
Il presente volume – giunto alla sua quarta edizione – è aggiornato con le recenti riforme legislative ed esamina la disciplina che genera e regola gli istituti di diritto del lavoro, dando rilievo alle problematiche concrete che si presentano nella quotidianità, senza mai tralasciare la base teorica e dottrinale.
Rappresenta, quindi, un valido strumento operativo per acquisire consapevolezza della normativa in ambito lavoro e si distingue per l’esaustività dei contenuti e la semplicità della trattazione. Tale profilo lo rende un testo pratico ed utile per quanti, già esperti della materia, necessitino di un supporto di rapida consultazione ed approfondimento, nonché uno strumento di analisi e studio per coloro che, pur non provenendo da studi di carattere giuridico, mostrino interesse a comprendere diritti e doveri del lavoratore. In ogni caso, il Compendio rimane un ottimo supporto per lo studio universitario e l’approfondimento post universitario del diritto del lavoro.
L’opera affronta la materia seguendo lo schema proprio della manualistica tradizionale, con immancabili riferimenti storici e giurisprudenziali.
L’Opera è aggiornata con:
- il D.P.C.M. 23 luglio 2016, n. 144, regolamento di attuazione delle unioni civili;
- il D.M. 19 luglio 2016, aggiornamento degli importi per il risarcimento del danno biologico derivante da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti;
- la L. 30 giugno 2016, n. 119 (“Legge banche”), di conversione, con modificazioni, del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, recante fra l’altro la modifica dell’art. 2929 bis del Codice civile;
- la L. 22 giugno 2016, n. 112, Legge sul “dopo di noi”;
- la L. 20 maggio 2016, n. 76, disciplina delle unioni civili e delle convivenze di fatto.
Il referendum sulle riforme costituzionali sarà un momento importante per il futuro del Paese. Stefano Rodotà non si limita a sostenere i limiti della riforma, esponendo con precisione i rischi che comporta, ma si interroga soprattutto su quale idea di democrazia risponda alle necessità del nostro tempo. In una società in rapidissimo cambiamento, le cui trasformazioni spesso la politica fatica a interpretare, occorre dare nuova centralità alla rappresentanza, trovando nuove forme per rinnovarla ed espanderla. La difesa della Costituzione si traduce così in uno sforzo attivo di ripensamento delle basi della democrazia, a partire dai diritti delle persone e da una cittadinanza sempre più ampia, multiforme e attiva.
Pubblicato in forma anonima nel 1764, "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria rappresenta una tappa essenziale nell'evoluzione del diritto sostanziale e processuale penale, tanto da far considerare il suo autore uno dei fondatori della scienza della legislazione. Seguita in questa edizione dal famoso Commento di Voltaire, l'opera viene presentata da Roberto Rampioni, noto avvocato penalista italiano. Il merito di Beccaria consiste nell'aver condensato in modo organico e completo in questo piccolo rivoluzionario opuscolo tutte le critiche maturate nell'alveo del pensiero illuminista contro gli eccessi e gli orrori del pensiero inquisitorio del tempo, in particolare la tortura e la pena di morte. Le cronache giudiziarie dei nostri giorni ci rendono consapevoli della straordinaria attualità dell'insegnamento autenticamente "liberale" di Beccaria.
Questo "Compendio" non è un sunto di legislazione, giurisprudenza e altri "materiali normativi", ma una spiegazione d'insieme della moderna determinazione dei tributi. Il volume coordina quindi la tradizionale determinazione valutativa della base di commisurazione dei tributi, da parte di pubblici uffici o corpi sociali intermedi, con lo sopravvenuta determinazione ragionieristica da parte delle organizzazioni, soprattutto aziendali. La maggior parte del gettito tributario odierno è riconducibile infatti agli uffici amministrativi delle aziende, che tassano consumatori, lavoratori, professionisti e risparmiatori, oltre che l'azienda stessa, a fronte dei redditi spettanti ai relativi proprietari. Questa esternalizzazione della tassazione rispetto agli uffici tributari lascia però sguarnita la ricchezza non raggiunta dalle aziende, con sperequazioni, sospetti e lacerazioni sociali collegate in realtà alla mancata spiegazione d'insieme della funzione tributaria, cui questo volume cerca di supplire. Questo filo conduttore del compendio è una nuova prospettiva per esaminare e coordinare i tradizionali argomenti del diritto tributario, dalle fonti normative ai poteri amministrativi, al contenzioso, all'interpretazione, alle sanzioni, ai soggetti passivi, ed ai concetti strutturali dei singoli tributi.
Il decreto legislativo n. 97/2016 sul Freedom of Information Act è destinato a cambiare radicalmente i rapporti tra i cittadini e le imprese, da un lato, e le pubbliche amministrazioni, dall'altro. Il segno distintivo del provvedimento è l'ampliamento e la semplificazione del regime di trasparenza dell'attività amministrativa. Il presente volume offre all'ampia e differenziata platea di destinatari una chiave di lettura complessiva delle nuove regole, evidenziando partitamente i diversi profili innovativi del decreto, che vanno da una più ampia nozione di trasparenza e applicazione del decreto legislativo n. 33/2013, all'introduzione di modalità di accesso generalizzato e alla revisione degli obblighi di pubblicità, sino alla riforma dei profili organizzativi in materia di trasparenza e del sistema sanzionatorio generale e per specifiche violazioni. Un'appendice propone il confronto sinottico tra la vecchia e la nuova normativa, consentendo agli operatori un'immediata percezione delle novità normative.
