"La vecchia logica metteva il pensiero in catene; la nuova logica gli dà le ali". Così scriveva Russell nel 1914. È vero? La logica è in grado di mettere le ali al pensiero, di rendere straordinariamente chiare le nostre idee, di darci una particolare agilità di ragionamento? Questo breve libro, ricco di esercizi (tutti risolti), introduce gradualmente il lettore nel linguaggio della logica moderna. Con un'attenzione costante al ragionamento comune.
La caduta del Muro di Berlino venne descritta come la fine della Storia, la porta aperta verso un paradiso lastricato dal capitalismo. Ma che fine ha fatto questo paradiso? Lo vedete da qualche parte? La crisi globale produce da noi gli eterni precari, la tragica disoccupazione giovanile la demolizione del welfare, la gigantesca evasione fiscale, la crescita di povertà e disuguaglianza; altrove, decine di guerre, centinaia di milioni di schiavi (letteralmente schiavi, più che in qualsiasi altro periodo dell'umanità) e miliardi di sfruttati. Slavoj Zizek, secondo molti il più influente filosofo al mondo, non ha dubbi: è arrivate il momento di svelare le menzogne del capitalismo e di lavorare per superarlo. Ma come? Esaminando le caratteristiche della globalità capitalista, le costrizioni ideologiche entro cui ci dibattiamo ogni giorno, le ben magre prospettive che la persistenza del sistema lascerebbe all'umanità; esplorando le potenzialità e le trappole delle nuove lotte d'emancipazioni sparse per il mondo; sostenendo con forza che una fuoriuscita dal capitalismo si potrà avere solo attingendo all'ispirazione, storica e ideale, delle lotte comuniste, socialiste, comunitarie. È quanto fa in questo libro, immergendo nel fuoco dell'argomentazione materie così diverse come il Cangnam Style e Marx, la Thatcher e i film di Hollywood. "Problemi in paradiso" è dunque un'acuta (e godibile) analisi del mondo in cui viviamo e una felice prefigurazione di quello che, speriamo, verrà.
"Uno dei primi propositi di Nietzsche in questo libro è di liberare il VI secolo a.C., il secolo della sapienza primigenia e della proto-tragedia autentica e incorrotta (dunque il secolo della sapienza tragica), affinché da quell'epoca apparentemente remota si sprigionino quei lampeggiamenti di luce necessari per vedere o intuire la contemporaneità, la quale invece (come Hölderlin aveva insegnato) brancola nella notte esperia. Ecco perché Nietzsche decide di far ritorno, innanzitutto, ai prediletti presocratici, ai pensatori dell'enigma [...]. Ma, appunto, la philosophia non è ancora nata, nel VI secolo; sta per nascere, manca poco: l'avvento definitivo del logos si avrà ai tempi di Socrate e di Platone, che il mito condanneranno e dissolveranno, coinvolgendo di conseguenza anche l'arte in questa rimozione decisiva per la coscienza dell'Occidente" (Susanna Mati). Il primo tra gli importanti libri di Nietzsche, un testo rivoluzionario nella lettura del mondo classico, che lo impose fin da subito tra i grandi filosofi dell'Ottocento, in una nuova e puntuale traduzione e con un importante apparato critico.
Il saggio, del 1925, costituisce un'agile ed esaustiva introduzione ai temi dell'estetica di John Dewey, che troveranno sviluppo in "Arte come esperienza" (1934). I temi fondamentali dell'estetica di Dewey sono: il recupero dell'esperienza nell'arte; l'esteticità diffusa dell'esperienza ordinaria; il valore "vitale" dell'estetico; la relazione tra dimensione cognitiva e dimensione estetica dell'esperienza. Il saggio non offre solo un accesso immediato all'estetica di Dewey - oltre a essere l'unico suo saggio di estetica non disponibile in italiano: una prima traduzione degli anni '70 è da tempo fuori catalogo - ma è anche il saggio in cui Dewey pone maggiormente l'accento sull'intreccio tra strumentalità dell'agire umano e godimento estetico: ne emerge l'immagine di un soggetto che, mentre trae piacere dall'esperienza che fa, seleziona le competenze necessarie a una più stretta interazione con l'ambiente; parallelamente l'attività artistica è pensata come momento di apprendimento e di costruzione di modelli di conoscenza.
