A chi la attraversa con occhi attenti, New York racconta la storia di un secolo preciso, il Novecento: in quali idee credeva, di quali mali soffriva, che sogno di felicità inseguiva. Camminare tra il Lower East Side e il Greenwich Village, o pedalare su per Broadway fino a Times Square, o costeggiare l'isola in traghetto da Harlem alla Battery, è come assistere a un' epopea che nasce nell' età del transatlantico e delle grandi migrazioni, supera gli anni ruggenti, gli anni ribelli, gli anni dell' opulenza, e finisce una mattina di inizio millennio, il giorno del 2001 in cui qualcuno ha immaginato di poter distruggere New York. Ma una città non è fatta solo di luoghi: sono le persone con i loro sentimenti, le loro relazioni e desideri, a darle la sua anima. E New York - lo dice Fitzgerald nel racconto che apre questa raccolta - non è la città di chi ci è nato, ma quella di chi l'ha desiderata, e ha dovuto combattere per farne parte.
África Sendino è un medico. Un giorno Sendino si ammala. Scopre di avere un tumore incurabile e il suo cammino verso la morte ha una brusca impennata. Ma questa esperienza, per Pablo e per chi le sta accanto, diventa un'esperienza affascinante, esemplare. Perché Sendino affronta la malattia con un'eleganza che evoca una vita interiore straordinaria. E Sendino scrive, annota su un diario pensieri e minute su sé e la sua vita mangiata dal cancro. Vuole farne un libro. Ma quando si accorge che non l'avrebbe mai visto, quel libro, chiede a Pablo di prendersene carico. Pablo fa di più. Ci mette se stesso. E in queste pagine racconta Sendino, quella parte della sua vita passata accanto a lei, e la vera eredità che Sendino ci lascia.
Londra, 1940. Per evitare la distruzione dell'esercito britannico a Dunkerque, Churchill ha un'idea che cambierà il corso della guerra: creare una squadra dei servizi segreti che lavori nella segretezza più assoluta, la SOE, Special Operations Executive. La SOE è incaricata di azioni di sabotaggio e intelligence tra linee nemiche: la novità è coinvolgere persone tra la popolazione locale più insospettabile. Qualche mese dopo, il giovane Paul-Emile lascia Parigi per Londra nella speranza di unirsi alla Resistenza. Subito reclutato dalla SOE, è inserito in un gruppo di connazionali che diventeranno suoi compagni e amici del cuore. Addestrati e allenati in Inghilterra, i soldati che passeranno la selezione verranno rimandati nella Francia occupata e scopriranno presto che il controspionaggio tedesco è già in allerta... L'esistenza stessa della SOE è rimasta a lungo un segreto. Settant'anni dopo i fatti, "Gli ultimi giorni dei nostri padri" è uno dei primi romanzi a evocarne la creazione e a raccontare le vere relazioni tra la Resistenza e l'Inghilterra di Churchill.
Nel 1928 Landolfi è studente all'Università di Firenze. Dai corsi ufficiali, però, si tiene "a rispettosa distanza": la sua unica, "beata", occupazione è parlare per notti intere di letteratura con gli amici Carlo Bo, Leone Traverso e Renato Poggioli. "Lì era la nostra università," ricorda "a quella vera non andavamo mai". E grazie a Poggioli che scopre la letteratura russa: e in questa disciplina, che a Firenze allora nessuno professava, si laureerà nel 1932 con una tesi sull'opera di Anna Achmatova. Intanto, nel 1930, sono usciti un racconto, Maria Giuseppa, e la recensione al Re Lear delle Steppe di Turgenev: il suo doppio destino - di scrittore e di slavista - è segnato. Ma slavista è forse il termine meno adatto. Incontrando la letteratura russa, Landolfi incontra in realtà una parte di sé: e l'"uomo superfluo" - in cui confluiscono senso di estraneità, stanchezza spirituale, profondo scetticismo - diventa uno specchio nel quale non cesserà di guardarsi. Per non parlare del dualismo morale, dei fantasmi, dell'innocenza russa, di Gogol' e Dostoevskij, che entrano stabilmente fra gli agenti attivi della sua immaginazione, per poi rifluire nella narrativa. Non meraviglia allora che in Russia Landolfi non sia mai andato: quel paese era per lui, e sarebbe rimasto, un'immagine, la matrice di una letteratura consegnata a un "eterno romanticismo", nonché di scrittori irriducibili agli schemi, capaci di ricreare da capo il proprio mondo.
