Quasi tutti i 27 libri che compongono il Nuovo Testamento recano nella prima pagina l’espressione «perdono dei peccati». Non è quindi possibile avvicinarci alla rivelazione cristiana senza imbatterci in qualche modo nel perdono e nella sua origine, che è il Padre di misericordia, sempre aperto a un nuovo inizio nella relazione con gli uomini, anche quelli più distanti. Essere perdonati è dunque una delle caratteristiche più nitide dell’esistenza cristiana. Ma perdonare appare impresa difficile per le nostre forze, legati come siamo al risentimento per i torti ricevuti, ai desideri di rivendicazione, alle maglie strette del dolore subito e della memoria offesa.
Come perdonare, allora? Come riconciliarci? Benoît Standaert, monaco sapiente, radicato nella parola biblica e nella tradizione cristiana, ci indica qui la giusta disposizione di una pratica del perdono. Guidandoci nelle parole evangeliche, portandoci nel deserto dei padri eremiti, aprendoci alla tradizione ebraica, islamica e buddista, egli ci mostra il percorso umano più autentico, che dal perdono porta alla gioia della riconciliazione, alla libertà della pace ritrovata, alla freschezza di un nuovo inizio nelle relazioni con gli altri.
Benoît Standaert, biblista di fama internazionale, è monaco benedettino a Bruges (Belgio). Tra i suoi libri, Vita e Pensiero ha pubblicato: Come si fa a pregare? Alla scuola dei salmi, con parole e oltre ogni parola (2002), Il timore di Dio è il suo tesoro (2006), Spiritualità, arte di vivere: un alfabeto (2007).
"Comprendiamo a che cosa serviva questo testo nella comunità o nelle comunità che l'hanno visto nascere? Possiamo determinare il modo in cui questo testo giocava esattamente e funzionava nei riguardi dei primi ascoltatori?" (dalla Prefazione). Sono queste le grandi domande che p. Standaert pone sul Vangelo di Marco, in un commentario che è frutto di quindici anni di lavoro. A suo modo di vedere, sul piano letterario il testo contiene tutti i segni distintivi che ne fanno un discorso convenzionale e un'azione drammatica, che richiede di essere proclamata in una sola volta, d'un fiato. L'ipotesi guida della sua lettura è la seguente: Marco veniva letto durante la notte pasquale cristiana, nella veglia fra il sabato e la domenica. I suoi destinatari erano una comunità mista, a maggioranza di gentili. Per alcuni nuovi membri della comunità tale notte era il punto d'approdo della propria iniziazione: al termine della lettura integrale del racconto evangelico venivano battezzati e partecipavano per la prima volta al banchetto eucaristico. Nella seconda parte del commentario, Standaert tratta la sezione che va da 6,14 fino alla fine del capitolo 10, in cui Marco introduce il suo lettore alla vera comprensione di chi è Gesù e alle conseguenze pratiche derivanti da tale corretta comprensione dell'identità riconosciuta.
«Comprendiamo a che cosa serviva questo testo nella comunità o nelle comunità che l'hanno visto nascere? Possiamo determinare il modo in cui questo testo giocava esattamente e funzionava nei riguardi dei primi ascoltatori?» (dalla Prefazione). Sono queste le grandi domande che p. Standaert pone a proposito del Vangelo di Marco, in un commentario che è frutto di quindici anni di lavoro.
A suo modo di vedere, sul piano letterario il testo contiene tutti i segni distintivi che ne fanno un discorso convenzionale e un'azione drammatica, la quale richiede di essere proclamata in una sola volta, d'un fiato. L'ipotesi guida della sua lettura è la seguente: Marco veniva letto durante la notte pasquale cristiana, nella veglia fra il sabato e la domenica. I suoi destinatari erano una comunità mista, a maggioranza di gentili. Per alcuni nuovi membri della comunità tale notte era il punto d'approdo della propria iniziazione: al termine della lettura integrale del racconto evangelico venivano battezzati e partecipavano per la prima volta al banchetto eucaristico.
La prima parte del commentario affronta la sezione che va dall'inizio fino a 6,13, in cui Marco propone una specie di dossier su Gesù.
Prefazione. Introduzione. Alcuni presupposti per la lettura. Il Prologo. Marco 1,1-13. LA NARRATIO: MC 1,14-6,13. Primo dittico: Mc 1,14-15.16-20. La prima grande sezione della narratio: Marco 1,21-3,6. Cinque controversie. Marco 2,1-3,6. Secondo dittico. Gesù e l'istituzione dei Dodici. Mc 3,7-12.13-19. La seconda grande sezione della narratio: Marco 3,20-5,43. Il discorso parabolico: Marco 4,1-34. Fine della seconda sezione della narratio. Marco 5,1-43. Terzo dittico e conclusione della narratio: Mc 6,1-13.
BENOÎT STANDAERT osb, monaco benedettino di St. André di Bruges, è attualmente uno dei massimi esegeti del Nuovo Testamento. Unisce grande acume spirituale a una profonda conoscenza delle lingue e degli ambienti biblici.
