L'arte dell'Oriente cristiano è fiorita, a partire dal IV secolo, in un'area che abbraccia la Georgia, l'Armenia, la Cappadocia, la Siria, il Libano, Israele (l'antica Palestina), l'Egitto copto, la Nubia e l'Etiopia. Questi territori, dov'è sorta la cristianità, hanno beneficiato di una rete di chiese e monasteri (dal V al XV secolo) straordinariamente fitta e precoce, della quale i nove decimi, se non di più, sono scomparsi. Questi edifici erano decorati con affreschi e sculture, arricchiti da icone e oggetti liturgici, e custodivano eccezionali manoscritti miniati. Le ricerche dell'autrice hanno permesso di definire l'originalità di questa iconografia orientale, la sua coerenza, il suo rapporto con le dottrine religiose e le credenze dei popoli interessati. L'autrice mostra come queste regioni, che facevano parte dell'area di influenza bizantina, costituissero un'entità a se stante in termini di arte e iconografia, condizionate principalmente dall'Egitto dei faraoni e dalla Persia. Questo lavoro capitale è necessario anche per comprendere le conseguenze delle distruzioni odierne. Si tratta della scomparsa, tra l'Occidente e Bisanzio, della terza tradizione artistica del mondo cristiano.
Il volume mette in luce la peculiarità delle grandi stagioni della metropoli del Bosforo. Quella romana, con la sua trasformazione in capitale dell'Impero d'Oriente, quella bizantina, capitale di un commonwealth mediterraneo e balcanico e centro di diffusione del cristianesimo ortodosso, come una seconda Roma. Infine quella ottomana, capitale di un impero turco che dominò per secoli anche sul Mediterraneo arabo e islamico e sui Balcani, sino alle porte di Vienna. L'opera mette in luce anche le continuità di forme artistiche nell'estrema diversità dei periodi, anzitutto il capolavoro dell'architettura cristiana dei primi secoli, Santa Sofia, che farà da modello alle moschee degli ottomani e al genio architettonico rinascimentale di Sinan. La grande arte paleocristiana e bizantina vedrà il suo seguito nell'ornamento turco ottomano. Nel mondo islamico, infatti, gli ottomani non saranno aniconici, in quanto figli di una Costantinopoli in cui si svolse la guerra iconoclasta e in cui le immagini prevalsero. Nell'800 la città diverrà culla internazionale della fotografia e vedrà lo sviluppo delle immagini riproducibili.
L'icona è un fenomeno vastissimo che interessa il mondo bizantino ma anche il vicino e il medio Oriente cristiano: Egitto, Etiopia, Palestina, Siria, Cappadocia, Armenia, Georgia. Costantinopoli fu certamente il grande centro di diffusione delle icone che investì la Grecia e le isole del Mediterraneo, sviluppandosi poi nei Balcani e raggiungendo la Russia, da Kiev a Novgorod a Mosca. Con la caduta di Costantinopoli nel 1453 l'arte dell'icona non si spegne e raggiunge altri paesi, Italia compresa, persistendo fino a oggi. Il volume affronta il tema fondamentale del posto dell'icona nella società, nella cultura, nella liturgia e nella teologia. L'icona è una straordinaria espressione del sacro ed e un oggetto artistico solo come conseguenza della sua profonda funzione religiosa e politica. L'icona è un oggetto potente, taumaturgico, salvifico, protettivo dei monasteri, delle città, dei popoli.
