In Italia (e altrove) il pensiero etico-politico, antropologico ed estetico di J. Maritain ha lasciato un segno ed è tuttora presente. Diversamente è accaduto per la sua poderosa ricerca teoretica, rimasta un tesoro nascosto, dove si collocano metafisica, ontologia, gnoseologia, integrazione tra i saperi, filosofia della natura. La svolta postmetafisica di larga parte della filosofia novecentesca ha rotto ogni ponte con la grande tradizione della filosofia dell'essere. Consapevole di questo esito, Maritain sostiene che il ciclo dell'autofondazione della filosofia moderna uscita dal cogito, si è chiuso con uno scacco irrimediabile. È necessaria una nuova partenza speculativa. Il volume esplora i nuclei primari del suo pensiero metafisico per mostrarne le virtualità e le potenzialità inespresse. Smitizzando il refrain sul nesso tra metafisica e violenza, ed esaminando le omissioni dell'odierna postmetafisica e del suo angusto antropocentrismo, si rilancia un pensiero cosmico-realista che illumina la posizione dell'uomo nell'essere e la sua apertura all'Infinito.
Octavius è un'apologia del cristianesimo in lingua latina. È l'unica opera pervenuta di Minucio Felice, avvocato di origine africana operante a Roma fra II e III sec. d.C., quando i cristiani rappresentano ancora una novità agli occhi del mondo pagano. La forma è quella del dialogo ciceroniano: tre amici - il narratore, Minucio stesso; il cristiano Ottavio; e il pagano Cecilio - camminano sul lido di Ostia parlando del senso dell'esistenza. La buona novella portata da Ottavio giunge inaspettata e in quanto tale inizialmente anche incomprensibile: è come pioggia nel deserto.
L'Occidente ha due radici: il mondo greco e la tradizione giudaico-cristiana. Per quanto dischiudano orizzonti completamente diversi, entrambi descrivono un mondo dotato di ordine e stabilità. Ma noi viviamo nell'età della tecnica. È finito l'incanto del mondo tipico degli antichi. È finito anche il disincanto dei moderni, che ancora agivano secondo un orizzonte di senso e un fine. La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela la verità: la tecnica funziona. L'etica, come forma dell'agire in vista di fini, celebra la sua impotenza. Il mondo è ora regolato dal fare come pura produzione di risultati. L'unica etica possibile, scrive Umberto Galimberti, è quella del viandante. A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta. Il suo percorso nomade, tutt'altro che un'anarchica erranza, si fa carico dell'assenza di uno scopo. Il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l'intenzione di trovare qualcosa, la casa, la patria, l'amore, la verità, la salvezza. Cammina per non perdere le figure del paesaggio. E così scopre il vuoto della legge e il sonno della politica, ancora incuranti dell'unica condizione comune all'umanità: come l'Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono uomini di frontiera. Oggi l'uomo sa di non essere al centro. L'etica del viandante si oppone all'etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello di civiltà e mette in evidenza che la sua diffusione in tutto il pianeta equivale alla fine della biosfera. L'umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro. Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene alla natura. Così ci guida Galimberti: "L'etica del viandante avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora".
L'etica della dignità, utilizzata da Triki per rispondere alla sfida della presente mondializzazione, si propone di sostituire a una politica fondata sulla formazione di individui asociali una politica basata invece sulla convivialità, che diventa produzione di felicità e struttura fondamentale dell'esistenza democratica contro ogni tendenza all'«ipercapitalismo». L'etica della dignità serve a condividere un desiderio filosofico comune: passare dall'individualismo ad una condizione di solidarietà, libertà e uguaglianza per costruire una cultura universale di giustizia sociale.
Evitando gli scogli della lettura ideologica dei filosofi, o, all'opposto, della mera riproduzione fotografica di alcune tesi di ciascuno di essi, questa Storia della filosofia si caratterizza per tre ragioni. Essa fa sorgere il pensiero dei singoli filosofi dal dialogo con le altre voci culturali, ivi comprese molte minori, non sempre adeguatamente considerate da opere analoghe; espone in modo serrato, eliminando decisamente ogni inessenzialità; si pone così, ad un tempo, come rigorosa esposizione ed interpretazione. Una storia della filosofia diventata un modello per la chiarezza e l'essenzialità nell'esposizione, il rigore nel riferimento costante alle fonti, la capacità di mettere a confronto il pensiero dei filosofi con le altre espressioni culturali della loro epoca. In questo volume, lo sviluppo del pensiero filosofico dell'età contemporanea, dal primo Ottocento alle grandi scuole del Novecento.
