Ci sono sogni che determinano tutto il corso di una vita e il sogno di Maria è quello di diventare una grande cantante lirica. Non è poi un’ambizione strana nel suo caso: non solo Maria è dotata di una voce che ha un’estensione incomparabile, ma proviene da una famiglia dove la musica ha giocato una parte importantissima. Sia la nonna che la mamma sono state due cantanti famose e apprezzate, anche se quest’ultima ha dovuto smettere per via di un incidente. Alla fine dell’Ottocento, Maria cresce a Firenze affidata alle cure della nonna, ma proprio il giorno in cui compie tredici anni, la tranquillità della sua vita si spezza brutalmente. La nonna muore e con lei sparisce l’unico punto fermo a cui era legato il suo futuro. Non solo, ma quella morte rivela che sono spariti anche i soldi che potevano garantire a Maria una certa sicurezza e che, da quel momento in poi, le toccherà dipendere interamente dagli altri. Ma Maria ha un carattere forte e una grande capacità di adattarsi alle situazioni, come se si tenesse sempre un po’ in disparte per poterle valutare meglio e percorrere la via più giusta, e quindi passa da una all’altra delle amiche a cui la nonna l’ha affidata con una grazia e una leggerezza non comuni. Certo, ci sono domande che l’assillano, domande che non hanno ancora una risposta. Una per tutte, perché sua madre non l’ha tenuta con sé? Eppure è come se sapesse che prima o poi i misteri si chiariranno e che l’unica cosa che conta veramente è prepararsi a quello che sente essere il suo destino, diventare la più grande interprete della Sonnambula, che costituisce uno dei banchi di prova delle soprano di tutti i tempi.
Sullo sfondo della grande musica, che tanta parte ha avuto nel panorama italiano dell’epoca, la storia avvincente e toccante di una bambina indimenticabile.
«Le case dei ricchi e le baracche, le violenze criminali, quelle politiche, l'aspetto sconosciuto di una metropoli.»
Corrado Augias
La storia di Lupo comincia in una Roma ricca e borghese, tra splendide ville, domestici in livrea, abiti firmati. Poi un giorno, annoiato da un’esistenza vuota fatta di lusso e ipocrisia, il giovane Lapo decide di fuggire e abbandonare la famiglia: vuole scoprire la vita della strada, la vita vera. Così il piccolo e viziato Lapo diventa Lupo, barbone, senzatetto, ladro. Sotto l’ala protettrice di Tamoa ha inizio il suo viaggio nel ventre della capitale, alla scoperta di un’umanità diversa, nascosta, sommersa nel fango e nel buio: una Roma notturna e violenta, fatta di gente che vive nell’ombra, che tra furti, prostituzione e aggressioni lotta ogni giorno per la sopravvivenza. Nei due romanzi (L’istinto del Lupo - finalista al premio Strega 2009 - e La legge di Lupo solitario), la penna tagliente e appassionata di Massimo Lugli ricostruisce la storia a tinte forti di una vera e propria discesa nell’inferno metropolitano, tra personaggi memorabili per nobiltà o viltà d’animo, fame, freddo, inganni, perversioni di ogni genere, ma anche inaspettati spunti poetici.
La statale 18 è una delle tante arterie stradali del sud. Strada mortale, disseminata di curve, gallerie, incantevoli scorci, ma anche brutture vergognose. Il dissennato abusivismo, la gestione sconsiderata delle coste cementificate, ma anche le contraddizioni di località sul mare che uniscono ai loro panorami mozzafiato, un’inquietudine nascosta. A pochi chilometri dalla più famosa e famigerata Salerno-Reggio Calabria questo lembo di asfalto, che unisce le località tirreniche della Calabria, è lo specchio più fedele di una regione e di un paese. Mauro Francesco Minervino, antropologo e scrittore tra invettiva e poesia racconta ed emoziona come i narratori ottocenteschi del gran tour. La Statale è un pretesto per descrivere un’Italia ancora pasolinianamente impossibilitata alla modernizzazione, tra degrado ambientale e la natura che resiste. Con la stessa efficacia e la malinconia di George Gissing, Minervino affronta la Statale 18 come se fosse il percorso di un intellettuale in mezzo alle macerie in cui si gioca una partita tra conservazione e ricostruzione, paese legale e paese nascosto, cosche e istituzioni, la continua dialettica di un sud che va narrato.
