In un capolavoro del neorealismo, "Riso amaro" di Giuseppe De Santis, oltre a Silvana Mangano in hot pants compare una strana mondina nera. Il suo nome è Isabella Marincola, ma in Somalia si farà chiamare Timira. Donna appassionata e libera, nata nel 1925 a Mogadiscio, è una figura nascosta e leggendaria, uno scrigno di storie intrecciate, tra Europa e Africa, che questo libro per la prima volta disseppellisce. Timira è un "romanzo meticcio" che mescola memoria, documenti di archivio e invenzione narrativa. Scritto da un cantastorie italiano dal nome cinese, insieme a un'attrice italosomala ottantacinquenne e a un esule somalo con quattro lauree e due cittadinanze. Per interrogare, attraverso l'epopea del passato, un tempo che ci vede naufraghi, sulla sponda di un approdo in fiamme. Questo tempo dove ci salveremo insieme, o non si salverà nessuno.
Lois Castro è sconcertato. Lavora in polizia da molti, troppi anni, eppure non si è mai trovato di fronte a una scena simile: una ragazza giovanissima, nemmeno ventenne, barbaramente uccisa nella cattedrale di Santiago de Compostela. La vittima viene subito identificata come Patricia Palmer, studentessa di archeologia nonché appassionata attivista per la difesa dell'ambiente. In particolare, Patricia aveva partecipato a una manifestazione contro una grossa fabbrica della zona e la cosa le aveva procurato non pochi nemici. Ma perché assassinarla? E perché farlo in uno dei luoghi più sacri del mondo? Laura Màrquez è al colmo della gioia. Il direttore del giornale per cui collabora l'ha finalmente incaricata di occuparsi di un caso vero: la sparizione di un manoscritto dalla biblioteca dell'università di Santiago. Messi da parte i bollettini del traffico e i necrologi, Laura si getta a capofitto nel suo primo lavoro sul campo, anche perché ha la netta sensazione che, dietro quel furto, si nasconda una storia ben più interessante: quella stessa mattina, infatti, l'arcivescovo ha diramato un appello per esortare il ladro a restituire l'antichissimo testo. E, poco dopo, i sospetti di Laura trovano una drammatica conferma: l'ultima persona ad aver consultato quelle carte è stata Patricia Palmer, la ragazza uccisa nella cattedrale...
Vilnius Lancastre, novello Amleto a Barcellona, ha una spiccata somiglianza con Bob Dylan, l'ambizioso progetto di redigere un archivio generale del fallimento, nonché quello di fondare una società di emuli di Oblomov che facciano dell'indolenza totale una forma d'arte che consenta loro di generare non più di una sola idea al giorno. Per contro, il narratore è un prolifico scrittore che, dopo essersi dedicato tutta la vita alla produttività letteraria, si pente e si prepara a tacere definitivamente, anche nella vita reale. Ma non può non cedere all'invito di Vilnius e della fidanzata Deborah che gli affidano la stesura delle memorie apocrife del famoso scrittore Lancastre, morto in circostanze sospette. Ancora una volta quindi la vita reale si confonde con quella letteraria e i due giovani mettono in scena una trappola per topi di shakespeariana memoria senza mai cedere tuttavia all'impegno di perseguire la quintessenza della levità, quella dimensione infra sottile postulata da Duchamp. Sullo sfondo la filigrana della Hollywood degli anni d'oro e Scott Fitzgerald. Un romanzo intriso di grande ironia, con padri dai figli reali e scrittori coi loro figli metaforici, in competizione o complici, donne dal fascino delle dive di celluloide, in una Barcellona contemporanea e scanzonata, pronta a ospitare questa compagine di personaggi stravaganti.
Un giovane libraio, aspirante scrittore, sorprende una ragazza di singolare bellezza a rubare libri raffinati e andarsene dribblando abilmente la barriera antitaccheggio. Non la ferma, si limita ad annotare i titoli sottratti, sperando che lei torni per una delle letture di poesia che organizza con i suoi soci, tutti ferventi bibliofili. Presto la potenziale nemica diventa la sua ossessione sentimentale: le parla, la segue, la bacia dopo una perquisizione tra gli scaffali, consenziente e carica di valenze erotiche. Nonostante cerchi di ricostruirne la personalità attraverso il catalogo delle sue scelte come lettrice, sulla vita della sfuggente Severina scopre poco: abita in una pensione con quello che sembra l'anziano padre, il quale legge con lei tutti i libri prelevati nelle librerie e paga il conto quando i proprietari lo reclamano. Tra le pagine dell'esistenza di Severina si cela un mistero.
