A 97 anni, Annick de Souzenelle, autrice de Il simbolismo del corpo umano, affronta il capitolo quinto della Genesi, quello della genealogia di Adamo, e quindi dei patriarchi, da Caino e Abele fino a Noè. Dalla lettura dei testi ella ricava un’avvincente descrizione della posizione reale e simbolica occupata da questi grandi antenati. Ognuno infatti risulta essere un momento, un “mese” della gestazione del feto adamitico all’interno della nostra matrice cosmica. Spiega l’Autrice: «Torniamo perciò a quei sei primi patriarchi, inizialmente attenti a quanto essi ci rivelano della nostra umanità. [...] Ne darò conto finché ne ravviserò la ricchezza meditando sulla seconda parte della genealogia dell’‘Adam, offerta nel quinto capitolo della Genesi».
Ne "L'arco e la freccia", i contenuti di fondo, quanto mai impegnativi e delicati, sono riassumibili nel nome e nel tema dell' "Eros". Sono pagine dense, che richiedono una lettura attenta e partecipe. La de Souzenelle interroga la Bibbia, analizza i vocaboli della lingua sacra ebraica e porta alla luce, sotto la superficie del testo e delle traduzioni, significati nuovi, inattesi, a prima vista impensabili. Il campo d'indagine, abbiamo detto, è l'Eros, inteso come forza vitale, energie germinanti e fecondanti , "fiume di vita che scorre nelle mie membra come nel più umile fiore, che fa cantare il vento e brillare le stelle". Solo marginalmente l'Eros è affrontato a livello di semplice e istintiva pulsione sessuale, le cui deviazioni (sataniche secondo l'Autrice), abbassano e distorcono l'umano. Fedele al suo metodo, che nelle lettere dell'ebraico biblico scopre tesori di una sapienza antica e perenne, Annick de Souzenelle ci dona una riflessione penetrante sul tema dell'amore, inquadrata in una antropologia che vede nel corpo la manifestazione di processi spirituali, nell'unione tra uomo e donna il riflesso e il richiamo alle nozze mistiche, nell'uomo l'icona della Trinità.
Il volume si compone di tre parti: nella prima Annick de Souzenelle esplicita la ragione per cui ha voluto dedicarsi a quello che Corbin chiamava "compito smisurato": l'angelologia. Così, con i consueti strumenti che ha reso familiari ai suoi lettori, mette in luce la presenza dell'angelo nei miti della tradizione ebraico-cristiana. Questa prima parte dell'opera si chiude con una meditazione sull'angelo custode. Nella seconda parte, Pierre-Yves Albrecht invita a rivisitare insieme a lui i filosofi della Grecia antica, i neoplatonici, e così pure gli zoroastriani della Persia fino ai mistici dell'islam sufi: egli pone in luce la forte tradizione angelica di queste correnti e la spiega. La terza parte infine vede gli autori insieme in un dialogo che esplicita alcuni tratti della loro esperienza interiore e il loro interesse per il simbolismo dell'angelo, vissuto nel mondo immaginale, che è come un riflesso metafisico della realtà in cui viviamo e illumina la nostra avventura umana.
Annick de Souzenelle ha costruito una lettura originale e viva della tradizione profetica. Basandosi su una profonda intuizione della spiritualità cristiana originaria, indissociabile dalla caratteristica fondamentalmente ebraica della sua letteratura sacra, slega questo patrimonio universale dalle pastoie moralizzanti per restituircene l'entusiasmante vitalità. Offre alla nostra contemplazione l'amore divino celato dietro le parole che un "esilio esistenziale" ci fa leggere come terribili. Dal materiale delle sue precedenti opere trae la quintessenza del messaggio che declina seguendo tematiche atemporali: l'esilio da Dio, la libertà, la conoscenza, il desiderio, il male e la morte, la rinascita. Tutti argomenti che sono al centro di ogni sapere spirituale autentico. Annick de Souzenelle ha conosciuto un'infanzia segnata dai finali sussulti di questo "terremoto". La vita delle persone adulte che vede le sembra assurda: quella degli uomini chiusa nel ricordo delle ore gloriose delle trincee; quella delle donne confinate nei domestici rifugi. "Queste persone sono come foglie morte" scoprirà un giorno: "Bisogna che venga un forte vento perché abbiano l'illusione di vivere".
Dopo il femminismo, movimento sociale di cui la de Souzenelle sottolinea e la necessità storica e i limiti, e dopo lo sfruttamento pubblicitario della femminilità, è giunto il tempo per l'umanità uomini e donne uniti in una medesima ricerca dell'umano di riscoprire il senso del "femminile". La Bibbia contiene, secondo la de Souzenelle, la chiave che può aprirci la porta su questa dimensione essenziale, trascurata dalla nostra società. Partendo dal testo ebraico, fonte ispirativa cui Annick ci ha ormai abituati con i suoi precedenti libri, ci parla della nostra esistenza e della nostra vocazione attraverso la storia e il significato delle figure matriarcali e femminili bibliche o anche di personaggi maschili con "valenza" femminile, per arrivare ad esporre la prospettiva cristiana ortodossa che afferma la mistica sponsalità della chiesa o dell.anima nella relazione con Dio.
Annick de Souzenelle, con la lettura biblica cui ha ormai abituato il suo lettore, affronta nel presente libro il mito di Giona, il profeta inviato da Dio a Ninive per convertire quella città. Succhiando antiche e nuove sapienze dalle radici delle parole ebraiche del testo e servendosi della psicologia junghiana, ella ci offre un’illuminante meditazione su noi stessi, sul nostro tempo con le sue paure e insidie, le sue speranze e i suoi rischi. Nelle società moderne, forse più di ieri, l’uomo si sente sempre più frammentato, lacerato e davvero “spaccato” in due tra le necessità, i desideri, gli obblighi esistenziali, e le aspirazioni di realizzazione umana, di profonda vita spirituale per dare senso alla propria esistenza e alla storia vissuta, pena la loro fagocitazione conseguente all’incoscienza, alla sottrazione, al rifiuto.
Il corpo ha un linguaggio proprio, attraverso il quale esprime la gioia e la sofferenza; ma è anche linguaggio in sé, un "libro di carne". Imparare a leggere il corpo vuol dire prestare attenzione alla sua struttura, saper decifrare le forme del labirinto anatomico. Significa anche riascoltare quanto raccontano i grandi miti dell'umanità intorno alla natura e alla sottile funzione di ogni organo. Implica, infine, la riscoperta dell'"albero" dei qabbalisti: se l'uomo è «creato a immagine di Dio», la figura del suo corpo dev'essere letta come riflesso terrestre di quell'"albero di vita" di cui parla la tradizione della Qabbalah.