Dj Fabo, Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Federico Carboni e tanti altri: puntualmente la cronaca e il grande lavoro degli attivisti arrivano a svegliarci dal torpore, ricordandoci l'urgenza di un tema ancora tabù in Italia, quello dell'eutanasia e del suicidio assistito. Per quanto i singoli casi emblematici catturino sul momento l'interesse del pubblico e degli studiosi, è difficile che il dibattito porti a una visione profonda e complessiva delle tematiche del fine vita. Anche perché la frontiera del discorso si sposta di continuo, includendo tematiche controverse ma estremamente attuali: per esempio, le questioni connesse alla stanchezza di vivere degli anziani e alle loro sofferenze, generate non solo da patologie di matrice fisica, ma anche vicissitudini di tipo esistenziale. Giovanni Fornero, filosofo ed esperto di questioni bioetiche, si immerge filosoficamente nel tema dell'autodisponibilità esistenziale: la facoltà di un individuo di disporre della propria vita comprende o meno anche Il diritto di andarsene? E fino a dove questo diritto può spingersi? A ben vedere, sono interrogativi di fondo della filosofia, che interessarono pensatori di tutte le epoche, da Seneca, difensore della possibilità di optare per la morte, a Hume - che in Sul suicidio riprese la dottrina di Seneca contrapponendosi alla tradizionale tesi di Kant secondo cui «ciascuno è tenuto a conservare se stesso». La riappropriazione completa della propria esistenza, e quindi anche della morte, fu poi teorizzata da Nietzsche: «Muori al momento giusto: così insegna Zarathustra». Muovendosi non solo su un piano etico e bioetico, ma anche giuridico e biogiuridico, "Il diritto di andarsene" ricostruisce il complesso dibattito sul tema in una ricerca interdisciplinare e documentata, e allo stesso tempo di grande chiarezza divulgativa. Nel dialogo tra etica e diritto, Fornero dimostra come alla base delle norme giuridiche che regolano la nostra società ci siano spesso principi filosofici, in un'idea della filosofia come attività intellettuale che deve occuparsi non solo del presente, ma anche e soprattutto del futuro. Prefazione di Marco Cappato.
"Usiamo dunque questo discorso che ci si dischiude adesso come una guida, ché esso ci indica che questo è il modo migliore di vivere: sia vivere che morire esercitando la giustizia così come ogni altra virtù". Il Gorgia è un dialogo straordinariamente ricco, che intreccia in maniera filosoficamente originale temi fondamentali quali la retorica, la morale, la politica, la felicità e il destino dell'uomo. La profonda critica della retorica che Platone affida al personaggio di Socrate, anche una critica alla democrazia ateniese, nonché a a un modo di vivere, di comunicare e di stare insieme fondato sulla persuasione strumentale degli altri all'insegna di un'etica del successo, entro cui gli individui sono sedotti dalle apparenze e vivono una vita inautentica e immorale; a siffatto modello politico ed esistenziale, propugnato da retori come Gorgia Polo, e accolto in Città da ciniche e ambiziose figure come Callicle, che teorizza il diritto del più forte prevaricare sui più deboli, Socrate contrappone un modo di vivere "filosofico", all'insegna della ricerca della verità, dell'esercizio della giustizia e della comunicazione autentica, sincera sempre orientata al bene degli altri. Il confronto tra i due modi stare al mondo è rappresentato in modo drammaticamente efficace, entro conversazioni particolarmente violente fra Socrate e i suoi avversari, in un clima fosco e conflittuale e con una comunicazione aggressiva, densa di tensione, che ben restituisce la rilevanza della posta in gioco e rappresenta plasticamente la crisi sociale e morale della democrazia ateniese degenerata in demagogia.