"Il linguaggio amoroso, 'altro linguaggio' [...:] attrito, frizione insopportabile che l'innamorato avverte tra il suo linguaggio amoroso (per lui: il linguaggio giusto) e ogni altro linguaggio: linguaggi costituiti dalla mondanità, dalla scienza, dalla moda, dalla generalità, avvertiti con orrore come artificiosità. [...] Artificiosità, sensazione della inversione del reale. Il mondano, lo scientifico, la generalità: falsa realtà. Veramente reale è l'Amore 'artificiosità'). Sensazione del soggetto innamorato: che l'Amore faccia vedere lucidamente la futilità, la vanità dei linguaggi non amorosi. L'Amore è mediatore di verità. Allargamento filosofico del sentimento amoroso. [...] Divergenza dei sistemi, l'altro linguaggio rinvia alla divergenza dei campi, dei sistemi. Due sistemi divergenti: l'Amoroso e il Mondano. Ogni accavallamento è intollerabile. Quindi: la nudità della relazione col mondo (di esclusione, di separazione). Ma la separazione (che è di fatto una valutazione) incontra codici culturali che l'alimentano e le servono da alibi. [...] All'innamorato in rottura con la mondanità, la socievolezza, la generalità, la conformità corrisponde un'estetica della dissimmetria, dell'inversione, dell'asindeto, della irregolarità. È almeno così che il soggetto innamorato si dice". Roland Barthes, 'Figura 8: Altro linguaggio', Seminario, 30 gennaio 1975
Un fatto è certo. Il panopticon esiste, ed è il web: un panopticon singolare, cieco, e con al posto di controllo non un essere umano ma una memoria infinita, e con un sapere che è essenzialmente burocratico. Tutto questo urta frontalmente con quanto ci era stato detto all'apparire del web, e cioè che i nuovi media avrebbero portato emancipazione, e tendenzialmente una riduzione del lavoro. Per quello che abbiamo visto sin qui, il web non è emancipazione ma mobilitazione. Non si limita a fornire ai suoi utenti nuove possibilità informative ed espressive; diviene lo strumento di trasmissione di responsabilità e ordini finalizzati al compimento di azioni. Trasformando ogni contatto in una richiesta che esige una risposta individuale, il web è un grande apparato su cui non tramonta mai il sole, in cui si lavora senza neppure sapere di stare lavorando. La risposta fondamentale che vuole il web è quella suggerita dallo smartphone quando si digita la s: "Sto arrivando!".
«Il rapporto fra comunismo e Cristianesimo non è puramente culturale, ma ha un significato costitutivo per la coscienza contemporanea, perché indica l’alternativa fondamentale rispetto al significato dell’essere stesso dell’uomo: è la conclusione della truffa colossale aperta dal pensiero moderno di cui il materialismo dialettico è stato l’esecutore spietato ed è insieme la vittima di un’atmosfera infetta di germi mortali ch’esso stesso ha potenziati e diffonde nell’aria. L’impeto perciò col quale il comunismo marxista si è scatenato nel mondo rappresenta una forma di giudizio storico che deve chiarire il significato decisivo dell’alternativa radicale fra materia e spirito, fra immanenza e trascendenza, fra laicismo e Cristianesimo…». (Cornelio Fabro)
Il contributo di una quarantina di autori di fama internazionale confluito in questo volume in onore di Giovanni Reale, ciascuno con il suo tema e il suo punto di vista, dimostra quanto fosse efficace l'esempio di libertà di ricerca che Reale offriva alla comunità scientifica. Il fatto che i vari interventi siano per lo più concentrati su argomenti aristotelici e platonici riflette il medesimo percorso che ha seguito il Maestro, che tanto impegno ha profuso su questi temi fondamentali. I contributi sul pensiero cristiano, caratterizzanti le sue ultime opere, vedono proprio in esso e nello spirito della patristica l'esito del pensiero classico per effetto di una costante, ma sempre discreta, ispirazione apologetica. Infine la circostanza che tutti i contributori siano riuniti proprio in queste pagine dipende dalla inconfondibile e coinvolgente passione per la ricerca di Giovanni Reale, irresistibile dispensatore di entusiasmo.
