Camillo Pellizzi (1896-1979), dopo la Grande Guerra e l'università, aderì al fascismo, contribuendo alla sua definizione politico-teorica nella scia di Gentile. Trasferitosi per studio e lavoro in Inghilterra, fu tra i fondatori del Fascio londinese. Nel 1924 entrò come docente allo University College of London rimanendovi fino al 1939, anno in cui, rientrato in Italia, prese servizio come professore all'Università di Firenze. Nel 1941 accettò l'incarico di presidente dell'Istituto nazionale di cultura fascista che tenne fino all'inizio del '43. Dopo il 25 luglio, non avendo aderito alla Repubblica sociale italiana, visse in clandestinità fino alla Liberazione: seguirono anni di epurazione e di isolamento fino al 1950, quando ottenne la prima cattedra (a lungo unica) di Sociologia dell'università italiana. Intellettuale di spicco del fascismo, studioso del corporativismo, Pellizzi intercettò per tempo la rilevanza della disciplina sociologica; per la sua intensa attività di studioso, traduttore, saggista, poi fondatore e direttore della «Rassegna Italiana di Sociologia», rappresenta una figura di primo piano nello sviluppo delle scienze sociali nel nostro paese. Grazie alle fonti inglesi consultate, lo studio di Mariuccia Salvati ne restituisce il profilo intellettuale entro un contesto europeo finora parzialmente inedito.
Perché leggere la costituzione italiana? E perché viene così spesso evocata nei dibattiti politici e citata sulle pagine dei giornali, a volte senza neanche essere ben conosciuta? Che cosa hanno di speciale i dodici articoli con cui si apre? I principi e i diritti fondamentali che vi sono enunciati sono viva realtà? Nel settantesimo anniversario della sua nascita, una serie di brevi volumi illustra la straordinaria ricchezza di motivi e implicazioni racchiusa nei principi fondamentali della nostra costituzione ricostruendone la genesi ideale, ripercorrendo le tensioni del dibattito costituente, interrogandosi sulla loro effettiva applicazione e attualità. Come mai il diritto al lavoro compare tra i principi fondamentali della nostra costituzione, mentre nelle altre costituzioni europee è posto nella sezione dei rapporti economici? La risposta a questa domanda va cercata ricostruendo il dibattito e il ruolo delle diverse personalità dei protagonisti dell'assemblea costituente, e analizzando le culture politiche che in essa hanno prevalso, sintesi delle battaglie per il diritto del lavoro che si sono combattute in Europa tra settecento e novecento. Di fronte alle difficoltà attuali appare quantomai utile conoscere la genesi di questo principio e il tentativo della sua attuazione nelle conquiste della giuslavoristica italiana in materia di diritti del cittadino-lavoratore.
Una storia degli italiani alle prese con la guerra, la caduta del fascismo e la divisione del paese, tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Il libro si concentra in particolare sui mutamenti del linguaggio pubblico (letterario, giornalistico, politico), che rivelano le difficoltà del passaggio da un uso massiccio della propaganda da parte degli intellettuali del ventennio - emblematico il caso di Longanesi - al ritorno alla realtà del 1944-46. La nascita della Repubblica, pur con le sue difficoltà a riportare giustizia in un territorio diviso da una guerra civile, segna il recupero di un linguaggio di verità, concretezza, realismo (morte, fame, suicidi), che si manifesta anche sui rinati quotidiani di informazione, attraverso la penna di grandi scrittori: Alvaro, Savinio, Bontempelli, De Ruggiero, Moravia, Brancati. È la guerra il grande motore del cambiamento di tutto il paese: per coloro che l'hanno subita e, soprattutto, per coloro che l'hanno "scelta" come passaggio necessario per il costituirsi di una nuova classe politica, democratica e antifascista.
Il secolo che si è appena concluso è oggetto di un vivace, a volte aspro, dibattito tra gli storici. La sua eredità è controversa, la memoria ancora divisa. Il volume di Mariuccia Salvati è un'agile guida alle idee, alle passioni e alle diverse interpretazioni del Novecento. Mariuccia Salvati insegna Storia contemporanea all'Università di Bologna.