"Individuare una forma di associazione che difensa e protegga tramite la forza comune la persona e i beni di ciascun associato e attraverso la quale ognuno, unendosi agli altri non obbedisca purtuttavia che a se stesso e rimanga libero come prima. Ecco il problema fondamentale cui il contratto sociale offre la soluzione". La lunga riflessione circa la corruzione della società, il cui progresso è secondo l'autore fonte di degrado della natura umana, sfocia nel Contratto come rimedio a quel male ingenerato dalla società medesima. Tale rimedio non consiste nel ritorno a uno stato di natura ormai perduto in cui gli uomini erano ugualmente liberi, bensì nella riforma dei principi che fondano e ispirano l'associazione etico-politica tra gli stessi. La carica innovativa de Il Contratto sociale è proprio da cercarsi in questa rottura netta rispetto al passato.
L'esperienza della pandemia ci ha rivelato un mondo sconosciuto, diverso da quello che credevamo possibile. In questo nuovo mondo ci siamo sentiti parte di una società planetaria, sempre più unita e interconnessa, ma al tempo stesso frastagliata, minacciata dal disastro ecologico, percorsa da diseguaglianze che continuano a inasprirsi. È da questo senso di smarrimento percettivo che muove Judith Butler, per riflettere sulla nostra condizione di interdipendenza e ripensare i concetti che guidano il nostro agire etico e politico. Se non possiamo più dubitare che la nostra esistenza sia legata all'ambiente che ci circonda, a venir meno è allora l'idea liberale dell'individuo chiuso in se stesso, fondata sull'interesse personale e sulla proprietà privata. È la vita umana a essere messa a nudo, una vita colta nel suo intreccio inestricabile con tutte le altre forme viventi e con il pianeta, nell'urgenza, ormai ineludibile, di lottare contro la distruzione ambientale e di ricreare insieme un mondo abitabile.
Il volume propone una nuova coniugazione tra ricerca spirituale e prassi politica. L'intera storia moderna viene riletta alla luce delle radici giudaico-cristiane e con l'obiettivo di rilanciare la potenza originaria della speranza messianica, cioè della speranza di un Regno di pace, di giustizia e di libertà. Il libro contiene la Carta della Nuova Umanità, un documento presentato il 25 marzo 2023 all'Università Pontificia Salesiana e che può essere sottoscritto da quanti avvertono i pericoli dell'attuale visione antropologica materialistica.
C'è un collegamento tra l'intelligenza digitale e il rispecchiamento emotivo, soprattutto quando ci si relaziona attraverso i canali Social, e in modo particolare quando ci si imbatte nell'hate speech. Questa è una ricerca svolta nel campo dell'educazione digitale e della pedagogia applicata alle neuroscienze. Un libro utile per il corpo docente (insegnanti di materia e di sostegno), per gli educatori, per chi si occupa di percorsi di media education e per i genitori di bambini e ragazzi che hanno a che fare quotidianamente con la comunicazione digitale attraverso i devices.
I grammatici antichi cominciavano dalla voce la loro trattazione del linguaggio, distinguendo con cura la voce confusa degli animali il nitrito dei cavalli, l'urlo rabbioso dei cani, il ruggito delle fiere e il sibilo del serpente, dalla voce articolata degli uomini. L'antropogenesi, il diventar umano del vivente uomo coincide cioè con un'operazione sulla voce, che la rende significante, trasformando il verso espressivo dell'animale in uno strumento impareggiabile di dominio e di conoscenza. Ma che cos'è una voce articolata? Attraverso una paziente indagine archeologica, il libro ricostruisce il senso e le modalità di questa articolazione della voce, interrogando la funzione che in essa ha svolto l'invenzione della scrittura e revocando innanzitutto in questione il rapporto fra voce e linguaggio, fra il nome e il discorso, fra chiamare e significare. Situare il linguaggio nella voce significa, infatti, articolare insieme non soltanto il suono e il senso, ma anche il vivente e il parlante, il corpo e la mente, la natura e la storia. La riflessione sulla voce è allora inseparabile da una riflessione sulla natura umana e costituisce in questo senso un problema essenzialmente politico, perché in esso ne va ogni volta della decisione di ciò che è umano e di ciò che non lo è.