L'individuo deve ricrearsi la fede con un atto di decisione; perché la fuga, non più la fede, esiste oggi come mondo oggettivo. La fuga davanti a Dio è un pamphlet scritto nel 1934, in piena epoca nazista. In un clima storico in cui si assiste all'affermarsi dell'industrialismo e del dominio tecnologico della macchina, del culto futuristico della velocità, al disfarsi dei legami sociali, alle mattanze dei totalitarismi e delle guerre mondiali, Picard descrive la fuga dell'umanità dalla divinità, dal fondamento dell'essere, dal paradigma stesso dell'esistenza. La sua diagnosi è netta: «Nel mondo della fuga l'uomo non esiste come singolo essere delimitato, ma come coacervo di sensazioni, volontà e azioni continuamente mutevoli». La critica di Picard risuona oggi lungimirante e visionaria. La sua analisi della mobilità inesausta, dell'accelerazione della vita e del continuo cambiamento dei rapporti tra gli esseri umani individua problematiche sollevate da filosofi come Morin, Baudrillard, Virilio, Debord. La sua descrizione del dissolvimento dell'oggettività e dell'avvento di una realtà virtuale e fantasmagorica costituita da grumi di materiali informativi fluttuanti in un continuum di immagini, ci ricorda la società liquida di Bauman e il dominio planetario della rete. La lezione di Picard oggi assume un valore particolare in riferimento al cuore stesso delle sue riflessioni: ricentrare l'essere umano intorno ad alcuni nuclei essenziali e imprescindibili, per riconoscere il mondo come donazione, ma anche per riaffermare le ragioni neglette di un principio di umanità da opporre alle forze omologanti che oggi sembrano imporsi su scala planetaria. Come scrive Hermann Hesse nel testo che lo accompagna: «Molte sono le ragioni che rendono importante questo libro... È un'opera spaventosa e confortante allo stesso tempo, ma lasciamo che il libro parli da sé.
L'opera, datata 1959 e l'ultima di Max Picard, viene qui presentata per la prima volta in italiano nel cinquantesimo della morte dell'autore. Alla luce della contemplazione di una serie di maschere funerarie di personaggi celebri, nella prima parte del saggio viene esposta una riflessione sul tema del Mehr, ovvero l'Eccedente, il Più. Nella seconda parte dell'opera l'autore, descrivendo alcuni tratti delle maschere, mostra come il Più conduca l'ultimo volto dell'uomo, irrigidito dalla scomparsa del soffio vitale, ad apparire nella sua purezza, decantato dalla contingenza terrestre e ora collocato in una dimensione superiore.
Ilmondo del silenzio è opera affascinante per lo stile piano e poetico,
ma soprattutto per l’armonia che trae dagli infiniti “incontri”
che descrive, come una “anti-fuga” di variazioni sul tema essenziale
del “silenzio”.
"Una scuola su come si possano guardare cose e uomini a partire dall'immagine". Da lui stesso qualificato come il suo capolavoro ("è il libro più bello che io abbia mai scritto"), il testo - per la prima volta tradotto in italiano - ci fa scoprire il pensiero affascinante di Max Picard, pensatore svizzero che è il vero anticipatore della concezione della "società liquida" di Zygmunt Bauman e della filosofia del volto di Emmanuel Levinas. In questo singolare diario di viaggio in Italia (negli anni 1949-1950) - un Paese sempre sospeso tra la distruzione di un patrimonio monumentale e umano unico al mondo e la resistenza incredibile a questa distruzione - Picard ci permette di guardare alle nostre città e ai suoi abitanti in modo davvero inedito. L'indistruttibile "italiano" continua a vivere all'interno del distrutto, nei dipinti o negli edifici, in centri urbani o paesaggi naturali. Il viaggio di Picard in Italia avviene con mezzi pubblici e anche con lunghi percorsi a piedi. Si ferma a parlare con chi incontra: operai e commercianti, anziane contadine, poveri e ricchi. Ne esce una galleria di immagini di un'Italia che non c'è più.
Il mondo del silenzio è opera affascinate per lo stile piano e poetico, ma soprattutto per l'armonia che trae dagli infiniti "incontri" che descrive, come una "anti-fuga" di variazioni sul tema essenziale del "silenzio". Non l'apologia, non fuga dalla parola, bensì riscoperta del silenzio, quale luogo originario della parola, di ogni elemento del creato e soprattutto dell'uomo nella sua essenza originaria e incontaminata. L'opera viene riproposta nella nuova traduzione italiana a cura di Jean-Luc Egger, aggiornata e perfezionata sulla prima edizione tedesca del 1948.
È una silloge ragionata di pensieri e aforismi tratti dalle opere di Max Picard, in cui appare con grande fascino l'attenzione del filosofo alle cose e al loro linguaggio. Linguaggio delle cose che devono essere come "liberate" dalle infinite relazioni che ne occultano l'essenza, perché sia restituita loro la freschezza di quel messaggio autentico che prelude a un incontro vero e orienta responsabilmente l'uomo.