In questo volume sono raccolte alcune tra le opere più significative di uno dei maggiori autori della cultura ebraica. Quattro romanzi che raccontano un mondo ormai svanito, complesso eppure semplicissimo, poetico e vibrante di vitalità. "Yoshe Kalb" ci presenta un uomo ammantato di mistero, tonto mendicante per alcuni, per altri santo asceta, degno di diventare rabbino. La rivalità tra Jacob Bunim e Simcha Meyer è il filo conduttore de "I fratelli Ashkenazi", uno scontro che si prolunga per decadi, mentre sullo sfondo Lódz da borgo polacco si trasforma in città industriale. "La famiglia Kàrnowski" ci offre il ritratto di tre generazioni di ebrei, inseriti nella società tedesca ma minacciati dal nazismo sempre più cupo e pericoloso. Infine in "Da un mondo che non c'è più", opera autobiografica incompiuta pubblicata postuma, si narra del piccolo Joshua: il suo villaggio gli pare "schiacciato dal peso della Torah"; è costretto a studiare i testi sacri, mentre preferirebbe correre nei prati e giocare. Se la storia del ventesimo secolo, con la follia dei totalitarismi e la frenesia del progresso, ha travolto il mondo descritto in questi capolavori, le parole di Israel Joshua Singer per sempre manterranno vivo il loro patrimonio unico di persone, idee, sapienze e costumi. Introduzione di Moni Ovadia.
Per alcuni esseri umani c'è un momento nella vita in cui si deve decidere di lasciarsi alle spalle le convenzioni per ritrovare se stessi in un luogo lontano dal consumismo, più vicino alla natura. Il nostro sognatore compie questo atto di coraggio spinto dall'amore per l'oceano e proprio lì, su una costa incontaminata, costruisce la sua casa di luce, che gli permette di rimanere sempre in contatto con il mondo che lo circonda. Il sognatore riscopre bellezza e sintonia, pace e armonia, e recupera un autentico rapporto con le persone semplici che incontra in quei luoghi intatti, primo fra tutti il pescatore che gli insegna a sintonizzarsi con i ritmi del cielo e della terra. Egli riprende così un dialogo silenzioso con le creature del mare: il cucciolo di foca che si lascia accarezzare sulla battigia, la grande balena che nuota assieme a lui sulla cresta delle onde, e molti altri animali. Infine riscopre l'amicizia più pura e trasparente: quella con una piccola volpe selvatica, Chiqui, che diventa per lui una tenera guida.
I quattro amori che l'autore distingue nell'animo umano sono l'affetto, l'amicizia, l'eros, la carità. Ognuno di essi, preso singolarmente, è stato trattato piuttosto spesso: da san Bernardo a san Paolo, da Ovidio a Stendhal. Più difficile, invece, è trovare chi li abbia considerati insieme. Lewis l'ha fatto. Egli vede ciascuno dei "quattro amori" emergere nell'altro, ci mostra come uno possa anche trasformarsi nell'altro, ma non perde mai di vista la reale e necessaria differenziazione tra loro. L'autore delle "Cronache di Narnia" sa essere lucido e vigoroso nell'incidere queste fondamentali linee dell'animo umano e il risultato è un ritratto parlante dell'unico e profondo desiderio di felicità, in cui ciascuno sarà indotto a ritrovare familiari somiglianze.