Riccione. Estate. Viale Dante. Andrea ha il cuore a mille e non sa perché. "Un attacco di panico di gioia". È buio ma è luce dentro sé. Una ritrovata luminosità che lo porta come in sogno in riva al mare. Lontano da quei giorni di dolore e da quello Scarafaggio reso polvere nel suo corpo, Andrea avverte che qualcosa di magico e di speciale sta per accadere nella sua vita. Lo percepisce nel cuore e nell'anima. Come in un atto unico ambientato fra cielo e mare, fra salsedine, sabbia e onde, Andrea racconta e si lascia raccontare. Una narrazione diretta e sferzante, carica di passione, emozione, fede, sogno, nella quale si alternano volti, storie di uomini e donne che hanno incontrato il male sia fisico che interiore ma che hanno preferito dire sì alla vita, scegliendo di riconquistare la propria esistenza per donarla agli altri. Destini incrociati, accomunati dal desiderio di rinascita e dalla voglia di amare. Un racconto in un crescendo di emozioni e colpi di scena che conducono a un epilogo carico di pathos. Andrea, dopo il silenzioso battito del suo cuore, ritroverà l'amore al grido di "Voglio aver vissuto".
Verona, piazza Dante. Sotto il monumento all’Alighieri quattro pensionati si incontrano ogni giorno: sempre lo stesso bar, sempre lo stesso tavolino, sempre lo stesso caffè. Guardano la vita che scorre davanti ai loro occhi, seguono i passi veloci delle persone che attraversano la piazza e sembrano sempre di corsa, sempre in ritardo. Per loro invece il tempo è come se non esistesse: giunti al termine della loro vita lavorativa sono finalmente liberi. Ma contemporaneamente sentono di allontanarsi ogni giorno dalla realtà che li circonda, fatta di violenza, ingiustizia, odio e rassegnazione, che non riconoscono e non sentono più loro. Così, attraverso i racconti, cominciano una lenta fuga nello spazio della fantasia: qui possono tessere delle storie che parlino di loro stessi e di un vecchio mondo dove vincono il bene, il coraggio e la speranza. Un mondo che ormai sembra non esistere più. Usando le narrazioni di questi quattro amici, Vittorino Andreoli ci porta a interrogarci sulle fasi della vita, sul presente e sul futuro, sulla nostra società e soprattutto sul ruolo dell’uomo nella storia.
Barricato in cantina per trascorrere di nascosto da tutti la sua settimana bianca, Lorenzo, un quattordicenne introverso e un po' nevrotico, si prepara a vivere il suo sogno solipsistico di felicità: niente conflitti, niente fastidiosi compagni di scuola, niente commedie e finzioni.
Il mondo con le sue regole incomprensibili fuori della porta e lui stravaccato su un divano, circondato di Coca-Cola, scatolette di tonno e romanzi horror.
Sarà Olivia, che piomba all'improvviso nel bunker con la sua ruvida e cagionevole vitalità, a far varcare a Lorenzo la linea d'ombra, a fargli gettare la maschera di adolescente difficile e accettare il gioco caotico della vita là fuori.
Con questo racconto di formazione Ammaniti aggiunge un nuovo, lancinante scorcio a quel paesaggio dell'adolescenza di cui è impareggiabile ritrattista. E ci dà con Olivia una figura femminile di fugace e struggente bellezza.
«Entro in un negozio di scarpe, perché ho visto delle scarpe che mi piacciono in vetrina. Le indico alla commessa, dico il mio numero, 46. Lei torna e dice: mi dispiace, non abbiamo il suo numero.
Poi aggiunge sempre: abbiamo il 41.
E mi guarda, in silenzio, perché vuole una risposta.
E io, una volta sola, vorrei dire: e va bene, mi dia il 41».
«Gli sms dopo le undici di sera che dicono: dove sei?, che significano molto di più di quello che dicono».
«Quando la donna con cui dormo ha capito che ognuno deve dormire dal suo lato. Che ci si può abbracciare prima, o quando ci svegliamo la mattina, ma quando si dorme bisogna stare ognuno per i fatti suoi. Dividendo il letto con la stessa meticolosità con cui si tracciava la linea di divisione del banco con il compagno di banco, a scuola».
Sei in coda al supermercato in attesa del tuo turno, magari sei bloccato nel traffico, oppure aspetti che la tua ragazza esca dal camerino di un negozio d'abbigliamento. Sei un po' distratto, insomma. Quando all'improvviso la realtà intorno a te sembra convergere in un solo punto, e lo fa brillare. E allora capisci di averne appena incontrato uno. I momenti di trascurabile felicità funzionano così: possono annidarsi ovunque, pronti a pioverti in testa e farti aprire gli occhi su qualcosa che fino a un attimo prima non avevi considerato.
