storia della Laconia e di Sparta:
a) itinerario che reca a Sparta partendo dall'ingresso in Laconia dall'Argolide al passo delle Erme, con i siti di Carie, Sellasia e Tornace (10,6-11,1);
b) la città di Sparta (11,1-18,5);
e) itinerario per Amicle (18,6-19,6);
d) itinerario per Terapne e di lì per il Taigeto e la pianura centrale della Laconia con i siti di Terapne, Phoibaion, Fari, Brisee, Euora, Therai, Lapiteo, Dereo e Arplea (19,7-20,7);
e) itinerario per l'Arcadia, con i siti di Pellana e Belemina (20,8-21,3);
f) itinerario per Gizio, con i siti di Crocee ed Egie (21,4-5);
g) area degli Eleuterolaconi e primo itinerario della penisola del Parnone, con la parte marittima da Gizio ad Acrie, comprendente i siti di Gizio, l'isola di Cranae, il Migonion, Trinaso, Elo e Acrie e la parte montana da Acrie verso Gerontre e di li verso i siti di Palea Kome, Mario, Glippia e Selinunte (21,6-
22,8);
h) secondo itinerario, tutto costiero, della penisola del Parnone, da Acrie a Brasie, toccando i siti di Asopo, Paraciparissie, Hyperteleaton, la penisola di Onou Gnathos ("Mascella d'asino"), Boiai, Etide, Afrodisiade, Side, l'isola di Citerà, con l'omonima città e il porto di Scandea, Ninfeo, Epidelio, Epidauro Limera, Zarace, Cifanta e Brasie (22,9-24,5);
i) periplo della penisola del Taigeto, da Gizio ad Alagonia ai confini con la Messenia, toccando Las, Ipsi, Pirrico, Teutrone, il porto Achilleo, Psamatunte, il santuario di Posidone al capo Tenaro, Cenepoli, Tiride, Ippola, Messa, Etilo, Talame, Pefno, Leuttra, Cardamile, Gerenia e Alagonia (24,6-26,11).
A) Pausania riprende il cammino là dove aveva concluso il libro II, al triplice confine delle Erme, e la discesa in Laconia tocca il bosco di querce e il santuario ctonio di Zeus Skoritas, che da nome alla località, sede anche di un culto di Eracle legato al ricordo degli Ippocoontidi, mito che sta alla base del "ritorno degli Eraclidi"; prendendo poi la "terza strada sulla destra" si giunge a Carie, sito per noi di incerta identificazione, ma di notevole fama nell'antichità grazie al santuario di Artemide Karyatis e alle feste annuali con le celebri danze delle fanciulle spartane, mentre sulla via del ritorno si toccano le rovine di Sellasia, luogo della nota battaglia del 222 a.C. circa. Proseguendo il cammino verso Sparta, poco prima di toccarla, si arriva a Tornace, anche questo sito non sicuramente identificato e sede di un altro celebre santuario, quello di Apollo Pythaeus, che si lega nel culto e nella storia - soprattutto per il dono prezioso di Creso - all'ancor più noto Apollo di Amicle.
B) Giunto da Tornace a Sparta, Pausania organizza la visita della capitale della Laconia, "a forma di ruota", come afferma Polibio, con il consueto sistema che prevede prima il giro dell'agora, quindi otto ulteriori itinerari: tre partono dall'agora (l'Afetaide, l'" altra strada" e la "via verso occidente"), tre invece innervano la raggiera del tessuto urbano di Sparta (il Dromos, la "via dal Dromos a oriente" e la "via dal Chitone alle porte"), ma, a differenza dei precedenti, partono da un luogo diverso dall'agora. Il settimo itinerario infine concerne l'acropoli, mentre, partendo forse ancora una volta dall'agora e seguendo una strada ancor oggi ben individuabile che passa attraverso la porta settentrionale delle mura tardoantiche, l'ottavo percorso si dirige "verso l'Alpio", ossia verso nord-est. Ma vediamo analiticamente questi nove percorsi urbani.
1) L'agora. Pausania vede certamente un'agora interamente rifatta in epoca romana, al cui centro non a caso troneggiano i due templi di Cesare e di Augusto. Secondo la ricostruzione che se ne propone nella discussione analitica delle note al testo, l'agora va riconosciuta nel luogo dove ancor oggi è visibile la cosiddetta "stoa romana", in realtà terrazzamento monumentale atto a sostenere gli edifici pubblici, che nel testo di Pausania sembrano essere suddivisi in tre lati chiusi nel quarto dalla sostruzione: un lato (orientale?) conterrebbe tutti gli edifici politici del nuovo assetto ellenistico-romano, il bouleuterion della gerusia e gli uffici degli efori, dei nomofilaci, e dei Bidiei, un lato (settentrionale?) il "portico dei Persiani", e un lato (occidentale?) i vecchi edifici di culto e politici, il Choros e i santuari di Gea, di Zeus e Atena Agoraioi, di Posidone Asphalios, di Apollo, di Era e delle Moire; attorno a quest'ultimo santuario è riconoscibile un vero e proprio pritaneo, con un complesso di antichi luoghi sacri e pubblici - le tombe eroiche di Oreste e di Epimenide, gli "antichi uffici degli efori", i culti di Estia e di Zeus e Atena Xenioi -, assieme a statue aggiunte in età molto più tarda, il colosso del "Demos degli Spar-tiati", l'immagine del leggendario "buon re" Polidoro e la statua di Ermes Agoraios.