Costruito attorno al rapporto che per più di trent'anni ha visto coinvolti, tra obiezioni e critiche talvolta severe ma soprattutto attraverso una sorprendente solidarietà, Derrida e Lévinas, il presente lavoro si concentra sul soggetto umano della cui esperienza si propone di evidenziare i tratti essenziali. Evitando da una parte il tono apocalittico di molto anti-umanesimo contemporaneo che spesso si è compiaciuto di celebrare l'era delle fini (morte di Dio, fine della verità, della storia, del soggetto ecc.), ma d'altra parte prendendo anche le distanze da quella facile retorica umanistica che spesso si è accontentata di ripetere le parole d'ordine dell'Anima, dello Spirito, della Persona, il testo di Petrosino arriva a delineare un'originale antropologia filosofica all'interno della quale la scena umana emerge come quella di un dramma irriducibile tra la pulsione a distruggere e la chiamata ad accogliere.
"Non si tratta di opporre il pane allo spirito ma neppure lo spirito al pane; bisogna piuttosto riconoscere e vivere il pane come segno dello spirito e lo spirito come urgenza della condivisione del pane. L'uomo è l'aperto, talmente aperto da riuscire ad arrivare fino alla bocca dell'altro. Da questo punto di vista la carità è forse la forma antropologicamente più aperta di apertura, forse essa è il solo luogo all'interno del quale lo stesso pane, nella mano che lo porta alla bocca dell'altro, si trova trasformato in spirito. Forse l'uomo è un essere spirituale proprio perché sa rispondere al bisogno materiale dell'altro uomo. Forse la spiritualità di quell'essere spirituale che è l'uomo rivela il suo ultimo volto proprio nel pane spezzato e condiviso con l'altro. Forse la carità è l'umanità stessa dell'umano". Un filosofo che sa mirabilmente legare parola ed esperienza umana ci aiuta a evitare le 'trappole' dell'evidenza per condurci alle verità essenziali.
Come ha potuto Dio chiedere ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco? Come ha potuto il Padre chiedere ad un padre il sacrificio del figlio? Intorno a questi interrogativi si sviluppa un serrato confronto epistolare tra due amici che interpretano da prospettive diverse il brano biblico di Genesi 22, uno dei più drammatici delle Sacre Scritture.
Il giudizio sulla figura dell'idolo e sulla pratica dell'idolatria è unanime e costante: si tratta, sempre e per tutti, di qualcosa di negativo, di pericoloso, di una realtà con la quale è bene non avere nulla a che fare. La parola d'ordine è dunque sempre la stessa: gli idoli devono essere distrutti. Eppure gli uomini, della nostra come di ogni altra epoca, siano essi credenti o non credenti, ricchi o poveri, colti o ignoranti, non smettono un istante di fabbricarli e adorarli. Come spiegare l'universalità di tale legge? Perché "il bisogno di comunione nell'adorazione è il più grande tormento di ogni uomo singolo, come dell'intera umanità, fin dal principio dei secoli" (F. Dostoevskij)? Perché "vi sono nel mondo più idoli che realtà" (F. Nietzsche)? Il volume cerca di rispondere a queste domande elaborando una teoria che pone la figura dell'idolo e la pratica dell'idolatria non in relazione con una determinata scelta del soggetto, ma più essenzialmente con il suo stesso modo d'essere. Nell'ultima parte dello studio si propone un'originale interpretazione della società dei consumi la cui natura più profonda viene individuata nell'essere ultimamente "una comoda idolatria per le masse a basso costo". Una stimolante opera filosofica alimentata dal costante e fecondo dialogo con la psicoanalisi, l'esegesi biblica e la letteratura.
Siamo tutti connessi, ma davvero comunichiamo? Messaggi o e-mail, e poi blog, post, tweet, feedback e chissà quanto altro. La connessione è sempre aperta, bastano pochi secondi per comunicare quanto stiamo facendo ai nostri amici, ai nostri conoscenti o, per non mettersi limiti, a tutto il mondo. Il paradosso è che all'interno di questo continuo scambio di messaggi è proprio il dramma della comunicazione umana a passare in secondo piano: ciò che conta è lo strumento tecnico, il computer, lo smartphone, il tablet. Se hai quello, puoi comunicare: non è più questione di capacità, ti basta solo il possesso. Eppure, ci ricordano queste pagine, "ci può essere un intenso ed efficace trasferimento di segni, messaggi, immagini ecc. senza che per questo ci sia un solo atto comunicativo, così come ci può essere un continuo parlare all'altro senza che per questo ci sia un solo istante di dialogo con lui".
