Il volume presenta al lettore italiano il pensiero del teologo anglicano John Milbank (Londra, 1952), fondatore del movimento teologico Radical Orthodoxy. Critico del pensiero secolare 'inventato' nel corso della modernità occidentale e sviluppato in senso nichilistico dall'attuale pensiero postmoderno, Milbank mostra come la fecondità dell'intelligenza della fede cristiana possa chiarire molti dei nodi determinanti l'attuale decadenza culturale e sociale. Egli propone di pensare la condizione attuale come un tempo opportuno per rilanciare il Cristianesimo come risposta alle conseguenze disgregatrici e violente prodotte dalla modernità sorta da alcune premesse infelici originate dalla stessa teologia tardo-medievale. Un esempio adatto a illustrare quest'analisi del decorso del pensiero occidentale è costituito dall'interpretazione del tema della donazione, sia rispetto all'odierno dominio dello scambio mercantile, sia quanto alle più significative teorie filosofiche sul dono. Dalla brillante e profonda analisi milbankiana emerge un'alternativa ecclesiale e sociale all'attuale plesso liberal-capitalistico che, sotto il nome di socialismo per grazia, apre la riflessione al di là degli steccati imposti dal pensiero unico. Prefazione di PierAngelo Sequeri.
In un indimenticato film di fantascienza degli anni Sessanta, Viaggio allucinante, un manipolo di scienziati-eroi, sottoposto a un processo di miniaturizzazione che lo riduce a dimensioni microscopiche, intraprende un periglioso viaggio, a bordo di un sottomarino, all'interno di un corpo umano vivente. Qualcosa di simile ci offre questo libro di González-Crussí. E non sarà solo un percorso attraverso i mondi strabilianti della nostra anatomia, ma anche un itinerario, fitto di sorprese, nella storia della cultura - tra medicina e filosofia, letteratura e psicologia -, accompagnati da un autore capace di regalarci a ogni passo aneddoti irresistibili (Spallanzani che per dimostrare la validità delle proprie teorie sui succhi gastrici ricorre all'empirismo più radicale: ficcandosi due dita in gola), racconti ai limiti dell'incredibile (il rude trapper che, quasi sventrato da un colpo di fucile, diventa una preziosissima cavia per l'indagine diretta del processo digestivo), osservazioni sul filo dell'ironia (per almeno cinque secoli i teologi si arrovellarono intorno a questo dilemma: quando il Cristo incarnato assunse la natura umana, proprio tutte le funzioni corporali divennero attributo della divina persona?).
"Il messaggio che viene trasmesso fin dalla più tenera età è che siamo troppo fragili per affrontare le difficoltà della vita e che è possibile al massimo limitare i danni, facendosi curare. È il paradosso del salutismo, che ha creato nuove forme di dipendenza: più ci si sottopone a cure e controlli, peggio si continua a stare." La nostra cultura è sempre più sensibile al tema della salute, fino all'ossessione. Una ossessione alla base del suo attuale disagio di vivere: più ci si cura e più ci si scopre fragili, ansiosi, impauriti. Da qui la tendenza a esasperare l'aspetto malato delle persone, non solo nell'ambito della salute mentale ma nei contesti più diversi della vita, come la politica, le relazioni affettive, l'educazione. Con effetti devastanti. Nel libro si presentano le molteplici sfaccettature di questa preoccupante novità del nostro tempo, cercando di risalire alle sue radici culturali. La salute a tutti i costi ha comportato un grave impoverimento culturale e spirituale che sta lentamente spegnendo il gusto di vivere dell'uomo occidentale.
