Il legame tra letteratura e spiritualità è fortissimo e tutt'altro che casuale, specie all'interno del cristianesimo. Attraverso i Vangeli, infatti, anche la struttura della preghiera si trasforma, la Parola originaria - il Logos - assume una centralità inedita in virtù dell'Incarnazione di Cristo. Lo stesso Gesù, quando vuole insegnare, racconta e non teorizza, ed è tanto più riconosciuto come maestro quanto più risulta affascinante come narratore. In queste pagine, Alessandro Zaccuri ci presenta esempi tratti dalle letterature antiche e da quelle orientali per arrivare all'epoca moderna e contemporanea. Un percorso da Lucrezio a Eugenio Montale, da sant'Agostino a Dante, da Cervantes passando per Shakespeare fino a Dickens, Hemingway, Carver e al più contemporaneo di tutti, Cormac McCarthy, per rispondere idealmente a quella domanda, formulata nel 2012 sul New York Times, a firma dello scrittore statunitense Paul Elie: «Il romanzo ha perso la fede?». La letteratura, sia chiaro, non è ancora preghiera. Ma di sicuro può aiutare a pregare.
Nel pieno centro della città caotica, simbolo della produzione, di un lavoro che non si ferma mai, Alessandro Zaccuri ci conduce in un piccolo gioiello dove rintraccia la memoria del funerale di sua madre e quella di un'intera cultura cittadina che va da Ambrogio all'oggi, passando per il neorealismo cinematografico, a inseguire la bella speranza che nulla finisca mai veramente e tutto possa ricominciare per sempre. Un miracolo che tutti auspichiamo.
La storie di tre amiche dette Maria la Bella, Maria la Buona, Maria e Basta, cresciute insieme in un piccolo paese, tutte e tre con lo stesso nome e un diverso destino. Tre destini legati da un nome intrecciato con la presenza femminile nella storia della salvezza. Erano nate lo stesso anno, nello stesso paese. Avevano fatto le scuole insieme, dall'asilo alle medie. Insieme erano andate in parrocchia, al cinema, in discoteca...
La Milano di metà Ottocento è una città che sa conservare i suoi segreti. Un filo invisibile, per esempio, lega l'elegante palazzo di Brera - nel quale vivono i discendenti di Cesare Beccaria - agli antri malfamati del Bottonuto, il quartiere del vizio che si nasconde tra le pieghe dell'abitato, come un bubbone sotto un vestito di gala. Lungo questa traiettoria imprevedibile, che dal salotto dell'anziana marchesina Giulia conduce alla bisca su cui regna il losco Faggini, si muove con abilità pari alla sorpresa il barone di Cerclefleury, il bell'avventuriero francese che si proclama seguace di Franz Anton Mesmer e suo discepolo negli arcani del magnetismo. Da un susseguirsi di intrighi e macchinazioni, promesse mirabolanti e destini mancati, emerge la figura di Evaristo Tirinnanzi, il contabile al servizio dei Beccaria: sarà lui, incalzato dall'ombra di un doppio che spesso prende la parola al posto suo, a guidare l'intrepido Cerclefleury nei meandri di una realtà che non è mai quella che appare, fino alla rivelazione disarmante dell'identità di quell'altro. Opera di uno scrittore in stato di grazia, Poco a me stesso è il racconto della vita ipotetica, esatta e mentita di Alessandro Manzoni: una fantasmagoria condotta sul filo dell'inverosimiglianza e sorretta da una libertà espressiva che reinventa, rendendola attuale, la lingua italiana di due secoli fa.
Maria è un nome segreto, un gioiello fuori dal tempo. Mettersi sulle tracce di un nome è sempre un'avventura, non esistono mappe né percorsi prestabiliti. Alessandro Zaccuri inizia questo viaggio da solo, punta il suo compasso sulle Marie dei Vangeli e da lì si muove per scrivere la sua preghiera del nome. Parte da una Maria ragazza senza volto, che balla su una pubblicità degli anni Ottanta, si ritrova con la madre sorridente e sofferente, e passando da Giulietta incontra la Maria di West Side Story, incrocia Borges, Giotto, Lippo e poi Kurtz e Achab, per arrivare infine alla Marie di Le Corbusier sulle vetrate della Notre-Dame-du-Haut. E mentre invoca e ripete questo nome, vive il dubbio, lotta contro i sette demoni e dissemina il suo rosario in luoghi imprevedibili, trasformando il suo e nostro viaggio in una benedizione, invisibile e leggera.
