Romanzo thriller: un Papa coraggioso, una congiura interna alla Chiesa. La risposta cattolica all’omonimo film di Nanni Moretti che sminuisce la figura del nostro Papa.
Un papa che non vuole assumere la carica… ma poi accetta e compie cose straordinarie... Un romanzo fatto di abile narrazione, di suspense, di sana teologia e di tanta buona dottrina cattolica. Per raccontare che cosa? L’eterna guerra che il Nemico muove contro la Chiesa, fino a portarla sulla soglia degli inferi senza riuscire a vincerla. Nulla di nuovo, perché questo è il motore della storia da duemila anni a questa parte. Ma c’è modo e modo di raccontarlo, e l’Autore di queste pagine è uno che sa farlo conquistando anche il lettore distratto. E, soprattutto, c’è modo e modo di esserne consapevoli, e l’Autore di queste pagine è uno che mostra di aver colto fin nelle sue pieghe più intime la crisi nella quale si dibatte la Chiesa. Habemus Papam è, insieme, una storia di grande coinvolgimento e un compendio inossidabile della fede cattolica che, in certi punti, pare quasi uno Iota unum messo in prosa.
Walter Martìn è lo pseudonimo di don Giuseppe Pace (1911-2000). Sacerdote salesiano, don Pace fu un fiero oppositore della deriva che investì la Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II. Si rifiutò di accettare la rivoluzione liturgica e dottrinale imposta a partire da quegli anni e per questo venne emarginato e ridotto a celebrare la Santa Messa tradizionale in clandestinità.
"Con questo volume, che raccoglie i primi quattro libri della serie "Mondo piccolo" nell'ordine voluto in vita dall'autore, inizia la pubblicazione delle opere di Guareschi in una nuova edizione ragionata. Guareschi non poteva prevederne il successo quando, alla vigilia di Natale del 1946, esce sulle pagine del "Candido" il primo racconto di don Camillo. Il piano dell'opera e tutta l'architettura degli oltre trecentosessanta racconti che Giovannino scrive settimanalmente, per vent'anni, seguono gli avvenimenti della storia d'Italia, dal dopoguerra al boom economico, passando per il Concilio Vaticano II e la rivoluzione studentesca del 1968, l'anno della morte dell'autore. Le raccolte volute da Giovannino rimettono in ordine i racconti. Ognuna è lo specchio di un'epoca. L'epopea di "Mondo piccolo" è un'opera aperta, che non ha inizio e non ha fine, perché don Camillo e Peppone potrebbero vivere altre mille avventure. Non siamo dunque nel tempo del romanzo ma in quello dell'epopea, con la saga del prete di campagna posta in un'aura atemporale ciclica e mitica. Così i racconti, fortemente radicati alla cronaca, sono rilanciati in una dimensione senza tempo. Perché le storie di don Camillo sono "favole vere", come dirà Guareschi, che conciliano con il mondo e con la speranza umana e cristiana, recuperando un'idea di narrativa classica, consolatoria, che parla al cuore degli uomini di tutto il mondo." (Guido Conti)
Raffaele è un anziano attore di tv e teatro, omosessuale, originario di Foggia ma trasferitosi a Milano da molti anni. Una sera dà un passaggio a un ragazzino che sembra intenzionato a sedurlo, ma appena arrivati in periferia questi tira fuori un coltello e lo deruba. Lo spavento e lo scoramento davanti alla violenza portano Raffaele indietro negli anni, a ripensare, dopo molto tempo, alla sua amicizia con Michele, al suo viaggio dalla Puglia a Berlino, prima della seconda guerra mondiale, quando lavorava come cantante en travestì in un locale gay, l'Eldorado, insieme a due "sorelle" di nome Franz e Karl. Una sera il locale fu invaso dalle SS che arrestarono tutti, rimandando Raffaele in Italia e deportando tutti i tedeschi, compresi Franz e Karl. Ora, a molti decenni di distanza, il passato sembra tornare a riannodare i suoi fili, non solo nella memoria ma nella vita.
