Bambini, donne e uomini approdano sulle nostre coste fuggendo da povertà e guerra, arrivando spesso in condizioni disperate o già morti. Il viaggio non di rado è terribile, costellato da sofferenze e violenze. I numeri sono impressionanti. Papa Francesco l'ha definita la tragedia più grande dopo quella della Seconda Guerra Mondiale. Essa ci interpella come cittadini e come persone, perché mette alla prova la nostra democrazia, il nostro sistema di diritti e più profondamente il nostro senso di umanità. La risposta dell'Europa è una vergogna che resterà come una macchia nella nostra storia. La situazione certo è complessa, tuttavia c'è una domanda semplice alla quale non possiamo sfuggire: quale atteggiamento avere adesso nei confronti di queste persone che bussano alle nostre porte? Oggi il cinismo, l'omertà e l'indifferenza vengono spesso fatti passare per realismo. Bisogna allora essere chiari: chi chiude le porte alla vittima che chiede aiuto, o volge lo sguardo altrove, diventa complice del suo carnefice.
Cos'è che dà senso alla vita? È intorno a questo che ruota questo libro, un itinerario tra filosofia, letteratura e religione, in un dialogo con i classici della cultura occidentale. Il cuore del testo è che il senso va distinto da scopo e significato: la vita di un individuo può avere uno scopo e un significato ma restare priva di senso. L'interrogazione sul senso mette in gioco il rapporto con le dimensioni visibili ed invisibili dell'esistenza e con la compresenza in noi della tendenza all'affermazione di sé e della pulsione alla perdita di sé nell'unione simbiotica con l'altro.