Come ogni anno Tomás e la sua famiglia passano l'estate nella loro casa al mare. Per il quattordicenne protagonista le vacanze sono sempre state una stagione di divertimento e serenità, un luogo concreto, con gli stessi amici, i soliti appuntamenti. Ma questa volta una strana tensione si fa largo in lui e lo spinge verso direzioni non ancora battute: mosso dal desiderio di sperimentare la trasgressione e la ribellione, arriva fino a quella zona della spiaggia in cui i suoi genitori gli avevano proibito di andare. Lì Tomás incontra un nuovo gruppo di amici e intraprende un viaggio iniziatico in un mondo dove il futuro sembra non esistere e le droghe e le prime esperienze sessuali si convertono in realtà. Ma la dinamica delle situazioni lo porta a partecipare a un atto che poi non riuscirà più a perdonare a se stesso. A due mesi di distanza, vinto dal senso di colpa e guidato da un processo di maturazione, decide di tornare alla casa delle vacanze per confrontarsi con l'unica persona che lo può giudicare e, eventualmente, perdonare.
L'amore e la Storia. L'amore, magari breve, che tuttavia lascia un'impronta indelebile nell'esistenza di chi lo vive; e la Storia, che procede senza concedere tregue e lasciare scampo, seminando torti e ingiustizie. Otto capitoli e otto momenti della vita di un uomo, dall'infanzia passata in un orfanotrofio russo negli anni Sessanta, all'età adulta, quando il sistema in cui inizialmente aveva creduto si dissolve. E in ciascuna di queste narrazioni è l'amore di o per una donna a risvegliare un frammento di coscienza: la giovane senza nome che sulle tribune per il corteo dell'anniversario della Rivoluzione d'ottobre piange sommessamente il compagno morto in un sottomarino, incrina la fiducia del giovane in quelle meticolose e vacue messinscena; Maja, la nipote della "donna che ha visto Lenin", gli svela la brutalità del leader bolscevico; Vika, che vive con la madre accanto alla fabbrica in cui il padre è costretto ai lavori forzati, gli apre gli occhi sul carattere repressivo del regime; Leonora, con la quale il narratore ormai adulto vede un film occidentale in cui la chiave di una camera d'albergo strappa gli applausi; Jorka, il compagno di giochi mutilato dall'esplosione di una granata, che coglie dei fragili bucaneve da regalare "a qualcuno" e pochi giorni dopo si avvia verso il bosco ancora disseminato di mine; Kira, che in un enorme e improduttivo frutteto si sforza di spiegare gli alti ideali dell'arte e della lotta al regime. E infine quella donna grassa e volgare...
Kambili ha quindici anni. Vive a Enugu, in Nigeria, con i genitori e il fratello Jaja. Suo padre Eugene, proprietario dell'unico giornale indipendente del Paese, è agli occhi della comunità un modello di generosità e coraggio politico. In un Paese sull'orlo della guerra civile, conduce una battaglia incessante per la legalità, i diritti civili, la democrazia. Ma, nel chiuso delle mura domestiche, il suo fanatismo cattolico lo trasforma in un padre-padrone che non disdegna la violenza. Cosi Kambili e Jaja crescono in un clima di dolorose contraddizioni fino a che, dopo un colpo di Stato, vanno a vivere dalla zia Ifeoma. E nella nuova casa, tra musica e allegria, i due ragazzi scoprono una vita fatta di indipendenza, amore e libertà. Una rivelazione che cambierà il loro futuro. "L'ibisco viola" racconta le trasformazioni civili e politiche del post colonialismo, ma è anche una storia sulla sottile linea che divide l'adolescenza dall'età adulta, l'amore e l'odio, le vecchie religioni e le nuove, in una prima prova che già unisce talento e saggezza.