Tutti hanno un nome, in questa storia: il Maestro, che alla fine si rivela e svanisce, e il mio compagno, che si chiamava Cleopa. Di me soltanto non rimane che l'ombra. Io sono un'impronta sulla strada per Emmaus.
Nato nel 1968 su iniziativa di Paolo VI e nello spirito del Concilio Vaticano II, da mezzo secolo il quotidiano Avvenire è una presenza forte e riconoscibile nel dibattito pubblico del nostro Paese. Una presenza che, come sottolinea il cardinale Gualtiero Bassetti nella prefazione a questo volume, viene a coincidere con la vocazione stessa del cristiano nel mondo.
I contributi raccolti in "Voci del verbo Avvenire" non intendono celebrare il passato, ma si presentano come occasioni di riflessione e di approfondimento sui temi che, fin dall’inizio, hanno caratterizzato l’impegno del quotidiano cattolico. Dall’analisi degli avvenimenti internazionali al racconto della società italiana, dall’esigenza di giustizia alla necessità di confrontarsi con i progressi della scienza, dal ruolo che la Chiesa è chiamata ad assumere nell’attuale «cambiamento d’epoca» agli sviluppi del confronto culturale, Avvenire si pone e intende continuare a porsi come strumento di dialogo tra posizioni differenti e, nello stesso tempo, come punto di riferimento per una comprensione consapevole e informata dei “segni dei tempi”. L’obiettivo è fornire «una testimonianza corale», come la definisce il direttore Marco Tarquinio, che renda conto della bellezza di dire e fare «il futuro ogni giorno».
Contributi di: Giulio Albanese, Leonardo Becchetti, Luigino Bruni, Massimo Calvi, Lucia Capuzzi, Marina Corradi, Paolo Lambruschi, Andrea Lavazza, Riccardo Maccioni, Antonio Maria Mira, Luciano Moia, Francesco Ognibene, Alberto Oliverio, Maurizio Patriciello, Gigio Rancilio, Francesco Riccardi, Roberto Righetto, Nello Scavo, PierAngelo Sequeri, Alessandro Zaccuri.
Siamo negli anni Novanta, tra i monti al confine con la Svizzera. Franco Morelli detto il Moro ha ereditato dal padre la Trattoria dell'Angelo, e la fa fruttare come si deve: ma i soldi, quelli veri, li guadagna trafficando con prostitute e spalloni - e forse grazie ad altri affari ancora più oscuri e pericolosi. È un uomo chiuso, determinato: del tutto amorale. Ha un figlio in realtà un trovatello, ma nessuno lo sa - che lo adora come un dio; e una moglie timida e servile - la cuoca - che gli serve solo per giustificare al mondo l' esistenza del piccolo Angelo. Ma Angelo, crescendo, scopre che cos'è in realtà suo padre; e anziché ripudiarlo decide di voler essere come lui, più di lui. Si lega d'amicizia con Salvo, rampollo spendaccione - ma non sciocco di una famiglia del Sud in soggiorno obbligato. Ben presto però anche questa amicizia diventa competizione, e Angelo commette l'errore fatale: vuole essere come il suo amico Salvo, di più del suo amico Salvo. La punizione dello "spregio" sarà terribile; e terribili le conseguenze. In questa narrazione breve, spedita e secca come il racconto del peccato originale, Alessandro Zaccuri torna al tema del suo primo romanzo: il legame, la competizione, la lotta tra figli e padri.
Una riflessione sulla "città", a partire dall'icona biblica dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, che mette a nudo domande importanti sul tema della sicurezza, dell'accoglienza, della capacità di creare relazioni e incontrare gli altri. Come edificare una città, si chiede l'autore - giornalista e scrittore - in cui le "mura" diano sicurezza ma senza escludere, e le porte consentano di entrare, ma anche di "uscire" incontro agli altri?
"Per il credente la battaglia è sempre interiore, spirituale. Per questo è possibile combattere dopo aver rinunciato alle armi. Il cristianesimo non è la corazza che mette al riparo dagli assalti di un mondo ostile. Il cristianesimo, al contrario, è la consapevolezza di essere nudi, ma di una nudità che è adesione felice alla condizione di essere umano. Se si riflette sull'incarnazione, ci si rende conto che è la pienezza dell'umanità a rendere possibile l'esperienza della fede. Non si è cristiani contro la propria umanità, ma nella propria umanità."