"Ho scritto questo libro perché mi sentivo come un granello di sabbia in balia del vento. Alla mia età, avevo paura di non resistere. Ma prima di cedere volevo capire perché spesso nella mia vita avevo avuto paura. E volevo capire le ragioni non solo della mia paura, ma anche della paura degli altri. E desideravo infine comprendere perché così spesso la paura mi rendeva aggressivo e perché l'aggressività mia e la prepotenza degli altri erano strettamente intrecciate. Mi domandavo, in sostanza, qual era il rapporto fra la paura, l'aggressività e la violenza scatenata dai miei simili nel corso dei millenni." Un libro scritto da Danilo Zolo per capire dove e quando nasce la paura, se la lotta per l'esistenza comporta sempre e comunque scontro e conflittualità, qual è il posto occupato dalla politica nella gestione della paura e dell'insicurezza degli uomini, e infine il ruolo della paura nel mondo globalizzato, con le sue guerre e la diffusione in ogni angolo della terra di una crescente precarietà e della sopraffazione dei ricchi e potenti sui poveri e deboli. Ma lo sguardo di Zolo non è di rassegnazione, di resa, bensì di "pessimismo attivo": ci insegna che fino all'ultimo non bisogna rinunciare a lottare contro l'universo sconfinato della follia umana.
Il volume raccoglie una serie di saggi sul tema delle guerre di aggressione scatenate nell'ultimo ventennio dalle potenze occidentali in violazione del diritto internazionale. Le guerre "umanitarie" - dai Balcani all'Iraq, all'Afghanistan - sono state presentate come lo strumento principe della tutela dei diritti dell'uomo e dell'espansione della libertà e della democrazia. Si è trattato in realtà di conflitti fortemente asimmetrici, nei quali gli strumenti di distruzione di massa sono stati usati per fare strage di civili inermi, per diffondere il terrore, per distruggere le strutture civili e industriali di intere città e di interi paesi. Il fatto che in Occidente ci sia ancora chi continua a definire queste guerre "umanitarie" e persino "democratiche" - sostiene Zolo - chiarisce molto bene perché il global terrorism si sia diffuso in tutto il mondo sino a diventare la sola risposta tragica, impotente e nichilista - dei popoli oppressi. Sul piano teorico Zolo elabora una nozione di "terrorismo internazionale" profondamente diversa rispetto alle formule varate dagli Stati Uniti e accolte dalla maggioranza dei paesi europei e dei loro giuristi accademici.
A partire dai primi anni settanta, Norberto Bobbio è stato per Danilo Zolo un importante punto di riferimento intellettuale e morale, la cui lezione di pensatore al tempo stesso rigoroso e appassionato, attento alle vicende della vita politica e testimone esemplare di impegno civile, ha lasciato in lui una traccia profonda. Con Bobbio, Zolo ha condiviso il fastidio per la pedanteria degli accademici, per la loro pigra indifferenza di fronte alle tragedie del mondo, nonché lo "stile di pensiero" sobrio, austero e indipendente, che riflette quelli che Bobbio aveva chiamato "i frutti più sani della tradizione intellettuale europea": l'inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose. Il confronto critico con la figura e l'eredità intellettuale di Bobbio emerge in questo volume ancor più vivo e attuale grazie alla selezione delle lettere ricevute dal maestro torinese nel corso di oltre un ventennio, qui presentate con un ampio corredo di note esplicative che ne ricostruiscono i contesti storici e culturali.
C'è una 'giustizia' su misura per le grandi potenze occidentali, che godono di un'assoluta impunità per le guerre di aggressione di questi anni, giustificate come guerre umanitarie o come guerre preventive contro il terrorismo. E c'è una 'giustizia dei vincitori' che si applica agli sconfitti e ai popoli oppressi, con la connivenza delle istituzioni internazionali, l'omertà di larga parte dei giuristi accademici e la complicità dei mass media. In realtà solo la guerra persa è un crimine internazionale.
Una mappa dei principali problemi che vengono discussi sotto l'etichetta della "globalizzazione", nell'intento di limitarne l'uso retorico o puramente ideologico. Un'indagine che si indirizza verso ogni aspetto del fenomeno: l'economia, le comunicazioni di massa, la politica interna e internazionale, il diritto e le strategie militari. L'analisi è arricchita da una carrellata delle posizioni più rilevanti e degli autori più significativi, da Ulrich Beck a Zygmunt Bauman, da Joseph Stiglitz a Luciano Gallino. Il percorso che ha portato dal boom della new economy alla guerra in Iraq e dall'esplosione di Internet alla crisi degli Stati nazionali è valutato come un processo inevitabile, ma governabile per evitare crisi e disuguaglianze.