Per farti scoprire, ad esempio, quant'è preziosa quella manciata di giorni d'agosto in cui tutti vanno in vacanza e tu rimani da solo in città. Quale interesse morboso ti spinge a chiuderti a chiave nei bagni delle case in cui non sei mai stato e curiosare su tutti i prodotti che usano. O la soddisfazione nel constatare che un amico ha ripreso in poco tempo tutti i chili persi con una dieta faticosissima che, per qualche giorno, sei stato tentato di fare anche tu.
A metà strada tra Mi ricordo di Perec e le implacabili leggi di Murphy - ma col gusto tutto italiano della divagazione - Francesco Piccolo mette a nudo con spietato umorismo i piaceri più inconfessabili, i tic, le debolezze con le quali prima o poi tutti noi dobbiamo fare i conti. Pagina dopo pagina, momento dopo momento, si finisce col venire travolti da un'inarrestabile ondata di divertimento, intelligenza e stupore.
Con la stessa sensibilità con cui ha perlustrato l'Italia «spensierata», Francesco Piccolo raccoglie, cataloga e fa sue le mille epifanie che sbocciano a ogni angolo di strada. Perché solo riducendo a spicchi la realtà si riesce ad afferrare per la coda - magari un attimo appena - il senso più profondo della vita.
"Sono nata nella pioggia. Sono cresciuta sotto la pioggia. Una pioggia fitta, sottile… una pioggia di lacrime. Una pioggia continua nell’anima e nel corpo." L’appassionata esistenza di Frida Kahlo dal vertice estremo dei suoi giorni. Un monologo fulminante che ripercorre i patimenti della reclusione forzata, i lucidi deliri artistici di pittrice affamata di colore, la relazione con Diego Rivera...
Il libro
L’appassionata esistenza di Frida Kahlo dal vertice estremo dei suoi giorni. Un monologo fulminante che ripercorre i patimenti della reclusione forzata, i lucidi deliri artistici di pittrice affamata di colore, la relazione con Diego Rivera.
In un Messico quanto mai reale e al tempo stesso immaginifico, Pino Cacucci mette in scena la sintesi infuocata di un’esistenza, la parabola di una grande pittrice la cui opera continua a ottenere altissimi ed entusiastici riconoscimenti.
Ilaria è un disastro ai fornelli. Un giorno, un’amica che ama cucinare le consiglia di passare un mese nella cucina di un famoso chef. All’inizio le scappa da ridere, ma poi accetta la sfida… Con una scrittura brillante e molto pop, Lo chef è un dio racconta per la prima volta il dietro le quinte delle più celebri cucine italiane.
Il libro
"Molti uomini preferiscono una bistecca ben cotta al rombo chiodato in crosta di cacao."
"Io odio cucinare. Possibile che a nessuno sia ancora venuto in mente di inventare pillole colorate al gusto di cibo?"
"Guardare uno chef in tivù è come guardare un film porno: guardi qualcuno che fa cose che tu non farai mai."
Ilaria è un disastro ai fornelli. Un giorno, un’amica che ama cucinare le consiglia di passare un mese nella cucina di un famoso chef. All’inizio le scappa da ridere, ma poi accetta la sfida: se non ce la fa un cuoco con tre stelle Michelin ad accenderle la passione per la cucina, allora non c’è davvero niente da fare. Smessi gli abiti di tutti i giorni e scesa dai tacchi, la protagonista infila un lungo camice e si prepara ad affrontare pentole e padelle. Ma prima di addentrarsi nelle segrete di via Gavroche, Ilaria si imbatte in un vecchissimo libro di ricette scritto da Peg Bracken, sostenitrice della liberazione femminile dalla dittatura domestica e inventrice di centinaia di ricette rapide tra cui lo Stayabed stew — lo stufato che si cuoce felicemente da solo in cinque ore. Peg, o meglio, il fantasma di Peg diventa il Virgilio che accompagna Ilaria nel suo viaggio estremo in un mondo dominato dai maschi, con orari assurdi, in mano a fascinosi despoti e abitato da apprendisti sacrificati agli dèi dell’haute cuisine. Insieme a dodici uomini che per tutto il giorno e gran parte della notte preparano piatti raffinatissimi e costosissimi sotto l’imperiosa direzione dello chef, Ilaria vive trenta giorni tra portate da novantaquattro euro e ravioli ripieni di maionese, cucinieri convinti che “ci vuole molta cura per separare il bianco dal giallo” e giovani aiutanti sicuri che Mtv a tutto volume aiuta la concentrazione. Sapori & sudori. La fragranza vitale del gusto e il veleno dell’umiliazione.
