Come è stato possibile che si sia finiti col parlare d'Europa come di un sogno da cui meglio sarebbe risvegliarsi? Secondo Barbara Spinelli l'Europa è a un bivio ma si comporta come se non lo sapesse. Il tuonare dei governi contro gli eurocrati distruttori del sogno europeo è una scusa per nascondere le loro responsabilità. La trojka che ha vessato Grecia, Portogallo, Irlanda, è una loro creazione e lo è anche il Fiscal compact che incombe sulle nostre già fragili finanze. Sono gli Stati ad aver deciso di rispondere alla crisi scoppiata nel 2007 uccidendo la vocazione solidale dell'Unione, ignorando le ragioni per cui nacque, opponendo i paesi forti del centro alle sue nuove periferie. Occorre ripartire dalla visione del Manifesto di Ventotene per far si che il Parlamento europeo esca dal suo sonno e scriva finalmente la Costituzione che i cittadini europei non posseggono e cui hanno diritto. Che metta l'economia e la moneta al servizio della politica e dei cittadini: non il contrario come avviene oggi.
Un commento attualizzante
alle parole di Gesù:
“Beati i miti perché erediteranno la terra”
Il mite lo si nota per come incede, per il tono della voce, per come traversa l’oscuro, forte di una luce che non si sa bene da dove venga, un po’ come accade al vento di Nicodemo: non gli viene dall’alto ma emana, sbalorditiva, dalla terra. Il mite non è nei cieli ma quaggiù, tra noi: è uno di noi. Ci deve pur essere un motivo per cui riceve in eredità non il cielo ma la terra. Il mite è attivo, prima e dopo la prova, e anche se la sua condotta non è aggressiva, egli non accetta il male quotidiano, ma alla forza racchiusa nel male oppone un’energia di natura diversa ma egualmente intensa: una forza concentrata, riluttante all’aggressione ma non priva di ribellione.
Barbara Spinelli (Roma 1946) è una delle menti più acute e delle voci più autorevoli nel leggere in profondità gli eventi che segnano la convivenza civile in Europa. Editorialista del quotidiano La Repubblica, vive e lavora a Parigi. Presso le nostre edizioni ha pubblicato Ricordati che eri straniero (2005).
DESCRIZIONE: Chi conosce Barbara Spinelli come commentatrice politica del quotidiano «La Stampa» non resterà, forse, del tutto sorpreso nel vederla qui alle prese con un testo letterario, una sorta di monumento della parola, il Moby Dick di Herman Melville, libro di superba architettura e dalla scoperta ispirazione teologica. L’attenzione della Spinelli, il suo acume, hanno un’ampia stratificazione e un largo raggio. Non di rado nei suoi articoli ricorre al testo biblico, consapevole che quell’antico strato della memoria d’Occidente sostiene ancora il nostro fragile presente. Basta guardare un po’ più in là e un po’ più a fondo rispetto a quello che comunemente si è disposti a fare. Proprio Moby Dick – la grandiosa epopea della ricerca umana e della sua dannazione – è, forse, il libro più capace di sollecitare questa essenziale attitudine dell’intelligenza di Barbara Spinelli: la sua capacità d’immergersi sotto la crosta dell’ovvio, sotto la superficie di un’attualità squillante e fin troppo perentoria, nuovo idolo che sovrasta le nostre vite e talvolta, svuotandole, le domina; la sua capacità di scavare nella natura del molteplice, per graffiare l’idolatria dell’Uno, che “ha affascinato sempre la mente umana”.
Facendo rotta con Achab, navigatore di tenebre, Barbara Spinelli ci accompagna dentro lo spazio di una lotta mortale, dove la ricerca della verità, la lotta – contagiosa – contro il male, e la sopravvivenza di una schiuma di bene altro non sono che il poema della nostra vita.
(Gabriella Caramore)
COMMENTO: Il grande libro di Melville letto da una delle più acute giornaliste contemporanee. Una lettura avvincente.
BARBARA SPINELLI vive e lavora a Parigi per «La Stampa», come editorialista. È autrice dei libri: Presente e imperfetto della Germania orientale, Il Mulino, Bologna 1969; Il sonno della memoria-L’Europa dei totalitarismi, Mondadori, Milano 2004; Ricordati che eri straniero, Qiqajon, Magnano (Bi) 2005; «Una parola ha detto Dio, due parole ne ho udite». Lo splendore delle verità, Laterza, Roma-Bari 2009.
Tutto tende all’Uno: una è la radice culturale e politica dell’Europa, una la via per governare e sanare l’economia, una per costruire l’Unione europea. Da tempo si è smesso di contare oltre l’Uno. Eppure di pensare anche il due se non il tre ce ne sarebbe un bisogno grande. Se nel formulare un’opinione non vengo confrontato con forti obiezioni, sarò contento. Se sono un politico, avrò addirittura l’impressione che si sarà creata una sorta di pace. La pace dell’Uno non è tuttavia pace. È stasi. La verità, lasciata sola con se stessa, non splende più forte. Al contrario: si spegn
Mai come negli ultimi anni si è parlato tanto di memoria, mai i politici europei hanno invitato a ricordare il passato con tanta insistenza; eppure, fin dalla caduta del muro di Berlino, nell'autunno 1989, l'Europa intera sembra essere in preda a una sorta di "malattia mentale" che le impedisce di trarre utili lezioni dalla storia. Perché? Questo il cruciale interrogativo che si pone Barbara Spinelli, che riporta l'attenzione su alcuni casi esemplari di questa memoria vana: i confini balcanici e le stragi di Milosevic; il dopo guerra fredda nei paesi dell'est; la Germania postunificazione; l'Italia di Tangentopoli; l'Austria di Haider.