"C'è un criterio a mio parere infallibile per saggiare la verità ("autenticità") del personaggio (ma è ciò poi cosa diversa dalla verità-"autenticità" della narrazione?): e cioè, se il personaggio - quali che siano le virtù di cui si adorna l'identità fittizia che gli è prestata - "ci riesce antipatico", se ci sentiamo a disagio in sua compagnia o addirittura non lo sopportiamo, ciò non può essere che a causa del fatto che il personaggio è "sbagliato" perché irreale... Resta però che dovremmo comunque in qualche modo chiederci - ed è questione del massimo momento - se Varen'ka Olesova - lei (il Personaggio) ci piace o non ci piace, se stiamo volentieri in sua compagnia o a seguirne le 'peste', se ce ne sentiamo (l'abbiamo detto!) "intrigati"... Quanto a me, conosco la risposta. Sia detto fra noi, mi sono anche, temo, un poco innamorato..." (dalla postfazione di Daniele Morante)
Pensieri, folgoranti aforismi, abbozzi di racconti mai più elaborati sono raccolti in questo "Quaderno di appunti", pubblicato postumo, e limpidamente tradotto da Elsa Morante. La breve vita di Katherine Mansfield vi si illumina di tonalità nuove, in particolare per i suoi ultimi anni, quando la sua ricerca di una verità oltre la letteratura la porta a mettersi in discussione, a confrontarsi drammaticamente con la vita. Il paragone con la sua grande contemporanea, Virginia Woolf, è obbligato: "Strane le sorti di queste due grandi scrittrici" scrive Emilio Cecchi. "E la sorte più buia, indecifrabile, non è quella della Woolf, piena d'immagini e di sogni, benché minacciata e visitata dalla demenza; ma della Mansfield, tesa e vibrante come acciaio, nella spietata ricerca della realtà, della verità, che la induceva a cieca crudeltà verso se stessa".
Maya Vidal, l'adolescente protagonista del nuovo romanzo di Isabel Allende, caduta nel circuito dell'alcol e della droga, riesce a riemergere dai bassifondi di Las Vegas e, in fuga da spacciatori e agenti dell'Fbi, approda nell'incontaminato arcipelago di Chiloé. In queste isole remote nel Sud del Cile, nell'atmosfera di una vita semplice fatta di magnifici tramonti, solidi valori e rispetto reciproco, Maya impara a conoscersi e a conoscere la sua terra d'origine, scopre verità nascoste e, infine, l'amore. A queste pagine si alterna il crudo racconto della sua difficile storia precedente, una vita fatta di marginalità e degrado, solitudine e cattive compagnie, nella quale precipita dopo la morte dell'amatissimo nonno. Isabel Allende torna a raccontare la vita di una donna coraggiosa in un romanzo che affronta con delicatezza le relazioni umane: le amicizie incondizionate, le storie d'amore palpabili come quelle più invisibili, gli amori adolescenziali e quelli lunghi una vita. Un ritmo incalzante, una prosa disincantata per questa nuova prova narrativa che si tinge di noir e per l'ennesima galleria di donne volitive e uomini capaci di amare.
"Il libro dell'inquietudine" è il "Grande Libro" che Pessoa scrisse nel corso di tutta la vita, il progetto mai concluso cui si dedicò dagli anni Dieci al 1934 almeno. "Il libro che Pessoa ha scritto ma non ha mai letto" secondo la paradossale definizione di Eduardo Lourenço, ci è giunto in forma di centinaia di frammenti che, nella loro grande maggioranza, raccontano l'autobiografia "senza avvenimenti" di Vicente Guedes prima, di Bernardo Soares poi. In particolare Soares, aiuto contabile in una ditta di Lisbona, è l'uomo qualunque, prigioniero della quotidianità, stritolato dal ripetersi di giorni sempre uguali e dalla mediocrità dei colleghi, l'uomo perennemente alla finestra, le cui vie di fuga sono l'arte, il sogno, l'immaginazione. Cinico, a volte freddo, egocentrico ed egoista, Soares scruta dentro di sé con narcisistico, morboso ed esacerbato interesse per le proprie sensazioni. I brani di diario, i cui motivi costanti sono il tedio, la stanchezza, l'inazione, il sogno, la fuga dal mondo reale, la fobia dei rapporti interpersonali, si alternano a riflessioni sull'arte, la politica, la scienza... Ma il "Libro" non è solo questo: è anche uno scrigno di testi di taglio simbolista, le cui atmosfere rarefatte ci proiettano in un mondo onirico e atemporale molto suggestivo. Esempi di una prosa raffinata, retoricamente elaborata, che in questa nuova edizione, curata da Valeria Tocco, rivive in tutta la sua complessità e ricchezza.