Lottiamo con ogni forza per inseguire il successo, il denaro, la felicità. Ma cosa fare quando il talento non basta e il gioco pulito non conduce a niente? Quanti fallimenti ci vogliono perché una colomba si trasformi in falco? "La cospirazione delle colombe" è la storia di questa trasformazione. Alfredo Cannella è figlio di un ricco imprenditore veneziano; Donka Berati è un orfano albanese, approdato all'Università Bocconi con una borsa di studio. Sono ambiziosi, decisi a prendersi tutto ciò che credono di meritare: fra loro nasc un'amicizia che li accompagnerà lungo traiettorie parallele ma spesso sovrapposte, costellate di speculazioni finanziarie, rischiosi passi falsi, truffe e grandi progetti immobiliari. Entrambi affrontano la propria carriera come una sfida: Alfredo per dimostrare al padre quanto si sbagli a considerarlo inetto e viziato, Donka per ribellarsi al destino in apparenza già segnato. Ma quando una sfida non finisce nel migliore dei modi, chi vuole vincere deve ricorrere ai peggiori. Sullo sfondo di un'Europa unita dai flussi economici, e una Milano dalle colossali trasformazioni urbanistiche, Vincenzo Latronico intesse un racconto di ampio respiro, animato da grandi passioni - l'ambizione, l'invidia, l'amore -, che tocca un problema morale al cuore del società contemporanea: le ragioni, le giustificazioni e le scuse per cui tradiamo chi si fida di noi.
Se un romanzo è un edificio a più piani, che succede la volta in cui un autore scopre di aver perso le chiavi del portone? O meglio, quando capisce che, ad avergliele rubate, è stato uno dei suoi personaggi? È questa la miccia che innesca "Quando tutto tace". Qualche riga, e il buffo angelo caratteriale spedito a salvare dal suicidio una celebrità dello show business caduta in disgrazia - chiede conto all'autore del suo ruolo e delle sue azioni. È l'impasse di qualche pagina che, a poco a poco, squarcia il sipario delle apparenze, aprendo a un cammino doloroso verso la verità. In questo gioco, Alessandro De Roma - abbandonando per una volta l'impianto tradizionale del romanzo - ci propone una riflessione sul mestiere di scrivere: un personaggio non esiste, neanche nella finzione, se il suo creatore non è disposto a stanarne fino all'ultimo segreto; e insieme una lettura accorata e visionaria dei nostri giorni: un'epoca in cui il reality supera la realtà e la parola, svuotata di significato, si riduce a un silenzio disperato in cui tutti, prima o poi, rischiamo di perdere le chiavi.
"Fra questi racconti alcuni portano in scena poltrone, divani, armadi e altri mobili, in ispecie di personaggi sensibili, parlanti e operanti". Così scrive Savinio, ed è la più efficace presentazione di questo libro, frutto maturo della sua migliore vena narrativa, lussureggiare di immagini in acrobatico equilibrio tra realtà e allucinazione. Così, nella "Pianessa", la signorina Fufù, "vecchia zitella dal nomignolo a vapore e stantuffi", dopo essersi fatta sedurre dall'"occasione stupenda" di "un pianoforte a coda e lungo come una balena, basso sulle zampe tarchiate e tozze", ne avverte la virile presenza con profondo turbamento, salvo poi trovarsi di fronte a una clamorosa agnizione. In "Casa della stupidità" una statua di marmo che sostiene il balcone di un palazzo decide di "andarsene", ben contenta di provocare in tal modo il crollo dell'edificio, giacché tra quelle mura alligna la "stupidità a tutti i piani, in tutte le camere, nei corridoi, nei ripostigli, dalla cantina al solaio". In "Bago" Ismene trova comprensione e protezione nel vecchio armadio che l'ha vista nascere e con il quale ogni giorno si confida, "seduta accanto al battente socchiuso, come per ascoltare i battiti di quel cuore tenebroso ma profondamente buono"...
