Cosa ci vorrà mai a prendersi cura di un appartamento di lusso? Basta lasciar fare alla domestica, non giocherellare coi tasti del pianoforte a coda, non sfondare i divani in pelle nera, non sporcare le pareti color bianco ghiaccio e attenersi alle istruzioni. Sì, perché il padrone di casa Oskar, famoso compositore minimalista e poliglotta, amante del design e della semplicità che costa un occhio, impegnato a Los Angeles con gli avvocati della moglie sul piede di guerra, non solo ha affidato la sua elegante casa, situata in una città dell'Europa dell'Est, a un vecchio amico di università e aspirante scrittore, "inesorabilmente, illecitamente bloccato" al primo romanzo, ma gli ha lasciato anche biglietti, noticine e istruzioni per ogni situazione possibile. Tuttavia, quando l'ospite, dopo una serata trascorsa in un locale di lap dance in compagnia di una ragazza coi capelli color ambra e microscopica minigonna di pvc o lattice, torna a casa ubriaco e si accascia sul letto trascurando i gatti, quasi come si fosse innescata un'antica maledizione, tutto precipita verso la catastrofe: il prezioso parquet in quercia francese si macchia in una maniera orribile; uno dei due gatti tira le cuoia, stecchito sotto il peso del coperchio del pianoforte; la donna delle pulizie stramazza al suolo nella cucina tutta vetro e acciaio; e così via fino al sorprendente, inaspettato colpo di scena finale.
Settembre 1810. Determinato a conquistare il Portogallo, Napoleone manda il proprio esercito oltre la frontiera spagnola. L'ultima cosa che i francesi si aspettano di trovare è un territorio depredato e spoglio: l'esercito britannico, infatti, alleato dei portoghesi, oppone un'ostinata resistenza, mirando a fare terra bruciata per affamare il nemico e, dopo averlo trascinato a ridosso di Lisbona, infliggergli la sconfitta definitiva presso l'inespugnabile linea di difesa di Torres Vedras, ideata dal generale Wellington. Per Richard Sharpe, valoroso capitano della compagnia South Essex, la situazione è più che mai difficile: non solo deve tener testa ai soldati francesi, ma anche guardarsi dalle trame del proprio colonnello, intenzionato a favorire la carriera militare di un ufficiale incompetente, che vanta importanti legami familiari. Il capitano è così obbligato a cedere a quest'ultimo il comando della compagnia in vista dell'imminente battaglia... Ma anche fuori dall'esercito le cose non vanno meglio: Sharpe deve vedersela con due fratelli portoghesi corrotti, che hanno intessuto una subdola trama per arricchirsi... A Sharpe, prigioniero dei due traditori, non resta che tentare una fuga rocambolesca per raggiungere il teatro della battaglia...
Maugham era un formidabile conoscitore della vita mondana - e di quella sua provincia che è la vita letteraria. Da entrambe trasse materiali preziosi e inesauribili per i suoi racconti, come dimostrano quelli qui riuniti. Di entrambe seppe riconoscere, con lucidità stupefacente, che esigevano una dura, quasi militare disciplina ed erano fondate su una ubiqua malevolenza. La più scintillante commedia poteva facilmente precipitare in dramma. O nasconderlo. Di queste commedie e di questi drammi Maugham fu il magistrale, sarcastico e penetrante cronista. Esemplarmente nel racconto che dà il titolo a questo libro, dove si scoprirà come l'"impulso creativo" possa anche avere origine dalla fuga, con la cuoca di casa, del docile marito di una prestigiosa autrice, celebrata per i suoi punti e virgola.
Maria ha undici anni, è figlia unica e vive in un mondo tutto suo. Saggia e sensibile, non si sente molto a suo agio con i grandi, in genere preferisce parlare con le cose, gli animali o le piante. È tempo di vacanze estive e la casa vittoriana sul mare, nel Dorset, che i genitori hanno affittato per qualche settimana, l'affascina moltissimo. E ancora di più la colpisce la storia che le racconta la padrona di casa, quella di Harriet, una bambina vissuta lì intorno alla metà dell'Ottocento. Maria trova alcune tracce lasciate dalla bambina: disegni di fossili in un libro e un imparaticcio ricamato quando aveva dieci anni. Però, perché tra le tante foto disseminate per la casa non ce ne sono di Harriet da adulta? Che cosa può esserle successo? Il destino di Harriet diventa così un'ossessione per Maria, sospesa fra la suggestione del luogo e gli strani segnali che percepisce (il cigolio di un'altalena, i guaiti di un cane misterioso che sente solo lei...) Ma anche il presente le riserva qualche sorpresa: conosce un ragazzino, Martin, come lei in vacanza a Lyme Regis. Insieme vivono avventure che hanno il sapore dolce ed eccitante delle prime scoperte, e come spesso accade in certe estati speciali, Maria finisce per accorgersi che qualcosa dentro di lei sta cambiando, che i suoi fantasmi stanno per lasciarla...