Tomás ha dodici anni, anche se non ne dimostra più di otto. E un po' lento e un po' impacciato e di solito non parla molto. Non perché non abbia niente da dire, ma è come se le parole rimanessero intrappolate dentro di lui. E poi le parole sono come frecce: vanno e vengono, feriscono e uccidono. Per questo lui preferisce registrarle, soprattutto quelle degli adulti, così non possono sfuggirgli. Suo papà, Juan, non vorrebbe che lo facesse, perché "insidia la privacy". Ma ci sono già talmente tante cose che Tomás non può fare... E per via del cuore, che è più debole di quello degli altri. Non può correre, non può agitarsi, non può fare sforzi. Non può nemmeno far tornare indietro il tempo a quando la mamma era ancora viva. Suo papà non parla mai di lei. Forse ha troppo da fare con il suo lavoro di cardiochirurgo e non ha tempo per le chiacchiere. Ma quando lui non parla è come se si spegnesse la luce e ognuno rimanesse al buio, smarrito nel suo angolino. Silenzi neri, non pieni di luce come quelli di Alma, la moglie di Juan, che riempiono lo spazio invece di svuotarlo. A volte lei e Tomás fanno cose che papà non approverebbe, come mangiare la torta con le mani e leccarsi le dita. Alma è l'unica che può capire perché lui adesso deve fare le sue ricerche. Deve scoprire dieci cose sulla mamma, e dopo tutto sarà più chiaro. La prima l'ha già scoperta. Gliene mancano nove.
Isabel ama la luce del faro tra gli oceani, che rischiara le notti. E adora le mattine radiose, con l'alba che spunta prima lì che altrove, quasi quel faro fosse il centro del mondo. Per questo ogni giorno scende verso la scogliera e si concede un momento per perdersi con lo sguardo tra il blu, nel punto in cui i due oceani, quello australe e quello indiano, si stendono come un tappeto senza confini. Lì, sull'isola remota e aspra abitata solo da lei e suo marito Tom, il guardiano del faro, Isabel non ha mai avuto paura. Si è abituata ai lunghi silenzi e al rumore assordante del mare. Ma questa mattina un grido sottile come un volo di gabbiani rompe d'improvviso la quiete dell'alba. Quel grido, destinato a cambiare per sempre la loro vita, è il tenue vagito di una bambina, ritrovata a bordo di una barca naufragata sugli scogli, insieme al cadavere di uno sconosciuto. Per Isabel la bambina senza nome è il regalo più grande che l'oceano le abbia mai fatto. È la figlia che ha sempre voluto. E sarà sua. Nessuno lo verrà a sapere, basterà solo infrangere una piccola regola. Basterà che Tom non segnali il naufragio alle autorità, così nessuno verrà mai a cercarla. Decidono di chiamarla Lucy. Ben presto quella creatura vivace e sempre bisognosa d'attenzione diventa la luce della loro vita. Ma ogni luce crea delle ombre. E quell'ombra nasconde un segreto pesante come un macigno, più indomabile di qualunque corrente e tempesta Tom abbia mai dovuto illuminare con la luce del suo faro.
Nel romanzo della sua gioventù, carico di atmosfere universitarie sullo sfondo di una Bucarest segnata dal ritmo delle stagioni, Mircea Eliade si racconta come un ragazzo guidato da un profondo e intransigente furore di conoscenza, spietato osservatore della comunità studentesca in cui è immerso e con cui pure interagisce attivamente. Non sappiamo quanto di questo carattere esasperato corrisponda alla personalità storica del giovane studioso, o ne sia la parossistica rappresentazione; Eliade scrive un romanzo, creazione letteraria volta vampirescamente a succhiare il sangue del reale. Ed egli è già scrittore a tutto tondo in queste pagine, che seguono la saga scolastica narrata ne "Il romanzo dell'adolescente miope" (Jaca Book, 1992), dotato di una qualità affabulatoria che doveva essergli propria anche nella comunicazione orale e già capace di mettere in scena gli sconfinati campi del sapere che andava sondando, trasformandoli in materia narrativa. Ciò sarebbe avvenuto in maniera insospettabile nella sua successiva produzione letteraria, segnata dal fantastico e dal misterioso senza che il registro realistico fosse mai del tutto abbandonato. Scritto da un Eliade ancora giovane nella sua Bucarest sul finire degli anni Venti, questo romanzo restituisce alla perfezione la tensione estrema che precede lo slancio verso la vita, l'irrequietudine di scelte ancora da fare, l'attesa prima del viaggio con cui infatti si chiude il libro.
Chi meglio del creatore di Mma Ramotswe può accompagnarci in un viaggio nel cuore dell'Africa e del suo folclore? Magia, humor, meraviglia nel libro di un narratore con una testimonial d'eccezione, proprio lei, la prima (e unica) investigatrice del Botswana.
Danny Murphy sta per rincontrare suo fratello Jimmy dopo vent'anni in cui non si sono visti. Danny ripensa al passato, al legame speciale che c'era tra loro durante l'adolescenza, alla loro unione e al terribile litigio che li ha separati per tanto tempo. Ci sarà una seconda possibilità per il loro rapporto?