Dopo il recente "Pirati e altri avventurieri", Fernando Savater dedica un nuovo volume ai romanzi d'avventura e all'arte di raccontare storie. Naturalmente non mancano neppure qui gli 'avventurieri', e tuttavia cambiano i mondi che li vedono agire, che vanno dagli affascinanti paesaggi dell'Africa e dalle sterminate pianure del Far West, ai luoghi immaginati dai maestri della fantascienza di ieri e di oggi. Al centro gli scrittori più amati, come Jules Verne e come H.G. Wells; ma senza trascurare un corollario di scrittori oggi meno rinomati ma le cui opere restano intramontabili, a cominciare da quell'Arthur C. Clarke cui si deve il racconto da cui Stanley Kubrick trasse il suo indimenticabile "2001 Odissea nello spazio". Come sempre, Savater riflette a tutto campo e in profondità su ciascuno dei temi, degli autori e delle opere trattate, spaziando tra letteratura e cinema, tra grandi personaggi e grandi interpreti; ma lo fa soprattutto come un lettore appassionato e instancabile che lotta contro ogni pregiudizio che vada ad inficiare il piacere della lettura, che si tratti di Tolkien o che si tratti di Harry Potter, perché in definitiva l'arte di raccontare è anche l'arte di saper leggere.
È un caldo giorno di primavera del VII secolo quando nel Borgo a oriente del Delta egiziano, dove vive una piccola comunità cristiana, arrivano i mercanti arabi. Costantinopoli è lontana e, in questa parte dell'Impero, non vi è traccia della strenua lotta di Eraclio I di Bisanzio contro Persiani e Arabi. Dai loro brulli deserti, i mercanti arrivano con le loro larghe mantelle rigate di fili luccicanti, i turbanti bianchi, gli occhi truccati con il kohl, alla ricerca di donne in un villaggio abituato a svuotarsi delle risate delle vergini. Salama, il mercante di una famiglia chiamata "nabatea", poiché discendente dai Nabatei, il popolo dell'antica Petra, è venuto a prendersi Marya, una bella ragazza bianca come il cuore del grano, con occhi limpidi e grandi, ciglia spesse del colore delle notti d'inverno. È venuto accompagnato dal fratello minore, noto ai mercanti come "lo Scriba", perché è colui che scrive i contratti commerciali, e come il "Nabateo", sebbene tutti loro siano nabatei. Coi suoi tratti fini e gentili, la veste bianca e pulita e il turbante che emana un tenue profumo, il Nabateo, così diverso da Salama che ha la testa piccola e il collo lungo, un leggero strabismo e un naso troppo grande, colpisce al cuore la giovane Marya. AI pensiero di vivere tutta la sua vita con Salama nel deserto e di lasciare sua madre e il Borgo, Marya si rattrista, tuttavia non si ribella al proprio destino...
Negli ultimi anni della sua vita Jorge Luis Borges si dedica a indimenticabili dialoghi radiofonici con lo scrittore Osvaldo Ferrari. Queste conversazioni non nascono espressamente come interviste, ma dal piacere condiviso di trattare e discutere su temi vari, nonostante la differenza di età. I dialoghi vengono poi raccolti in tre volumi tra il 1985 e il 1987; una selezione appare nel 1992 in Argentina e in Spagna, e viene poi tradotta in Francia, Italia, Portogallo, Svizzera e Germania. Quest'ultimo volume è pubblicato per la prima volta in Argentina in occasione del centenario della nascita dell'autore e raccoglie dialoghi inediti fino a quel momento. Si tratta del libro definitivo delle "conversazioni", e si concentra (tranne quella iniziale, che è la prima dei tre anni di collaborazione) sui temi tipici di Borges: la letteratura fantastica, la fantascienza, il tempo, il caso, Gesù Cristo e il cinema; o sulla propria opera letteraria o quella di altri autori, come James Joyce, Oscar Wilde, Adolfo Bioy Casares e Robert Louis Stevenson...
Niko vive a Copenhagen con la sorella maggiore Sos da quando la mamma, popstar famosissima, e il padre postino sono scomparsi in un incidente stradale. Niko vive alla giornata: è imbranato con le ragazze di cui si innamora, scombinato a scuola e nella vita, insofferente verso chi lo ama, rissoso quando si riunisce con l'amico e coetaneo Jeppe e insieme danno la caccia a qualche malcapitato compagno di strada. Niko vive ma la sua vita non sembra avere alcuno spiraglio e l'amore di sua sorella non potrà più essergli sufficiente. Tutto sembra precipitare, quando si intrufola in casa sua un ragazzone hippy, sordo alle proteste e ai colpi di Niko, che dice di chiamarsi Gesù Cristo e di essere venuto a fare di lui un ragazzo migliore. Niko non sa (e non saprà mai) se quello strano tipo è veramente Gesù o un pazzo mitomane ma inizia a dargli retta e a seguire un decalogo per uscire fuori dal suo tunnel. Primo comandamento: lasciare Copenaghen e tornare nel paese dove sua mamma è nata; poi si vedrà. "Il mio amico Gesù" è il racconto feroce e tenero di un viaggio forzato verso la felicità di un giovane che non l'avrebbe mai potuta toccare. E che importa, infine, se il sedicente Gesù sia tale veramente o un ragazzotto pieno di fantasia?