Pure in un’epoca come la nostra, pesantemente segnata dal primato dell’economia e della tecnica, la spiritualità continua a esercitare un grande fascino. Non è raro che questo interesse assuma le fattezze di un improvvisato fai-da-te dell’interiorità. Ma spesso si dà la ricerca di una vera e propria «arte di vivere», che consenta di abitare questo tempo con spirito lieto. In tale prospettiva si pone il libro di Benoît Standaert, una sorta di manuale in novantanove voci, alcune familiari alla tradizione classica della spiritualità (digiuno, castità, preghiera), altre suggerite dalla sapienza dell’oriente (respiro, yin e yang, wu wei), altre ancora attinte dall’esperienza più comune (passeggiata, sogno, sorriso).
Secondo l’intonazione tipica del cristianesimo, la spiritualità non ha a che fare con mondi rarefatti, lontani dalla pesantezza della materia e della storia, ma concerne le forme concrete assunte dalla nostra esistenza quotidiana. Esercitarle secondo quel singolare equilibrio tra disciplina e grazia che è tipico dell’«arte» mette in moto il processo di trasformazione che conduce alla libertà e alla bellezza (la «gloria») dei figli di Dio, a quell’esperienza dello Spirito che può essere ricevuto in ogni momento perché in ogni momento si dona.
Oltre queste novantanove «porte di accesso» alla spiritualità come arte di vivere sta la centesima. L’unica porta che manca si trova dopo l’ultima pagina del libro, nella vita stessa, ed è diversa per ognuno, imprevedibile e originale, come si conviene alle profondità di un cuore risvegliato.
Benoît Standaert (1945), monaco benedettino dell’abbazia belga di Zevenkerken (Brugge), è uno tra i più innovativi e pensosi esperti di spiritualità biblica. È autore di diversi volumi tradotti in italiano, tra cui: Il Vangelo di Marco (Roma 1984); Pregare il padre nostro (con O. Clement, Magnano Vercellese 1988); Le tre colonne del mondo. Vademecum per il pellegrino del XXI secolo (Magnano Vercellese 1999); Lo spirito dell’apostolo. Quando il mistero ha un’anima (con C.M. Martini e G. Danneels, Milano 2002); Come si fa a pregare? Alla scuola dei salmi, con parole e oltre ogni parola (Vita e Pensiero, Milano 2002); Lo spazio Gesù (Milano 2004); Il timore di Dio è il suo tesoro (Vita e Pensiero, Milano 2006).
Nella nostra cultura il ‘timore’ non gode di buona fama: è visto come sintomo di disagio o come segno di inferiorità da superare. Anche il linguaggio della spiritualità cristiana tende a fare a meno di questa parola antica, che sembra collegata a un’immagine di Dio ‘fredda’, segnata da una trascendenza arcigna, distante dal Dio d’amore che ci salva in Gesù Cristo.
In questo libro, Benoît Standaert non solo restituisce al timore il posto che la tradizione sapienziale gli ha assegnato, ma va ancor più in profondità. Il timore, sottolinea, è una realtà preziosissima: come recita il titolo, che riprende un versetto del libro di Isaia, «il timore di Dio è il suo tesoro», esperienza di rara ricchezza per il credente.
Lontano da quella paura che non appartiene alla fede cristiana, il timore è la disposizione dello spirito che non si ritiene il principio ordinatore di ogni cosa, ma riconosce nell’Alterità di Dio la fonte inesauribile di una vita sempre nuova, diversa dagli schemi in cui fatalmente si tende a rinchiuderla. Il timore è lo spazio rispettoso tra i due termini dell’Alleanza: l’uomo e Dio. È la caratteristica di uno spirito sveglio, teso alla sapienza del vivere mai completamente posseduta.
Questo tema possente e ‘inattuale’ è affrontato da Standaert nella forma di una raccolta epistolare. Ventuno lettere, di diversa lunghezza, indirizzate a una giovane interlocutrice, l’adolescente Nathalie, che nel suo cammino di preparazione alla cresima diventa icona e simbolo di tutti coloro che si accostano all’iniziazione cristiana. Il tono colloquiale, sostenuto dalla forza di una scrittura appassionata, rende pienamente godibile questa «passeggiata attraverso trenta secoli di letteratura». Ogni lettera è l’occasione per un incontro nuovo sul tema del timore di Dio, non solo nel solco della Scrittura (dai Salmi a Isaia, dal Siracide al Deuteronomio, dal vangelo di Marco alla prima lettera di Giovanni), ma anche nell’esperienza di uomini e donne che hanno «distillato l’altissima qualità» del timore (da san Benedetto ai padri del deserto, dagli eremiti di Gaza alla mistica Giuliana di Norwich, da san Francesco ai dodici patriarchi), senza tralasciare gli stimoli che provengono dalla tradizione giudaica, dalla pratica musulmana, e perfino dalla dottrina zen.
Ogni pagina di questo libro è concepita come un ‘esercizio’, e l’opera intera come un‘allenamento’ da praticare su quel «cammino di felicità che si apre per colui che si applica al timore di Dio».