Oggi l'impegno religioso suscita spesso diffidenza se non ostracismo. Robert Audi mostra invece, in modo filosoficamente rigoroso, come possa risultare razionale e individua il posto della fede nel mondo postmoderno. L'impegno religioso è visto non solo come l'abbracciare una serie di principi quanto piuttosto come un tipo di vita, intimamente legato alla dimensione morale, politica ed estetica dell'esistenza. L'autore presenta un resoconto della razionalità quale condizione raggiungibile da persone religiosamente mature, compresi coloro che hanno uno spiccato atteggiamento scientifico. Illustra poi che cosa significhi avere fede e in che modo la fede sia legata a emozioni e comportamenti. Si delineano i contorni dell'impegno religioso, dell'obbligo morale e del rapporto tra religione e politica. Si mostra come l'etica e la religione possano mutualmente sostenersi e si tracciano i contorni di un'esistenza equilibrata, con interazioni gratificanti tra fede e ragione, religione e scienza, dimensione estetica e dimensione spirituale.
A dieci anni dalla morte del grande filosofo francese, questo volume tocca una delle questioni che più hanno occupato la sua riflessione negli ultimi anni di vita: l'eredità culturale ebraica nel rapporto con l'Occidente. Nelle tre interviste qui pubblicate, Derrida prende posizione nei grandi dibattiti del nostro tempo indagando temi specifici: la sfida della giustizia, il dovere del perdono e quello della memoria, l'ordine mondiale e le superpotenze, il confronto inquietante con l'Altro. A partire dalla circoncisione (patto di alleanza, marchio degli eletti, ma anche incisione, segno, separazione, e in quanto tale atto linguistico) Derrida riflette sull'essenza conoscitiva dell'ebraismo e sulle questioni che l'eredità culturale ebraica pone a tutto l'Occidente. Nelle pieghe di un discorso sottile ma sempre vivacemente militante, le parole-chiave della riflessione civile e morale vengono ricondotte da Derrida alla loro radice storica. Liberate dalle secche della banalità attraverso il loro potenziale di polisemia, di ambiguità e di mistero, le grandi parole d'ordine tornano qui a offrire conoscenza e risposte che stimolano a pensare fuori dai luoghi comuni.
Fin dal suo primo apparire, "La vita intellettuale" di Antonin-Dalmace Sertillanges O.P. ha nutrito generazioni di giovani che hanno intrapreso il cammino della ricerca e dello studio. L'opera conserva intatta la forza della sua proposta. Invita giovani e meno giovani ad essere autenticamente se stessi, a far germogliare e a mettere a frutto le proprie energie migliori, intellettuali e morali. Per poter essere creativi, afferma l'autore, occorre un distacco dal quotidiano, dalle esigenze particolaristiche dell'io, occorre essere costanti, pazienti e perseveranti, non tralasciare il lavoro arrendendosi di fronte alle difficoltà, ma neppure tentare imprese superiori alle proprie forze; non isolarsi completamente, sapersi riposare, accettare le prove, gustare le gioie, prevedere i frutti. Il volume rappresenta quasi una regola per l'esercizio dell'intelligenza, ma anche un breve trattato sulla spiritualità dello studioso. A lui si richiedono: umiltà e fermezza, rigore e consapevolezza dei propri limiti, generosità ma anche equilibrio, solitudine ma non isolamento, gioia intellettuale e senso del mistero. Introduzione di Armando Rigobello.
La vita inevitabilmente ci porta sempre di fronte a nuove situazioni problematiche che coinvolgono le nostre scelte, i nostri sentimenti, le nostre aspirazioni, il nostro tempo interiore.
L'uomo è davvero un "animale politico" come lo definiva Aristotele? Esistono dei vincoli naturali nei modi di governare degli animali sociali? E se ciò fosse vero, che ruolo svolgono nella crisi che stiamo vivendo? A partire da una critica dell'ingegneria politica di Platone, il libro delinea una biopolitica alternativa fondata sui regolatori naturalistici dell'evoluzione: il linguaggio, la riproduzione e le migrazioni. L'autore mostra come qualsiasi organizzazione politica degli animali sociali non dipenda dalla trasmissione ereditaria dei "buoni geni", ma dall'insieme delle relazioni speciali che si instaurano per massimizzare la cooperazione sociale e l'intelligenza ecologica.