Questo volume contiene l'ultima parte delle interviste radiofoniche concesse dal Socrate argentino al suo connazionale Osvaldo Ferrari. Ritorna l'ormai familiare tono di elegante divagazione, proprio di questo pronipote di anglosassoni che, paradossalmente, si è tentati di prendere per uno scrittore inglese che si esprime in spagnolo. E col tono si ripropongono i temi, le frequentazioni, le curiosità, le passioni intellettuali, estetiche e morali di uno scrittore per più versi singolare, anzi unico nel Novecento. Chi è Borges? Possiamo riferire a lui l'immagine ch'egli traccia di Shakespeare, come di uno che sia insieme tutti e nessuno: l'immagine dello scrittore che si annulla nell'opera. La sua cultura, insieme ironica ed eccitata, paradossale e commossa, che nessuna presunta verità intimidisce, è sempre pronta a far posto al sentimento della dignità dell'uomo e della sua interezza. Perché, se il gioco a cui mira Borges può sembrare a volte gratuito, non si può dimenticare l'esempio di uno stoico scetticismo che, rifiutando la pura negazione, affida al potere della parola quel che d'illusione segreta è da salvare e tramandare.
Max detesta il Natale e quest'anno, per la prima volta in vita sua, è fermamente intenzionato a lasciarselo alle spalle e a fuggire in un paradiso esotico. Purtroppo, però, ha fatto i conti senza Kurt, il suo cane. Kurt è stato un investimento sbagliato: passa la maggior parte del tempo a dormire e, quando si muove, tutt'al più lo fa per sbaglio. A chi affidarlo durante la vacanza? All'inizio Katrin non ha nulla a che spartire né con l'uno né con l'altro. Alla soglia dei trent'anni deve, suo malgrado, sopportare genitori che devono, loro malgrado, sopportare il fatto che lei non abbia ancora trovato l'uomo giusto. Con l'avvicinarsi del Natale e della tradizionale riunione di famiglia, la pazienza di tutti giunge al limite. Di colpo, però, ecco che all'orizzonte spunta Kurt. A Katrin non piacciono granché gli animali, ma a suo padre ancora meno. L'inserzione di Max per un dog-sitter è un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Così in un attimo lei architetta un piano formidabile. Mentre in città la temperatura continua a scendere e la prima neve ammanta di bianco le strade, le vite di Max, Katrin e Kurt si intrecciano inesorabilmente, in un crescendo di sorprese, trovate geniali e battute memorabili. Una nuova e intensa storia d'amore, con il giusto mix di leggerezza e serietà e due indimenticabili protagonisti. Anzi, tre: fare i conti senza Kurt è davvero impossibile.
Sylvia, diciassette anni appena compiuti, viene investita nel pieno della notte dalla Porsche di un calciatore argentino ventenne del quale finirà per innamorarsi. Lorenzo, il padre di Sylvia, abbandonato dalla moglie, disoccupato, tenta di ricostruirsi una vita assassinando il suo vecchio socio d'affari. Leandro, padre di Lorenzo e nonno di Sylvia, uomo mediocre e pianista mancato, ora pensionato (la moglie Aurora è in ospedale in punto di morte), si gioca pensione e reputazione frequentando un bordello di periferia. Tre protagonisti, una sola famiglia, una sola città. Madrid. Tre vite, tre biografie, tre prospettive: Trueba esplora le possibilità esistenziali del sentimento in un mondo in cui nulla è più ciò che sembra. Ognuno cerca di conquistare a modo suo un'identità vincente, ma in verità "bisogna saper perdere". "Saper perdere" è uno spaccato della Madrid contemporanea, che rivela fino in fondo l'ansia dell'uomo di fronte alla felicità: un oggetto quanto mai indefinito e impossibile da comprendere al di fuori della barriera della propria intimità.
L'"amico di Kafka" che dà il titolo a questo volume di racconti è un ex attore del teatro yiddish di Varsavia, disoccupato e vanesio, che si atteggia a dongiovanni e si vanta di aver conosciuto il famoso scrittore praghese. Una facciata pretestuosa che nasconde, in realtà, la contrapposizione di due diverse visioni dello stesso mondo. La prima è assillante nella ricerca di una via di scampo che si sa impossibile; la seconda recupera invece la speranza attraverso un'esplosione di espedienti magici che offrono ogni libertà alla fantasia umana. Accanto a "Un amico di Kafka", giustamente considerato un capolavoro nonché una tra le prose più limpide ed enigmatiche della maturità di Singer, appaiono altri venti racconti, tra i più significativi dell'ultima produzione del Premio Nobel, che spaziano dall'Est europeo al Nuovo Mondo e attraversano le varie epoche del nostro secolo, nel tentativo costante di recuperare i valori della tradizione e di sondare le pieghe più riposte dell'animo umano.