Don Gilberto Pozzi, con l'aiuto del maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Cortile e di Nella Molinari, diede vita a Clivio (VA) a una cellula partigiana che combatté una guerra senza armi, procurando false identità a ebrei, profughi e persone invise ai nazifascisti, permettendogli così di scampare alla deportazione. Fu tra i fondatori della cellula O.S.C.A.R. (Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati), che favorì l'espatrio clandestino in Svizzera di ex prigionieri e dissidenti, e collaborò con le "Aquile Randagie", un movimento scout clandestino nato durante il Ventennio fascista. Definito lo "Schindler di Clivio", Pozzi venne imprigionato nel carcere di San Vittore a Milano e liberato grazie all'intervento del cardinale di Milano Alfredo Ildefonso Schuster; mentre il maresciallo Cortile morì nel campo di Mauthausen-Melk. Don Gilberto proseguì il suo ministero sacerdotale anche dopo la guerra e per la sua attività umanitaria ricevette l'encomio del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano.
Una donna, una scelta: quella di salvare centinaia di ebrei a rischio della propria vita. Una storia di umanità e di fede contro la banalità del male nell'Italia divisa in due dopo l'8 settembre 1943. La guerra, le difficoltà, le spie fasciste, i delatori avrebbero potuto farle paura. Non fu così. Anzi, con coraggio e con la forza della fede aiutò profughi, antifascisti e perseguitati politici perché andava fatto. Per questo aderì al gruppo clandestino Frama, collaborò con il finanziere Gavino Tolis e passò informazioni segrete oltre confine. Corrispondenza e ordini riservati destinati alle brigate partigiane operanti nel comasco. Per molti diventò l'angelo di Ponte Chiasso. Arrestata e deportata sopportò terribili sofferenze. Superò l'orrore del campo di concentramento e ritornò in Italia. Un racconto che fa riscoprire una figura poco conosciuta insignita con la Medaglia d'Oro al Merito Civile dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Il libro traccia le vicende umane di uno sconosciuto Cappellano Militare della Guardia di Finanza, Don Giuseppe Gabana, barbaramente assassinato a Trieste,nel marzo del 1944,da mani ignote.Don Gabana aveva lasciato la sua parrocchia,nella pacifica provincia bresciana,per seguire i soldati al fronte,all’indomani dello scoppio della guerra italo-etiopica.Terminato il conflitto, aveva deciso di rimanere fra i suoi soldati, e fu ammesso quindi fra i Cappellani in servizio permanente. Nel 1941, dopo aver assistito spiritualmente i militi della Guardia alla Frontiera,Don Giuseppe viene trasferito tra i Finanzieri.Tra le Fiamme Gialle di Trieste, egli si rende protagonista di un apostolato “senza confini”, sia nel tentativo di riappacificare le varie etnie, costrette a vivere nei territori dell’allora confine orientale italiano, sia nel tentativo di portare aiuto a quanti avessero bisogno:dai profughi istriani agli ebrei ricercati dai nazifascisti. Assassinato da esponenti del comunismo slavo, proprio a causa della sua azione apostolica,il Tenente Cappellano Don Giuseppe Gabana è stato insignito, lo scorso giugno 2008, dal Presidente Napolitano, della Medaglia d’Oro al Merito Civile “Alla Memoria”, su proposta dello stesso Tenente Gerardo Severino.
AUTORE Tenente della Guardia di Finanza,Gerardo Severinoè nato a Castellabate (Salerno) nel 1961.Arruolato nel Corpo nel 1981,vi ha percorso una brillante carriera operativa che, fra l’altro,lo ha visto impegnato anche presso il Tribunale di Palermo,alle dirette dipendenze del compianto Giudice Giovanni Falcone. Autore di libri,saggi e articoli di storia militare,il Tenente Severino è dal 2003 Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza. Per l’eccezionale contributo offerto al panorama culturale italiano,nel febbraio 2000 è stato insignito dal Presidente della Repubblica,Carlo Azeglio Ciampi,della Medaglia d’Argento dei Benemeriti della Scuola,della Cultura e dell’Arte.