Benoît Standaert (1945), monaco benedettino dell’abbazia belga di Zevenkerken (Brugge), è uno tra i più innovativi e pensosi esperti di spiritualità biblica. È autore di diversi volumi tradotti in italiano, tra cui: Il Vangelo di Marco (Roma 1984); Pregare il padre nostro (con O. Clement, Magnano Vercellese 1988); Le tre colonne del mondo. Vademecum per il pellegrino del XXI secolo (Magnano Vercellese 1999); Lo spirito dell’apostolo. Quando il mistero ha un’anima (con C.M. Martini e G. Danneels, Milano 2002); Come si fa a pregare? Alla scuola dei salmi, con parole e oltre ogni parola (Vita e Pensiero, Milano 2002).
In questo saggio teologico il tema è la figura di Gesù e la sua piena definizione. Dopo aver analizzato l’”evento Gesù” così come ci è restituito sia dalla ricerca storica sia dalle definizioni della fede cristiana, l’autore introduce una nuova categoria per giungere alla piena conoscenza di Cristo, quella che egli chiama “spazio Gesù”. Si tratta di una riflessione che integra e trascende sia il metodo storico-critico sia quello teologico-dogmatico per mettere al centro l’esperienza del credente, descritta nella sua dinamica e colta nella sua natura profondamente spirituale. Frutto di questa concezione è l’apertura verso le altre religioni, verso altri “spazi” che condividono l’anelito al divino, per vedere “il volto di Dio”. Solo così il dialogo può essere profondo, più che non – sostiene l’autore – “se partissimo dalla sola critica storica o dalla dogmatica”.
Pietro, Giovanni, Paolo, Maria e i discepoli che non l’hanno seguito: a partire da questi cinque modelli di incontro con Gesù, l’autore descrive altrettanti itinerari di fede, cinque modalità diverse di approccio al Mistero, per dimorare nello spazio umano e divino del Cristo. Nella seconda parte siamo invitati a rileggere nei Vangeli l’esperienza di Gesù alla luce di questi modelli.
Un libro di meditazione per tutti, che attinge dalla antica tradizione benedettina della “lectio divina”.
«Come si fa a pregare?». Questo interrogativo parla di noi, e dice la verità: noi non riusciamo a pregare, dobbiamo impararlo. E nessuno è in grado di insegnarcelo, se non il Signore. I discepoli stessi riconobbero la propria incapacità chiedendo a Gesù: «Insegnaci a pregare». Coltivare questa domanda già di per sé conduce alla soglia dell’incontro con Dio: la richiesta, infatti, presuppone il riconoscersi poveri, e confessare la propria impotenza permette al dono di Dio di essere accolto. Dio dona la preghiera a chi gliela chiede: semplicemente e infallibilmente. Gratis. Con questa idea di fondo, il libro pone l’accento di volta in volta su aspetti diversi dell’esperienza orante: sulla fatica estenuante che un autentico apprendimento della preghiera comporta, ma, soprattutto, sulla dimensione di gratuità che abita la preghiera, e sola le consente di esprimersi in pienezza. Particolare attenzione è dedicata alla preghiera vocale, il canale per eccellenza dell’orazione nella tradizione ebraico-cristiana, nella quale si prega anzitutto per mezzo delle parole: i Salmi, il Padre Nostro, le preghiere mariane, quelle che si recitano a tavola, per strada o al capezzale dei malati sono altrettante formule con cui le parole pongono alla presenza di Dio e consentono di vivere nella sua alleanza. Ma nel dialogo con Dio le parole si accompagnano sempre al silenzio. C’è un silenzio che sta al di qua dell’espressione verbale, quando la parola ancora non ha preso forma: è la «preghiera originaria» con cui si apre il libro; e c’è un silenzio più forte e più ricco, esperienza che si compie al di là di tutte le parole: è la «preghiera perfetta» che conclude il prezioso itinerario tracciato da p. Standaert. In essa lo Spirito, secondo l’insegnamento di Paolo, «viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede per noi con gemiti inesprimibili».
Benoît Standaert è monaco benedettino e uno tra i più innovativi e pensosi esperti di spiritualità biblica. In traduzione italiana ha pubblicato: "Il Vangelo secondo Marco", Roma 1984; (con O. Clément), "Pregare il padre nostro", Magnano Vercellese 1988; "Le tre colonne del mondo. Vademecum per il pellegrino del XXI secolo", Magnano Vercellese 1999; (con C.M. Martini e G. Danneels), "Lo spirito dell’apostolo. Quando il ministero ha un’anima", Milano 2002
Una lettura orante del Padre Nostro, attraverso due itinerari avvincenti per la loro forza interiore e per l'apertura del cuore che producono. Il Padre Nostro cessa di essere una semplice formula di preghiera e diventa il gemito dello Spirito in noi, la chiave di lettura dell'intera vicenda umana alla luce della volontà di Dio.
QUESTO COMMENTO DEL VANGELO DI MARCO CI FA SCOPRIRE LA FORZA E L UNITA PROFONDA DEL TESTO E CI PERMETTE DI SCHIZZARE UN RITRATTO DELL UOMO MARCO.