
Il problema della conoscenza ha costantemente interessato la riflessione di Sofia Vanni Rovighi da un punto di vista sia storiografico, sia teoretico. In questo volume ne coglie le diverse formulazioni e le differenti soluzioni proposte nell’intero arco della storia della filosofia e ricorre a una lettura diretta degli autori citati, spesso ascoltando anche le voci degli interpreti più autorevoli. Vengono così passati in attenta disamina i filosofi della Grecia classica e dell’età ellenistica, gli autori del Medioevo e i rappresentanti più rilevanti dell’Umanesimo e del Rinascimento, per poi soffermarsi sugli esponenti che tanto influsso hanno esercitato sul pensiero moderno: da Bacone, Galileo e Cartesio a Locke, Berkeley e Hume, sino a Leibniz, Kant e agli idealisti, fatti criticamente rivivere in Italia dal neohegelismo e in particolare da Gentile. Dalla fenomenologia di Husserl, tanto apprezzata nel metodo e nei suoi esiti, al neorealismo inglese e americano e al pragmatismo, sino a Russell, Wittgenstein, Schlick e il neopositivismo. Il capitolo conclusivo, dedicato alla neoscolastica e al neotomismo, mette in luce come, di là dalle apparenze, la corrente sia molto variegata e frastagliata, caratterizzata da nette differenze e opposizioni polemiche. Una analisi originale per chiarezza e rigore di un tema fondamentale per la ricerca filosofica: il rapporto tra il pensiero, la realtà e la verità, da sempre oggetto di accesi dibattiti.
Sofia Vanni Rovighi (1908-1990) ha insegnato a lungo all’Università Cattolica di Milano Storia della filosofia medievale, Storia della filosofia e Filosofia teoretica. Tra le sue pubblicazioni per l’Editrice La Scuola: Storia della filosofia contemporanea (1985), Storia della filosofia moderna (1994), Elementi di filosofia (nuova ed. 2013), Istituzioni di filosofia (nuova ed. 2015). Per Scholé ha curato: Leibniz, Monadologia (2021, tredicesima ed.) e Galileo Galilei, Le idee filosofiche, il metodo scientifico (terza ed. 2021).
«Conosci te stesso» era l'invito dell'Apollo Delfico, che ha innervato tutta la filosofia greca, ben consapevole che ogni conoscenza è vana senza questa, fondamentale. Percorrendo con coraggio e onestà la via del distacco, la filosofia - "esercizio di morte" come la definisce Platone - giunse così alla scoperta della luce che sempre risplende, non alla superficie, ma nelle profondità dell'anima. È proseguendo coerentemente su questa via che la mistica cristiana, obbedendo al precetto evangelico a rinunciare a sé stessi, completò l'invito delfico aggiungendovi: «e conoscerai te stesso e Dio». Anche se nomina non sunt res, niente infatti si addice meglio che il nome di Dio alla luce che esperimentiamo nell'"uomo interiore", essenza dell'anima nostra, quando essa ha fatto il vuoto di ogni accidentale elemento egoico. È giunto probabilmente il tempo che, dopo la morte di Dio e la conseguente perdita di ogni fondamento, l'uomo contemporaneo, naufrago nel mare magnum di vane teologie e psicologie, recuperi l'esperienza di verità della filosofia antica e della mistica cristiana, ritrovando così la conoscenza essenziale: quella di sé stesso e di Dio.
Che cosa succede dopo la morte? Tutto si riduce in polvere oppure qualcosa sopravvive e continua a esistere in un'altra forma o dimensione? Sono domande su cui ci si interroga dalla notte dei tempi. Questa indagine, resa in forma di dialogo tra due studiosi di formazione, competenze e punti di vista assai diversi - di tipo scientifico Massimo Polidoro e di tipo filosofico Marco Vannini -, nasce dal desiderio di capire se esistano elementi sufficienti a sostegno della credenza in un possibile aldilà. Numerose sono le forme che ha assunto l'idea di una vita oltre la morte nelle varie culture: dall'aldilà dei faraoni egizi all'oltretomba scuro per gli antichi greci e romani, dal limbo in attesa di una resurrezione per gli ebrei alla visione di inferno e paradiso per cristiani e musulmani e, parallelamente, in Oriente, un aldilà visto come luogo di transito per anime che si reincarnano fino a raggiungere la pace o l'annullamento nel nirvana. Accanto a un'ampia e documentata ricostruzione storica, una parte significativa di queste pagine è dedicata all'analisi dello spiritismo e della parapsicologia, le cui pratiche - evocazione di fantasmi, tavolini che volano e messaggi spiritici - sono qualcosa di concreto, che è stato possibile indagare, ma dei quali ancora nessuno ha dimostrato il reale verificarsi al di là di ogni dubbio. Così come nessuno ha ancora potuto dimostrare che le visioni e i racconti di chi si trova in fin di vita siano orizzonti aperti sull'aldilà.