Nell'autunno del 1964, dopo cinque anni di silenzio, Parise pone fine a un nuovo romanzo, "Il padrone", che gli appare simile a una favola "minuziosa e crudele". Da una favola, in effetti, sembra uscita la ditta commerciale (ma non sarà difficile riconoscervi la casa editrice dove Parise lavorò a lungo) in cui il giovane protagonista, appena sbarcato dalla provincia in una grande città, trova lavoro: un palazzo di vetro che, con la sua cuspide scintillante, esercita una irresistibile forza di attrazione. E da una favola (parodistica) o da un cartoon sembrano usciti i personaggi che lo popolano: il malinconico, nevrotico dottor Max, il padrone, diviso fra la passione per la filosofia e l'ansia di scalzare il potere del padre, il vecchio Saturno; Uraza, sua madre e principale alleata, che si serve dell'enorme massa di capelli soffici e fiammeggianti come di un potentissimo strumento sensorio; la fidanzata Minnie, che accompagna ogni gesto con un'onomatopea da fumetto; il fedele autista-infermiere-spia Lotar, incarnazione della forza bruta e della più ottusa fedeltà; e la folla di collaboratori e dipendenti, dall'immenso e infido dottor Bombolo agli inermi Pluto e Pippo. Ma, soprattutto, rinvia a una favola (filosofica) il gelido incantesimo che imprigiona la ditta trasformandola in una immane trappola mortuaria: far parte del suo organismo significa infatti essere proprietà del dottor Max, e dunque - prigionieri delle involuzioni e delle allegorie del suo pensiero.
Il Meridiano - curato con affetto e rigore da Raffaele Manica, con la collaborazione di Simone Casini - riunisce una selezione di opere di Siciliano che intende dare conto del ricco ventaglio dei suoi interessi di intellettuale e di scrittore. I più significativi racconti e romanzi ("Rosa pazza e disperata", "La notte matrigna", "La principessa e l'antiquario", "Carta blu") sono seguiti da un'ampia scelta dell'attività saggistica, organizzata in sezioni tematiche: si mettono così in luce non solo gli interessi letterari, ma anche l'attenzione per la pittura, la musica, il cinema e l'attualità politica e sociale. Importante la presenza di "Campo de' Fiori" (uno dei capolavori di Siciliano), una sorta di pellegrinaggio nei luoghi pasoliniani, e insieme un emozionante ritratto della cultura di Roma del tempo.
Storie di Giufà, edite e inedite, della tradizione mediterranea, raccontate così come ascoltate dalla viva voce di chi ancora le narra.
Giufà è il personaggio più conosciuto e "interculturale" del Mediterraneo: le sue storie sono narrate in Italia, nel Magreb, in Turchia, nell'Europa del Mar Morto, in Spagna e in Francia. Il personaggio spesso assume nomi diversi…ma la sostanza non cambia: Giufà è spesso lo sciocco a volte stolto a volte sapiente, è l'ingenuo a volte furbo, è il disgraziato a volte fortunato. Giufà è tutto e il contrario di tutto.
Sara Favarò, poeta, cantastorie, interprete della musica popolare, ricercatrice delle tradizioni popolari, attrice, autrice di ricerche antropologiche, romanzi, saggi sociali, poesie. Collabora con le scuole sulle tematiche della legalità e delle tradizioni popolari.
Le passioni, i rimpianti, gli slanci di uno degli uomini che con più lucidità e sapienza ci hanno raccontato il nostro tempo.
«Vivetela bene la vostra piccola vita perché è la sola e quindi immensa ricchezza di cui disponete. Non dilapidatela, non difendetela con avarizia, non gettatela via oltre l'ostacolo. Vivetela con intensa passione, con speranza e allegria».
Scuote l'anima mia Eros nasce così, dalla passione, sotto il segno di una mercurialità creativa che rincorre l'intensità folgorante e variabile dei pensieri. Eugenio Scalfari ha sempre cercato di farsi attraversare dalla luce della razionalità, senza tuttavia nascondersi che la conoscenza e il sapere hanno il loro fondo oscuro nella malinconia («Io sono stato un mercuriale che sognava d'essere un saturnino»). Oggi sente di aver raggiunto quello spazio immobile, quel tempo sospeso che gli permette di accogliere dentro di sé le cose del mondo «invece di invaderle e possederle». Sa di potersi abbandonare liberamente alla propria vita emotiva senza rischiare di cedere alla tristezza e alla solitudine: la malinconia sarà pure un bagno di luce crepuscolare che accompagna ogni percezione, ma è anche una consolazione dell'esistenza che può permettersi solo chi ha vissuto e vive ogni momento «con intensa passione, con speranza e allegria».Compralo su LibreriaColetti.it
«Questo libro è il racconto di uno scontro che avviene in ogni attimo della nostra vita tra le passioni e la ragione; il racconto dell'innocenza perduta, delle trasgressioni, della brama egoistica del potere e la generosità verso gli altri, dell'amore romantico e di quello libertino.
