Più forti dei singoli Stati, decisivi nella tenuta delle monete e del debito pubblico, proprietari di quote sbalorditive di economia reale: i fondi speculativi - a cominciare da Vanguard e BlackRock - sono diventati i 'padroni del mondo'. Ancora marginali all'inizio del nuovo millennio, hanno cavalcato le crisi, hanno beneficiato dell'operato delle banche centrali e dei governi e hanno sfruttato, accelerandolo, il processo di smantellamento degli Stati sociali e di privatizzazione della società. Ma come è stata possibile una simile concentrazione del capitalismo che ha cancellato l'idea stessa di mercato? Questo libro prova a spiegarlo, tracciando un quadro chiaro dei numeri di tale monopolio e ricostruendo, al contempo, le storie dei protagonisti di una simile incredibile scalata al potere.
Per oltre trent'anni il costo della vita è rimasto fermo, i mutui hanno avuto tassi accettabili e l'inflazione sembrava appartenere alla nostra storia passata. Improvvisamente, nell'estate del 2021 i prezzi hanno cominciato a crescere in maniera esponenziale e senza controllo. Un aumento che non dipende da un incremento dei consumi e neppure da una carenza di produzione. Ma allora cosa ha prodotto questa inflazione? La risposta è semplice e diretta: la finanziarizzazione, il fatto che i prezzi non sono più determinati dall'incontro tra l'offerta e la domanda reali ma dalla speculazione finanziaria. Il capitalismo finanziario, guidato dai grandi fondi speculativi, sta così divorando il mercato, che ha perso la capacità di definire prezzi vicini al valore reale e quindi di fare il suo più tradizionale mestiere. Riempire il carrello della spesa e pagare le bollette è così divenuto un lusso determinato dalle manovre alla Borsa di Amsterdam, dalle strategie dei fondi hedge, dalle dinamiche della speculazione. Ma quali sono le possibili conseguenze di questa iperinflazione? Quali le soluzioni da adottare? Una mappa sintetica per orientarsi in un cambiamento epocale in pieno svolgimento. E per prendere posizione.
L'Italia è il paese del debito pubblico: da sempre alto e difficile da gestire, ha costantemente condizionato la nostra storia. Ma come abbiamo potuto crescere nonostante questo peso? Quali sono le conseguenze che ha prodotto sulla politica e sulla società? Fin dalla sua origine, il forte debito pubblico è stato uno dei grandi problemi dell'Italia unita. Un problema che ha accompagnato tutta la nostra storia, tanto da essere l'unico paese al mondo ad aver avuto un debito superiore al 60% del Pil per più di 110 anni. Dal 1992 è divenuto l'asse centrale di tutta la vita politica nazionale: prima con le ingenti misure e i 'tagli' per entrare nell'euro, poi con i limiti imposti dal rispetto dei parametri di Maastricht. Questo libro, oltre a ricostruire l'andamento storico delle politiche del debito e ad analizzare le responsabilità della classe politica e della società italiana che spesso del debito si sono alimentate, mostra altresì un'inaspettata dinamicità dello Stato, dello Stato 'debitore' italiano, di fronte alle sue crisi, a quelle dei decisori politici, al susseguirsi di squilibri e riequilibri dei conti. Tale dinamicità, tuttavia, dopo l'esplosione della pandemia pare non bastare più e ha bisogno di essere sostituita da una più organica visione che si misuri con la natura 'fisiologica' del debito stesso.
Se fosse un "filmino di famiglia", la globalizzazione muoverebbe i primi passi nel 1973, anno in cui l'economia Usa rallenta e inizia il processo che porterà alla deregulation degli scambi commerciali internazionali. Alessandro Volpi percorre - un fotogramma dopo l'altro - la storia della globalizzazione, le prime "turbolenze" e il pericoloso fidanzamento con la finanziarizzazione, un rapporto perverso che porta all'esplosione della crisi nell'estate 2007. Questo libro, dedicato ai cittadini attenti, ma anche a studenti e studiosi, è lo strumento ideale per comprendere il nostro "presente storico": l'autore non solo segue la parabola della globalizzazione, ma racconta le sue dinamiche economiche e politiche, ne misura le conseguenze sul destino di persone e popoli e delinea un quadro in cui non solo è urgente restituire il primato alla politica ma è necessario un ardito superamento delle logiche nazionali.
Nel corso dell'ultimo anno, il debito pubblico italiano ha toccato il suo picco storico, e così ha fatto la montagna di interessi che lo Stato deve agli investitori internazionali. Una situazione insostenibile, che oggi più che mai mette in pericolo la tenuta stessa del sistema economico nazionale - a rischio default -, e con questo il benessere di tutti i cittadini. Questo libro spiega che tuttavia è possibile riportare il debito pubblico a un livello "sostenibile", come impongono il buon senso e gli accordi internazionali. L'autore analizza le possibili soluzioni: servono lotta all'evasione, una riforma del fisco che garantisca giustizia per tutti i cittadini e una decisa opposizione alla speculazione finanziaria. Ma soprattutto un modo nuovo di pensare la politica e il sistema economico, non per ragioni "elettorali" delle quali il debito pubblico è stato più volte strumento - ma per guardare al futuro con fiducia.