"Vi do una dritta. Se vedete girare tra i tavoli un cuoco in tenuta immacolata significa che ha smesso di cucinare da un bel po’."
Gli anni non impediscono a Montalbano di riaccedere alle venture e agli incanti dell’esperienza adolescenziale: all’inadeguatezza emotiva, alle fantasticaggini, ai risalti del cuore, ai turbamenti, alla tenera e trepida lascivia; alle affezioni precipitose, anche: dagli scoppi d’ira, agli schianti di gelosia. Conosce a memoria la poesia Adolescente di Vincenzo Cardarelli. Recita a se stesso i versi sul «pescatore di spugne», che avrà la sua «perla rara». E sa, non senza diffidenza e discorde sospetto di decrepitezza, quando più e quando meno, tra il lepido e il drammatico, che «… il saggio non è che un fanciullo / che si duole di essere cresciuto». In così gelosa materia, il commissario ha vicino, con la sua delicatezza silenziosa e con la comprensione partecipe, l’ispettore Fazio. Non crede invece, alla sua «saggezza», la fidanzata Livia. E scambia per un tratto di guasconeria la confessione di un tradimento, fatta con la schiettezza propria dell’età men cauta. Montalbano è stato folgorato dalla bellezza, sensualmente sporca di vita, della giovane Angelica. Ha riconosciuto, nella donna, i tratti dell’eroina dell’Orlando furioso così come erano stati interpretati da Doré nelle illustrazioni del poema ariostesco. Di quell’Angelica di carta e inchiostro si era segretamente innamorato negli anni dell’adolescenza. E ora, incalzato dai versi dell’Ariosto, che spontanei gli tornano in mente, rivive il vecchio amore, e finalmente lo consuma. Anche la coscienza onirica collabora, con le sue illuminazioni notturne. Un misterioso personaggio, nascosto in un gomito d’ombra, confonde il commissario con una giostra di furti architettati geometricamente, secondo uno schema d’ordine di pedante e accanita astuzia. Non mancano stoccate varie e finte mosse, con morti e feriti in campo. Quale sia la posta in gioco è da scoprire. La vicenda è ingrovigliata e ha punte d’asprezza. E intanto Montalbano si vede in sogno, costretto in un’armatura di cavaliere, e buttato dentro un torneo. Deve affrontare un gigante, che ha il volto coperto da una celata nera. Assistono alla sfida dame e cavalieri. Dà il via Carlo Magno. Fuor di sogno, nel vivo delle indagini, irrompe, in questa «gara» similariostesca, la nuova Angelica. Porta addosso gli occhi di tutti. Montalbano è «furioso». Ma, nel molt’altro della storia, tra la bonaccionaggine di Catarella, le lazzaronate del medico legale Pasquano, e la feconda imbecillità dei superiori, veri e propri marescialli dei regolamenti, l’indisciplinato commissario non dismette l’amabile improntitudine. Si dà scena di teatro. Si fa commediante e guitto. Sale in palco. E improvvisa contraffazioni melodrammatiche, con risalite tonali e rimarcature di parole. Sa avvolgersi nel lessico scelto, e colmo di palpiti, di una affettata letteratura drammatica. Salvatore Silvano Nigro
Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925), regista di teatro, televisione, radio e sceneggiatore. Ha insegnato regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Ha pubblicato numerosi saggi sullo spettacolo e il volume, I teatri stabili in Italia (1898-1918). Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, del 1978, è stato trasmesso in tre puntate dalla TV col titolo La mano sugli occhi. Con questa casa editrice ha pubblicato: La strage dimenticata (1984), La stagione della caccia (1992), La bolla di componenda (1993), Il birraio di Preston (1995), Un filo di fumo (1997), Il gioco della mosca (1997), La concessione del telefono (1998), Il corso delle cose (1998), Il re di Girgenti (2001), La presa di Macallè (2003), Privo di titolo (2005), Le pecore e il pastore (2007), Maruzza Musumeci (2007), Il casellante (2008), Il sonaglio (2009), La rizzagliata (2009), Il nipote del Negus (2010, anche in versione audiolibro); e inoltre i romanzi con protagonista il commissario Salvo Montalbano: La forma dell'acqua (1994), Il cane di terracotta (1996), Il ladro di merendine (1996), La voce del violino (1997), La gita a Tindari (2000), L'odore della notte (2001), Il giro di boa (2003), La pazienza del ragno (2004), La luna di carta (2005), La vampa d'agosto (2006), Le ali della sfinge (2006), La pista di sabbia (2007), Il campo del vasaio (2008), L'età del dubbio (2008), La danza del gabbiano (2009), La caccia al tesoro (2010).