Il protagonista di questa storia fatta di cadute e di vittorie è Eros, signore degli uomini e degli dèi, fonte inesausta di tutti i desideri».
Eugenio Scalfari (1924), dopo aver collaborato al «Mondo» di Pannunzio, è stato, nel 1955, tra i fondatori dell'«Espresso» che ha diretto dal 1963 al 1968. Nel 1976 ha fondato il quotidiano «la Repubblica», che ha diretto fino al 1996 e di cui oggi è editorialista. Tra i suoi libri ricordiamo La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal «Mondo» alla «Repubblica» (Mondadori 1986, Einaudi 2009), Incontro con io (Rizzoli 1994), Alla ricerca della morale perduta (Rizzoli 1995), Il labirinto (Rizzoli 1998), La ruga sulla fronte (Rizzoli 2001, Einaudi 2010) e, con Giuseppe Turani, Razza padrona (Feltrinelli 1974, Baldini Castoldi Dalai 1998), L'uomo che non credeva in Dio (Einaudi 2008), Per l'alto mare aperto (Einaudi 2010), Incontro con Io (Einaudi 2011) e Scuote l'anima mia Eros (Einaudi 2011). Con il Gruppo editoriale L'Espresso ha pubblicato, raccolti in cinque volumi, gli articoli scritti tra il 1955 e il 2004.
Di certo a qualcosa Luca Crescente deve aver pensato, mentre percorreva quel sentiero. Eppure è morto senza pronunciare una frase memorabile. Dai grandi uomini ti aspetti sempre qualcosa del genere. Qualcosa che risulti indimenticabile anche a costo di sembrare retorico. Ma si vede che non conoscevi la discrezione di cui era capace Luca Crescente.
«Una cosa che a Luca Crescente viene unanimemente riconosciuta è la capacità di indignarsi. La capacità di estrarre dal fodero la spada dell'indignazione e trovarla ogni volta lucida e tagliente. Una dote rara, che appartiene solo a chi non conosce stanchezza psicologica o scoraggiamento. Oppure, se li conosce, sa come superarli: la spada dell'indignazione, se usata spesso, tende a perdere il filo, si arrugginisce, non taglia più. La sua, invece, a quanto pare risultava sempre intatta. Una dote che gli derivava direttamente dallo sguardo ingenuo che manteneva sulle cose. Lo sguardo di un bambino, capace ogni volta di sorprendersi e arrabbiarsi per le storture che vedeva nel mondo. È una qualità dello sguardo che normalmente va smarrita con l'adolescenza, man mano che la consapevolezza del mondo si fa sentire e diventa assuefazione»: questa è la storia di Luca Crescente, uno sconosciuto ai più. Un giudice entrato in magistratura a Palermo giusto in tempo per raccogliere l'ideale testimone di Falcone e Borsellino. È la storia della sua onestà nel lavoro e nella vita, è la storia vera dell'amore fra due ragazzi che crescono assieme, si sposano, fanno due figli e si accingono a invecchiare assieme. Ma il destino ha programmi diversi.
Mons. Giuliano Agresti (Barberino del Mugello 1921 - Lucca 1990) è un singolare personaggio. Uomo di Chiesa (fu Vescovo di Spoleto e Arcivescovo di Lucca), fu anche scrittore e pittore, che con la sua esistenza ha attraversato i momenti più infuocati del `900: la 2° guerra mondiale, il Concilio Vaticano II, la contestazione, fino al caos dei giorni nostri.
La lettura de `Il Nomade` è una vera esperienza spirituale: ci porta sempre più in confidenza con lo spirito del protagonista e contemporaneamente con il nostro, con nuove intuizioni e scoperte davvero rivoluzionarie.
Nomade è il pellegrino che, attraverso le vicende della vita terrena, scopre la Presenza di Dio nella storia. Per questa ragione egli resta, lungo tutto il suo cammino, un cercatore di Dio.