La sacralizzazione dell’immagine è qui al centro di una ricerca che ne mette in luce tutta la straordinaria importanza: elemento centrale della concezione bizantina del rapporto col divino, essa condiziona fin dalle origini l’evoluzione e la definizione dei princìpi estetici e tecnici dell’arte di Bisanzio. Un’influenza che si manifesta nella concezione bizantina dello spazio e del tempo e nella loro rappresentazione, traducendosi nell’iconografia tipica dell’arte orientale, nel suo rigore formale come nella ricchezza e varietà cromatica delle composizioni: la ieratica frontalità e immobilità delle figure è così emanazione diretta della loro santità, mentre i colori delle vesti e dello sfondo rimandano agli elementi centrali della funzione sacra, come l’oro, simbolo della luce divina, il bianco, riflesso della purezza di Cristo, o il blu, segno della spiritualità dei santi. Fondata sulla credenza in un legame diretto tra rappresentazione e rappresentato, la sacralizzazione dell’immagine svolge un ruolo fondamentale nella formazione e nello sviluppo di tutti gli aspetti del cristianesimo orientale, dalla riflessione teologica alla pratica liturgica, alle forme della devozione, fino alla definizione dei rapporti con l’Occidente: espressione tipica del pensiero mistico della Chiesa d’Oriente, la sacralizzazione dell’immagine costituirà per tutto il Medioevo uno dei nodi centrali del contrasto tra la Chiesa romana e Bisanzio. Bisanzio, però, proprio alla conquista di Costantinopoli da parte dei latini, vede sorgere nel suo seno il primo rinascimento, ricollegandosi al mondo greco. Una nuova concezione dello spazio e del tempo, dell’umanità e dell’amore, percorrerà le opere artistiche in un momento profetico anche per l’arte occidentale. Poi, preoccupazioni spirituali e non solo riporteranno Bisanzio in un suo alveo primigenio.
Tania Velmans, storica dell’arte di fama internazionale specializzata nell’arte e nella civiltà di Bisanzio, è autrice di numerose opere sulle icone. In questo volume abbandona i panni della ricercatrice accademica per lanciarsi in un’opera narrativa che descrive il mondo delle icone attraverso le vicende di una immaginaria missione archeologica destinata a catalogare il patrimonio iconico mondiale. In questo modo, le emozioni, la bellezza dei paesaggi, gli incontri e le vicende umane si intrecciano con la teologia, la simbologia e la geografia delle icone, offrendo al lettore una sorta di viaggio sentimentale attraverso le reminiscenze artistiche e storiche dell’impero bizantino.
Tania Velmans, originaria della Bulgaria, è una storica dell’arte di fama mondiale. Specialista della storia e della cultura bizantina, insegna a Parigi, in Giappone e negli Stati Uniti. Per la San Paolo, ha scritto la voce Arte Bizantina per il Dizionario di Iconografia e arte cristiana.
Questo volume, riccamente illustrato, ci parla dei diversi incanti legati al nome di Bisanzio, e soprattutto alla sua pittura, che ha saputo trovare un linguaggio adatto per dare forma tangibile all'assoluto. Ma c'è anche, sulle rive del Bosforo, l'abbagliante Santa Sofia, ci sono i sogni e le emozioni degli uomini, i canti liturgici che ci sollevano al cielo, la magnificenza delle chiese e dei palazzi, e ancora le impareggiabili cerimonie civili, e gli imperatori onnipotenti, simili a icone nei loro paramenti. L'arte bizantina fiorisce per oltre mille anni (IV-XV secolo) in tutta l'Europa orientale, in gran parte dell'Italia e nella Russia settentrionale. La forza straordinaria di questa tradizione le garantisce una lunga sopravvivenza dopo la scomparsa dell'impero che l'ha generata e i nostri contemporanei si mostrano sensibili alla sua bellezza.
Questo testo è un'interpretazione a tutto tondo di un movimento artistico che, iniziato nel tardoantico a partire da Costantinopoli, ha influenzato l'intero Mediterraneo e il Vicino Oriente con apici assoluti come a Ravenna, per invadere poi dalla Grecia tutti i Balcani e la Russia, ambedue veri eredi dell'arte di Costantinopoli. L'arte monumentale significa il tutto dell'arte "in situ", mosaici e affreschi, un patrimonio grandissimo e spesso altamente conservato, senza del quale nulla possiamo capire dell'Europa occidentale prima del Mille e le cui relazioni con l'Occidente proseguiranno per tutto il Medioevo.
Dal sottotitolo la partenza del Rinascimento sembrerebbe prematura. Eppure questa opera, a più autori che fra loro hanno lungamente discusso, ci mostra un Rinascimento che inizia a Oriente, nel mondo bizantino, in particolare nei Balcani. È un Rinascimento presente nel mondo arabo islamico e dei Mamelucchi, anche se tenuto a freno dai governanti. La grandiosità del gotico nel Mediterraneo, così carico di istanze umanistiche, ci porta in seguito a quel Quattrocento che del Rinascimento tra Italia e Fiandre, sino a Napoli, ci darà l'ideologia di partenza che segna la storia dell'arte occidentale.