I filosofi cosiddetti dialogici, pur nelle differenze con cui si presentano, hanno in comune il concetto di parola e la relazione con un Tu. La preghiera, come interpellanza, è una particolare parola che consente uno straordinario dialogo personale con Dio: in quanto relazione tra l'io umano e il Tu divino, la preghiera può pertanto considerarsi una cifra peculiare della filosofia dialogica. Seguendone le tracce attraverso pensatori eterogenei - da Rosenzweig e Levinas a Weil e Zambrano, da Picard, Buber, Ebner a Guardini il volume cerca di ricomporre i molteplici significati che la preghiera come evento dialogico assume. Una lente sotto la quale è possibile cogliere l'essenza dialogica dell'uomo, e con ciò la sua stessa apertura sull'infinito.
Il pentimento non è il semplice rifiuto di ciò che si è stati, ma è la volontà determinata ad essere diversi, a individuare la profondità delle proprie colpe e a liberarsi da esse per rinascere a nuova vita. Nelle pagine di questo libro, pubblicate nel 1921 all'interno della sua opera "L'eterno nell'uomo", il filosofo Max Scheler analizza lo spontaneo emergere del senso di colpa che segue gli effetti negativi delle azioni di cui siamo praticamente e moralmente responsabili. Pentirsi significa riconoscere la colpa come propria e, così facendo, elevarsi al di sopra dell'errore compiuto e predisporsi a futuri comportamenti virtuosi. L'autentico pentimento si rivela allora una delle vie più complesse, e spesso dolorose, che mettono in relazione la finitezza della nostra persona umana con l'infinita misericordia divina. Nonostante il riferimento dichiarato alla dottrina cattolica, la riflessione di Scheler supera l'orizzonte confessionale e afferma la possibilità, non potendo eliminare il male, di superarlo volta per volta attraverso l'incessante lavoro su noi stessi. Introduzione di Angela Ales Bello.
La trama logica dell'essere": espressione che può sembrare paradossale se consideriamo che si tratta di un autore noto per la sua radicale critica dell'ontologia. La tesi del presente lavoro intende tuttavia interrogare questa rimessa in questione dell'ontologia o meglio della differenza ontico-ontologica. La radicalità della critica impegna in qualcosa come una contro-ontologia, come una nuova "ontologia fondamentale", legata alle seguenti domande: Su quale "ente esemplare" leggere "il senso dell'essere"? Come definire la relazione dell'esistente, con l'essere, l'ente, gli enti, il mondo, Dio &? I primi capitoli si sforzano di prendere sul serio l'ipotesi di un'altra ontologia, di un'altra "fenomenologia materiale", o ancora dell'abbozzo del motivo della traccia e della diacronia. La seconda parte dell'opera non abbandona del tutto le acque levinassiane. Innanzitutto perché si fa carico del rischio di una esplorazione della dimensione teologica e politica di questo pensiero, e poi perché, anche quando si dirige verso Schelling, Rosenzweig o Benjamin, sono ancora dei temi legati alla temporalità e alle sue stratificazioni che sempre attraggono il nostro proposito.
Invecchiare è disdicevole, morire inaccettabile. La morte è diventata un pensiero da respingere, la medicina ha il dovere di annientarla. Come un nemico, quello più tremendo. Il senso di sconfitta verso la fine diventa allora insopportabile. Il libro di Marina Sozzi aiuta a toglierci questo peso, a rendere più leggera la vita, ripensando e accettando la morte come un evento naturale, che ci appartiene. Abbiamo "diritto" a morire bene e come vogliamo, ad alleviare il dolore fisico nostro e degli altri, contrastando la paura del distacco, accettando di essere fragili senza soffrirne. Anzi, con la consapevolezza che la ricetta principale della felicità risiede proprio nell'accettazione della fine, che rende unico ogni singolo attimo.