Questa sesta edizione del Volume, rivista dall’Autore ed aggiornata agli ultimi sviluppi giurisprudenziali e normativi, contiene una trattazione completa ed esaustiva dell’intero diritto tributario.
Con Introduzione di Saulle Panizza e Roberto Ramboli.
Saulle Panizza è ordinario di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Pisa.
Roberto Ramboli è ordinario di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Pisa.
Il presente volume raccoglie i contributi sviluppati a seguito di un incontro svoltosi il 27 novembre 2015 nell'ambito di un Progetto di ricerca finanziato dall'Università di Pisa (PRA 2015) sul tema "Libertà religiosa e libertà di espressione in tempi di crisi economica e di rischi per la sicurezza". Nel volume si propone una riflessione su svariati profili problematici di estrema attualità connessi alla tutela di tali diritti di libertà. In particolare, si è esaminato il fenomeno riguardante la loro progressiva ridefinizione alla luce dei tempi di crisi economico-finanziaria e di sicurezza che stiamo attraversando. Due tipologie di crisi certamente assai diverse, sebbene entrambe dotate della medesima propensione al contenimento e al condizionamento dei diritti fondamentali.
Nell'amministrare la giustizia conta la legge scritta. Se facessimo delle deroghe al codice, non saremmo ingiusti? Diciamo che la giustizia deve essere uguale per tutti, ma forse non abbiamo mai riflettuto sul significato di questo principio: la legge per essere giusta deve essere applicata senza eccezioni. Ma la legge scritta dai parlamenti può contemplare ogni singolo caso umano? La legge è una macchina impersonale, che non guarda in faccia a nessuno. Eppure, per altro verso, proprio il fatto che la legge non guarda in faccia a nessuno, ci protegge dai soprusi dei potenti. La bilancia, come immagine della giustizia, rappresenta proprio questo: gli uomini sono tutti uguali di fronte alla legge. La mia convinzione profonda è che in uno stato di diritto e in uno stato in cui tutti partecipano, anche se indirettamente, alla gestione della cosa pubblica e in cui esistono delle strade per modificare le regole che si ritengono ingiuste, le regole esistenti vanno osservate e basta. Ma è anche necessario fare una specie di gerarchia delle regole, perché ci sono delle regole che hanno un rilievo particolarissimo, un rilievo eccezionale per la convivenza e ci sono altre regole che invece hanno un rilievo molto più limitato.
L'ideale del "rule of law", o "governo delle leggi" (contrapposto al "governo degli uomini"), incarna l'aspirazione, antichissima e sempre attuale nel discorso giuridico e politico, che il diritto non sia una mera riformulazione della volontà dei dominanti, ma incarni e realizzi una qualche forma di giustizia. Una giustizia non meta-legale, ma propriamente giuridica - una moralità interna al diritto e sottratta alla disponibilità del sovrano. Nel volume convergono le riflessioni di studiosi italiani e stranieri che si misurano con questa ampia tematica, non ancora adeguatamente esplorata dalla cultura giuridica e fiIosofico-politica italiana, dove il tema del "rule of law" è spesso confuso con quello affine ma diverso dello "stato di diritto". Vengono in particolare affrontate e discusse le questioni attinenti alla definizione e ai vari dispositivi del "rule of law", che, pur nella loro valenza primariamente formale, sono finalizzati a impedire che il diritto sia piegato alle esigenze più arbitrarie del potere: pubblicità e conoscibilità del diritto, irretroattività, chiarezza e realizzabilità delle condotte richieste dalle norme giuridiche ecc. A ciò si affianca un approfondimento sul rapporto del "rule of law" sia con separazione dei poteri, con particolare riferimento alla discrezionalità interpretativa del giudice, sia con l'autonomia personale dei cittadini e il paternalismo giuridico.
Delle garanzie contenute nel Trattato 11 febbraio 1929 tra l'Italia e la Santa Sede, quella di cui all' art. 15 e relativa al cosiddetto privilegio dell"'extraterritorialità" costituisce, a ben vedere, una delle più trascurate dalla dottrina. In effetti pochissimi sono gli scritti che, da un punto di vista internazionalistico e soprattutto ecclesiasticistico, si sono occupati della questione. La cosa non può non sorprendere, per ragioni di carattere diverso. Innanzitutto per il fatto che la disposizione in esame costituisce una delle più originali soluzioni date dal Trattato del Laterano all'annoso problema costituito dalla Questione romana, ben al di là della soluzione territoriale posta con la costituzione dello Stato della Città del Vaticano. Questa era in qualche modo scontata: ad essa mirava, nei lunghi decenni del doloroso dissidio, la Santa Sede, quale atto idoneo a garantire l'interesse ad un superamento della Questione romana con strumenti internazionalistici, ma ad opera esclusivamente italiana; un interesse che al contempo coincideva con il riconoscimento di una soggettività internazionale della Santa Sede, che era ovviamente preesistente all'auspicata restaurazione di una sovranità territoriale, ma che veniva rafforzata dalla costituzione di un novello Stato pontificio in un'età in cui non si conoscevano ancora soggetti di diritto internazionale carenti del carattere della statualità.