Si è spesso portati a considerare la religione come elemento intimo nella vita degli individui, legato all'interiorità di ciascuno. Tuttavia, se a titolo di esempio ricordiamo qui le parole di Albert Schweitzer, "ciò che il cristianesimo ha creato come religione dell'amore è considerato annullato dal fatto che esso non sia stato abbastanza forte da educare le nazioni alla pace", diviene evidente come una religione solo interiore o individuale finisca per non essere fedele al messaggio evangelico e per "annullarne" l'anima. La riflessione sulla religione - sulla religione davvero aperta al futuro, "beata" come la definisce Silvano Petrosino - non può quindi prescindere da questo compito collettivo, dallo "stare nel mondo" di oggi e di domani. È una religione che deve incidere su spiritualità e socialità, costruendo un nuovo rapporto con paura e potere e portando felicità per gli uomini perché, secondo le parole di papa Francesco, "il bene tende sempre a comunicarsi".
"Ciò che bisogna opporre alla deriva distruttiva del business non è la 'gratuità', e neppure un''etica degli affari' o un''economia del dono', ma l''economia', semplicemente l'economia, anche se deve essere un'economia all'altezza del suo stesso nome. Quest'ultima, per essere tale, è come obbligata a rispondere a un doppio imperativo: essa deve misurare e calcolare (non può mai procede a caso: necessita di una ratio), ma al tempo stesso deve anche riconoscere che il suo calcolo (la sua ratio) è destinato per delle ragioni essenziali a misurarsi con l'incalcolabile. Uno stimolante saggio filosofico che, partendo da un'analisi approfondita delle radici antropologiche dell'abitare umano, arriva a denunciare la perversione di molta 'finanza creativa' e l'ingenuità delle diverse 'etiche degli affari'."
Questo volume, frutto dell’intervento di Silvano Petrosino al Festival Biblico di Vicenza, evidenzia i due nuclei essenziali attorno ai quali le Sacre Scritture parlano della libertà. All’interno della Bibbia la libertà non è originariamente riferita alla scelta dell’uomo tra il bene e il male; prima di una simile eventualità, infatti, essa ha a che fare con la posizione della “creatura”. “Libertà”, prima ancora di intrecciarsi con la “responsabilità” a cui è chiamata solo quella creatura particolare che è l’uomo, dunque prima ancora di essere una questione umana, è un sinonimo di “creatura”. Nelle Sacre Scritture dire “libertà” significa quindi dire “creazione”; di conseguenza per tentare di comprendere il senso biblico della prima è necessario tentare di comprendere il senso biblico della seconda.
Silvano Petrosino insegna Teorie della comunicazione e Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano e di Piacenza. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: La scena umana. Grazie a Derrida e Lévinas (Jaca Book 2010); Visione e desiderio. Sull’essenza dell’invidia (Jaca Book 20102); Abitare l’arte. Heidegger, la Bibbia, Rothko (Interlinea 2011); Soggettività e denaro. Logica di un inganno (Jaca Book 2012); Lo stupore (Interlinea 20122).
L'avvento della modernità segna il progressivo e inarrestabile affermarsi di una libertà che si delinea in modo contraddittorio fra individualismo, affermazione di autonomia e salvaguardia della singolarità. In questi tre dialoghi-interviste Mauro Magatti, Silvano Petrosino e Massimo Recalcati mettono in luce il gioco fra verità del reale ed esercizio della libertà.
È possibile addentrarsi nei fatti della cronaca quotidiana, quelli che ogni giorno rimbalzano sulle nostre teste e sui nostri occhi dalla carta stampata, da tv e computer, senza farci schiacciare dal peso a volte ingombrante delle notizie per filtrarne la logica e il senso? È quanto ha voluto fare Silvano Petrosino nei testi riuniti in questo volume. Che si tratti della crisi economica o dei premi agli studenti meritevoli, del legame tra marketing e politica o del senso della vera povertà, l'autore offre sempre uno sguardo che penetra in profondità e rompe il conformismo dilagante dei luoghi comuni che spesso plasmano la nostra mentalità e quindi anche la nostra vita. Scriveva Blanchot: "'Non accade nulla', questo è il quotidiano. Ma qual è il senso di questo movimento immobile? A quale livello si colloca questo 'non accadere nulla'? Per chi 'non accade nulla', visto che per me necessariamente accade sempre qualcosa? Domande fondamentali! Bisogna fare di tutto per non dimenticarle!". Questo libro ci aiuta appunto a non dimenticarle.