In questo romanzo W. Somerset Maugham mette in scena, come sempre o quasi, se stesso, ma stavolta nella doppia veste di Strickland, un agente di cambio che per amore della pittura lascia il solido mondo della City per quello assai meno rassicurante di Parigi prima e di Tahiti poi, distruggendo lungo il cammino la vita di due donne, e del suo involontario biografo, un giovane deciso a indagare sugli oscuri, brutali, inaccettabili moventi di ogni vero artista. Celebre per decenni soprattutto come evocazione di Paul Gauguin, questo romanzo oggi ci appare finalmente per quello che è: un'inchiesta conturbante sull'attrazione fisica e totale per il bello, enigma "che in comune con l'universo ha il merito di essere senza risposta".
"Avevo quattro anni e stavo sgranando piselli nell'orto vicino a casa. È uno dei primi ricordi che ho di me stessa. Una mano mi afferra, mi schiaccia uno straccio sulla bocca e il cielo diventa nero. Poi i miei rapitori mi hanno abbandonato nella giungla colombiana. Rammento rumori terrificanti tutto intorno e la sensazione di soffocare, con tutta quella vegetazione che mi sovrastava. Cercavo la strada di casa, mi sentivo intontita, spaventata e affamata. A un tratto mi sono vista circondata da un branco di scimmie. Mi hanno accolta e per cinque anni ho vissuto con loro. Fino a quando due cacciatori mi hanno trovata. Ho conosciuto così tanta cattiveria da allora che mille volte ho rimpianto quel giorno. Mi ci sono voluti anni per ritrovare la strada, una qualunque strada, che mi portasse alla libertà."
Marya, giovane inglese sposata con il polacco Stephan, si sente, per la prima volta nella sua vita, «molto vicina a essere felice». Ed ecco che, da un giorno all’al­tro, il marito finisce in galera lasciandola senza un soldo né un amico al mondo. L’agognata felicità assume allora per un istante le sembianze di Heidler, facoltoso mercante d’arte, che però la trascina – sotto gli occhi compiacenti e maligni del­la moglie – in una lunga, torpida osses­sione. Sullo sfondo di una Parigi mai così crudele, in una Rive Gauche ingan­nevol­mente romantica e mondana, Marya finisce per trovarsi avviluppata in un tor­mentoso ménage à trois; e quando, con un palpito di disperata onestà, prova a lacerare il velo delle apparenze, com­prende che in quell’irrespirabile bohème i codici sociali pesano quanto e più che altrove. Schiacciata fra l’anelito a una vita rispettabile e la realtà obbligata del demi-monde, si scopre così condannata senza appello all’«esistenza grigia, spaventosa, dei derelitti»: un mondo irreale e al tem­po stesso terribilmente concreto, fatto di sordidi caffè e grame camere d’albergo, dove è impossibile trovare scampo alla tragica ineluttabilità della vita.
Imperi dell’Indo è il resoconto dell’audace viaggio solitario lungo il «Fiume dei Fiumi», dalla foce alla sorgente, compiuto da Alice Albinia a ventinove anni: più di tremila chilometri attraverso paesi, panorami e popoli osservati con sguardo empatico, in un pellegrinaggio avventuroso fra tribù pashtun e fuoricasta metropolitani, santuari sufi e fondamentalisti islamici, fitto di incontri con memorabili personaggi il cui destino è fatalmente intrecciato a quello del grande fiume. Le sue rive «hanno attratto con­quistatori assetati. Qui nacquero alcune delle prime città al mondo; la più antica letteratura sanscrita dell’India ebbe il fiu­me al suo centro; i santi predicatori del­l’I­slam peregrinarono lungo il suo corso». Un itinerario controcorrente e insieme a ritroso nel tempo – dal presente travagliato del Pakistan ai fasti dell’impero britannico, dalle conquiste dei sultani afghani ad Alessandro Magno, dall’epoca dei Veda a quella della misteriosa civiltà di Mohenjodaro –, raccontato con una scrittura lieve e incisiva in un libro che è insieme romanzo di viag­gio e indagine storica, trattato di geografia umana e lucida riflessione sul subcontinente indiano di oggi.