Per circa due secoli, un intero filone di ricerche intellettuali, sia sincere sia propagandistiche, ha cercato di convincerci degli errori, delle colpe e infine dell'insignificanza del cristianesimo. Oggi queste ricerche hanno esaurito la loro spinta iniziale: l'ateismo è morto di morte naturale. È morto perché non è riuscito, nonostante l'abbondante tempo a disposizione, a portare a compimento il programma di ricerca che si era assegnato. L'ateismo è morto, insomma, perché non ha saputo proporre una visione filosofica alternativa di un qualche valore e che offra un senso all'esistenza umana. È probabile che, nella sua caduta, l'ateismo trascinerà con sé anche il nichilismo, altro triste prodotto della cultura europea degli ultimi secoli. Nel silenzio dell'ateismo contemporaneo, la voce del cristianesimo torna a farsi sentire e diventa di nuovo la grande impresa intellettuale della nostra epoca.
Il liberalismo è un'idea controversa: la parola (nel suo significato attuale) è entrata nel linguaggio politico solo nella prima metà dell'Ottocento; inoltre ci sono state diverse correnti di pensiero liberale. In questo libro Bedeschi sviluppa un'ampia indagine storico-dottrinale: approfondisce in primo luogo i presupposti sociali e culturali del liberalismo (in autori come Locke, Montesquieu, Smith, Kant, Humboldt); espone e discute il liberalismo francese nell'età della Restaurazione (i "dottrinari", Constant); approfondisce il rapporto fra liberalismo e democrazia in Tocqueville e in Mill; esamina i grandi pensatori liberali del Novecento (Kelsen, Croce, Popper, von Hayek, Aron). Ne esce un quadro assai variegato e complesso, che evidenzia sia le peculiarità dei singoli pensatori liberali, sia il loro convergere su alcuni motivi di fondo, che sono ancora al centro della nostra cultura politica.
Questo corso, tenuto a Marburg nel semestre invernale 1925-26, è una tappa importante sul cammino che porta a Essere e tempo perché per la prima volta l'interlocutore dell'atteggiamento fenomenologico adottato da Heidegger non è più un pensatore antico: verso la metà del corso Aristotele è abbandonato a favore di Kant. La verità che alla logica è chiesto di cercare, il più delle volte, resta nascosta. La verità stessa è affidata a un logos preliminare, mentre le vie traverse della "rappresentazione" sembrano piegare in direzioni diverse. La logica può procedere in modo filosofico ed essere davvero philosophierende Logik solo se cerca di accedere alle "cose stesse". Così, le strutture fondamentali dell'esistenza umana, intese come essere-nel-mondo, sono indagate per cogliere i momenti cruciali in cui la tradizione filosofica finisce per separare il pensiero dalla realtà, senza mai tematizzare quel che ne sta alla base. La scoperta kantiana del nesso di "io penso" e "tempo" diventa la chiave di volta della storia del pensiero. La funzione assegnata al tempo nella determinazione kantiana di una logica trascendentale ha dunque portato l'attenzione sulla ristrettezza del limite tradizionalmente assegnato alla logica e ha spinto a vedere in "ciò che è logico" un comportamento umano che il tempo può mutare.
Nella Filosofia, la grande opera in tre volumi che è il capolavoro di Jaspers, l'"orientazione filosofica del mondo" e la "chiarificazione dell'esistenza" sono le tappe che precedono e conducono a quella "metafisica" che ne raccoglie il senso ultimo. Dell'intera opera presentiamo l'Introduzione generale e il terzo volume, che è, appunto, la Metafisica. Con questa parola non si deve intendere un "sapere oggettivo" in grado di pronunciarsi sui problemi ultimi che trascendono il piano dell'esperienza, ma l'"esigenza incondizionata" che spinge l'uomo oltre il piano del noto e di ciò che è scientificamente provato. In tal senso la metafisica non è più dottrina, ma la natura stessa dell'uomo: essa non è più quella "sophia" in cui si riassume un presunto sapere del mondo, dell'anima, di Dio, ma è quella "philosophia" che, come vuole l'etimo, non sa ma ama, non possiede ma cerca il senso di ciò che sempre sfugge come ogni oggetto d'amore.