Esistenza, identità, persistenza, modalità, proprietà, casualità: articolati in sei sezioni tematiche, questo volume raccoglie i testi più significativi e influenti che la filosofia di orientamento analitico ha dedicato ai temi centrali della metafisica, da indiscutibili classici del pensiero novecentesco, come Moore, Russell, Carnap e Quine, ad autori più noti per i loro apporti nei campi della logica e della filosofia del linguaggio, come Davidson, Dummett, Putnam, Kripke e Lewis, fino alle voci più recenti e tuttora in prima linea nel dibattito filosofico internazionale.
"Le tribolazioni del filosofare" è il viaggio allegorico di un Poeta attraverso il buio inferno dell'intelletto, nella spirale dell'errore, alla ricerca di una via d'uscita dalla condizione di stallo e confusione diffusa nella quale sarebbe precipitato. Non sfuggiranno le affinità, sul piano dello stile come su quello dell'architettura complessiva, tra questo poema filosofico e l'"Inferno" di Dante: là Virgilio, qui Socrate; là i peccati, qui gli errori; là i golosi, gli iracondi, gli eretici, i traditori della patria o del partito, qui gli scettici, i dualisti, i realisti ingenui, i fedeli al linguaggio e ai miti facili. Le annotazioni dei curatori ricostruiscono analogie e divergenze con dovizia di dettagli, ma quale sia esattamente il nesso tra le due opere non è dato di sapere. Quel che è certo è che questa "comedia metaphysica" è una testimonianza autentica. È il poema di una vita. È il viaggio ispirato e ispiratore di chi appetisce all'Amore per la Sapienza e, prima ancora, alla purificazione dell'intelletto: quella purificazione liberatoria di cui in fin dei conti abbisogniamo tutti, anche noi, soprattutto noi, filosofi di nascita ma non di costumi, in questa buia contemporaneità.
Si è soliti identificare l'ontologia con quel ramo della filosofia che nasce dalla domanda: «Che cosa esiste?». E si è soliti precisare che questa domanda ammette due tipi di risposta. La prima risposta è facile, per non dire banale, e si può riassumere in un'unica parola: «Tutto». Ma asserire che "tutto esiste" è tautologico, cioè privo di contenuto, quindi privo d'interesse. Quando in filosofia ci si domanda che cosa esiste si mira piuttosto a fornire una caratterizzazione dettagliata di questo tutto, ossia a specificare quali entità vi rientrino, o almeno quali tipi di entità. Si mira, cioè, a redigere quello che si potrebbe chiamare un «inventario completo» del tutto. Questo ci porta al secondo tipo di risposta, in merito alla quale filosofi di orientamento diverso hanno manifestato opinioni anche molto divergenti. Il libro ricostruisce le posizioni principali, gli argomenti offerti a loro sostegno e le metodologie su cui riposano.
Il duello sconfinato tra chi aspira a conoscere e chi è ignorante. La massa predilige sempre di più l'ignoranza e se ne vanta beata, pur annegando; gli esseri conoscenti, rari, proseguono in un progresso costante e faticoso, escono dalla caverna platonica e vedono il sole. Con estrema ponderata levità, di questo tratta il volume: di un male che sta dominando e di un bene che si sta prosciugando, sia nel campo quotidiano, nonché umanistico, sia in quello scientifico. Un saggio che lascia solo intravedere le tante complessità delle tematiche che vi soggiacciono, nella sfera pubblica e in quella privata, e in quale senso pubblico e privato riescano a intrecciarsi inesorabilmente nel conscio e nell'inconscio.
Com'è possibile pensare insieme ad una scienza degli scienziati e alle scienze funzionali alla società nella cosiddetta "società della conoscenza"? Fino a che punto possono spingersi le aspirazioni dei politici nell'indirizzare la scienza in modo da farne il volano dell'economia, senza mettere a rischio gli equilibri propri di una razionalità che invece conserva il marchio di una creatività libera e visionaria? Il modello di società della conoscenza così come presentato dall'agenda di Lisbona 2000 rappresenta per l'Europa un valido modello di sviluppo? Questi i temi più rappresentativi trattati in questo volume che alcuni membri del gruppo di ricerca di MIRRORS, coordinati da Francesco Coniglione e facenti parte dell'Università di Catania insieme e di altre istituzioni internazionali, hanno individuato allo scopo di indagare per indagare le relazioni tra scienza e società dal punto di vista epistemologico e delle sua ricadute nella società della conoscenza.
Il Positivismo è stato lotta nei giudizi sulle filosofie e sui filosofi, nelle qualificazioni argomentative e semantiche; su certi modi di fare scienza e sugli scienziati. Ma fu anche la dimostrazione che ad entrambe le parti non mancarono argomenti validi per riformare le posizioni degli altri, difendendo strenuamente le proprie. Enrico De Michelis e Giuseppe Sergi rappresentano due realtà speculari che, non accontentandosi delle dogmatiche positivistiche, escono fuori dalle impostazioni predominanti orientandosi verso posizioni originali, rispettivamente sui temi della storia e dell'evoluzione darwiniana.