XY è capace di tenere lettrice e lettore col fiato sospeso, ma non è un giallo.
La differenza fra un libro giallo e il castigo (di Dio) sta nel fatto che il giallo svela l’assassino e scioglie l’enigma.
Il Castigo (di Dio) è l’enigma. Adriano Sofri - La Repubblica
Un albero ghiacciato, di un rosso vivo, pulsante, intriso di sangue. È la prima immagine che appare a don Erme-te, Zeno e Sauro.
Una strage indicibile si è consumata ai piedi di quell’albero, e solo una prodigiosa nevicata ha lenito l’orrore di quegli undici corpi straziati da undici cause di morte diverse, avvenute contemporaneamente, in un lampo. I quarantadue abitanti di Borgo San Giuda, travolti dall’onda d’urto di quel massacro, si ritrovano al centro del mondo mediatico. Semplici testimoni del male, diventano i protagonisti dimenticati di questa storia, e tutti in-sieme scivolano nella follia.
Don Ermete non può abbandonare la sua gente e insieme a Giovanna Gassion, giovane psichiatra della ASL in fuga da un amore finito, cercherà in tutti i modi di mettere in salvo quel mondo di poche anime perse e mute, che sembrano lontanissime ma che in realtà siamo noi. Pagina dopo pagina sembrerà di essere lì a calcare forte il passo per non essere spazzati via da quel vento che tira gelido e senza sosta, di entrare in quelle case modeste dove germina la follia, di incrociare quegli sguardi disperati e soli, e infine di sentirsi lievi e salvi, una volta arresi davanti al mistero.
X e Y, uomo e donna, fede e scienza, si incontrano e si scontrano fin quasi a sovrapporsi in un’eroica libera-zione dalla dittatura della ragione, umiliata dall’assurda danza del male. Dopo Caos Calmo, Sandro Veronesi tor-na con un romanzo profondo, sapiente, pieno di umana comprensione: la sua scrittura avvolgente, che disegna curve morbide e leggere come scivolando sulla neve fresca, ci regala altri momenti di esilarante bellezza e due nuovi personaggi indimenticabili – salvo scoprire alla fine che uno dei due lo conoscevamo e lo amavamo già.
Sandro Veronesi è nato a Firenze nel 1959. È laureato in architettura. Ha pubblicato: Per dove parte questo treno allegro (Theoria, 1988; Tascabili Bompiani, 2001); Live (Bompiani, 1996); Gli sfiorati (Mondadori, 1990; Tascabili Bompiani, 2007); Occhio per occhio. La pena di morte in quattro storie (Mondadori, 1992; Bompiani, 2006); Venite venite B-52 (Feltrinelli, 1995; Tascabili Bompiani, 2007), vincitore del Premio Fiesole nel 1996; La forza del passato (Bompiani, 2000), con cui vince il Premio Viareggio L. Repaci e il Premio Campiello; Ring City (Walt Disney Company, 2001), Premio Fregene 2001; Superalbo (Bompiani, 2002); No Man's Land (Bom-piani, 2003). Caos Calmo (Bompiani, 2005); Brucia Troia (Bompiani, 2007). Vincitore nel 2006 del Premio Strega, Caos Calmo è stato tradotto in 20 paesi. L’edizione francese ha vinto anche il Prix Femina 2008 come miglior romanzo straniero, il Prix Mediterranée 2008 e l’anno successivo il Prix Cèvennes come miglior romanzo eu-ropeo. L’edizione spagnola ha vinto il Premio Novela Europea, Casino de Santiago de Compostela edizione 2010. Sandro Veronesi ha collaborato con numerosi quotidiani e quasi tutte le riviste letterarie.
Attualmente i suoi articoli escono su “la Repubblica” e su “La Gazzetta dello Sport”.
Ha quattro figli e vive a Prato e a Roma.
È un breve ma intenso e sorprendente racconto sull'assenza paterna: «un dialogo tra figlio e padre che ha bisogno del vuoto intorno e sotto i piedi per raggiungere l'ascolto».