"C'è in "Jane Eyre" di Charlotte Bronté un personaggio minore, ma discretamente inquietante. Il personaggio di una folle reclusa che si dice sia una bella ereditiera creola. Jean Rhys ha avuto l'idea di ricostruire la vita di una simile ombra labile e confusa prima dell'arrivo in Inghilterra. Una idea può essere buona o cattiva, anzi un'idea è in partenza provvisoriamente buona e cattiva. Risulterà essere più buona che cattiva, più cattiva che buona a seconda dell'esecuzione. Ora l'esecuzione di Jean Rhys è straordinaria, un romanzo avvelenato di fascino, squilibrato di passioni, condannato e riscattato dalla magia... Scacciata dal suo paradiso di Coulibri, Antoinette affronta un tragico e tumultuoso destino d'amore e follia proprio perché di tale tragicità e tumultuosità è convinta lei per prima. O, facciamo, per seconda. Per prima ne è convinta Jean Rhys che con mano implacabile e delicata, complice e spietata sospinge la sua eroina a bruciare e consumarsi nello straordinario romanzo che è "II grande mare dei sargassi" sino a ridursi all'ombra labile e confusa di un personaggio minore dello straordinario romanzo che è "Jane Eyre" di Charlotte Bronté." (Oreste del Buono)
Per Alex Woods la notte è un momento magico, l'unico momento in cui può gettarsi la paura alle spalle. Ogni notte si affaccia alla finestra per guardare le stelle. La stanza è invasa da libri di astronomia, la sua passione. Studiare le eterne e immutabili leggi che regolano l'universo è l'unico modo per fuggire dalla sua vita disordinata. Alex sa cosa significa essere strano. Non ha mai conosciuto suo padre e sua madre è una lettrice di tarocchi che l'ha cresciuto in un negozio pieno di candele, incensi e pozioni. E da quando ha dieci anni soffre di attacchi epilettici che riesce a controllare solo ascoltando musica classica ed enumerando i nomi delle costellazioni. A scuola i bulli lo perseguitano senza tregua. Un giorno, mentre fugge dall'ennesimo pestaggio, Alex cade e rotola in un giardino, devastando la siepe. Quando apre gli occhi si trova la canna di un fucile piantata in faccia. A imbracciare l'arma è il signor Peterson, un bislacco e arcigno vedovo. Un uomo solo, con una ferita nel cuore che non ha intenzione di rivelare a nessuno. Fra i due nasce la più improbabile delle amicizie, fatta di coltivazione di sostanze stupefacenti e letture dei romanzi più dissacranti. Ma quando il signor Peterson scopre di avere una grave malattia per Alex giunge il momento di sovvertire tutte le leggi dell'universo e intraprendere il più strambo dei viaggi. Perché solo lui può salvarlo...
In "Giovinezza", in "Lord Jim" e in "Cuore di tenebra" Charles Marlow aveva raccontato le vicende di personaggi annientati dall'incontro con il destino. Ma in questo libro Joseph Conrad gli affida un compito ancora più delicato, e per molti versi estremo: raccontare direttamente il destino, o meglio il puro e semplice caso, una forza "assolutamente irresistibile, per quanto si manifesti spesso in forme delicate, quali ad esempio il fascino, reale o illusorio, di un essere umano". "Il caso" è la storia di Flora de Barral, giovanissima figlia di un banchiere rovinato dalla speculazione (dopo avere a sua volta rovinato migliaia di investitori): finendo in carcere questi fa della ragazza una diseredata, senza altro diritto che la compassione. Ed è la storia di come questa creatura esile, silenziosa e ostinata lotti per resistere all'"infatuazione del mondo", e alle attenzioni "di persone buone, stupide, coscienziose". Di come la devozione di un uomo, il capitano Anthony, le sembri all'improvviso una salvezza possibile. Di quello che un lungo viaggio in mare può nascondere, e un matrimonio può rivelare. E della tragedia cui tutto ciò, inevitabilmente, conduce. Eppure "Il caso" è anche un romanzo felice, che per la prima volta conquistò a Conrad schiere di lettori entusiasti: uscito nel 1913, fu il suo unico vero successo popolare.
George Arthur Rose è un prete mancato. Per oscure ragioni - invereconde calunnie, atroci oltraggi, a suo dire, di giovinetti immaturi - è stato brutalmente espulso dal Saint Andrews, il Pontificio Collegio Scozzese di Roma. Bandito dalla Chiesa Cattolica, come un aspira, una peste, Rose ha reagito abbracciando di proposito la sua nefasta fama: si è messo a posare a genio altero, sottile, dotto, inaccessibile. Lui, che la divina Vocazione spingerebbe a essere attivo e possente, ridotto a languire in bizzarre e stupide pose! George Arthur non sa, tuttavia, che questo freddo giorno di marzo è, in realtà, il giorno del suo trionfo.