"Personalmente, ne sono rimasto assolutamente, oscuramente affascinato; mi sono divertito ed ho anche riso, essendo consapevole contemporaneamente che si trattava di un libro sinistro; sono stato irretito in un mondo d'ombre, di disossate e consunte meduse umane, avvertendo insieme che quei bizzarri profili di carta e parole erano capaci di lancinanti squisitezze logiche e di raffinate, sapienti, intollerabili sofferenze. È satira? Non lo so; forse sì, giacché la satira è il genere più ambiguo, più sordido, e sa congiungere in sé l'odio e il riso, la ripugnanza e la seduzione; sa essere disperata e furba. Questo libro è satira come il viaggio di Gulliver tra i cavalli sapienti, i nobili animali che gli rivelano come si possa tollerare d'esser uomini solo difendendosi nella follia." (Giorgio Manganelli)
"Questo libro non parla di Cernobyl' in quanto tale, ma del suo mondo. Proprio di ciò che conosciamo meno. O quasi per niente. Ad interessarmi non è l'avvenimento in sé, vale a dire cosa sia successo e per colpa di chi, bensì le impressioni, i sentimenti delle persone che hanno toccato con mano l'ignoto. Il mistero. Cernobyl' è un mistero che dobbiamo ancora risolvere... Questa è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, generazioni e temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali. Cernobyl' è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo l'acqua e la terra."
Dopo averci fatto ascoltare in "Preghiera per Cernobyl'" le voci delle vittime del disastro nucleare, Svetlana Aleksievic fa parlare qui i protagonisti di un'altra grande tragedia della storia sovietica: la guerra in Afghanistan tra il 1979 e il 1989. Un milione di ragazzi e ragazze partiti per sostenere la "grande causa internazionalista e patriottica"; almeno quattordicimila di loro rimpatriati chiusi nelle casse di zinco e sepolti di nascosto, nottetempo; cinquantamila feriti; mezzo milione di vittime afgane; torture, droga, atrocità, malattie, vergogna, disperazione... Gli 'afgancy', i ragazzi che la guerra ha trasformato in assassini, raccontano ciò che si è voluto nascondere. Accanto a loro, un'altra guerra. Quella delle infermiere e delle impiegate che partirono per avventura e patriottismo. E soprattutto le madri. Dolenti, impietose, stanche, coraggiose.
È il 31 dicembre a Barcellona e Fernando, detto Fer, è seduto al tavolo della sala da pranzo di sua madre a piegare con cura i tovaglioli rossi. Amalia, la mamma, è nervosa e piena di gioia. Dopo tanti tentativi frustrati, tutti i suoi figli e parenti - il sangue del suo sangue - si siederanno a tavola per festeggiare l'ultimo dell'anno e brindare finalmente insieme.
Ci sarà lui, Fer, con Max, l'alano che dorme con la testa in una perenne pozza di bava, regalo d'addio che il suo ex compagno Andrés gli ha lasciato, giusto per non sentirsi in colpa per essersi innamorato di un altro.
Ci sarà Silvia, la figlia maggiore, che, dopo aver perduto la bambina che portava in grembo, mastica rabbia e nicotina, ed è come una pentola a pressione sempre sul punto di scoppiare.
Ci sarà Emma, la figlia più piccola, il disordine in persona, colei che ha sempre qualcosa che non va. E Olga, la sua compagna - l'"aggiunta" come la chiama Silvia-: naso all'insù, perle, tacchi, borsa di Louis Vuitton, e l'aria supponente di chi ripete come un mantra "lascia che ti dica.
Ci sarà, infine, l'eccentrico zio Eduardo, che l'anno prima si è presentato vestito da babbo natale e completamente ubriaco.
È un giorno importante, e Amalia non nasconde la sua gioia e le sue paure.
Silvia saprà stare al suo posto e non litigherà con Olga? E lo zio Eduardo non racconterà nessuna delle storie schifose dei suoi viaggi? E non busserà alla porta nessun vicino del palazzo, com'è accaduto anni prima, quando è comparso sulla soglia il signor Samuel in compagnia di una povera mulatta cubana mezza svestita?
Con un ritmo serrato e un impianto "teatrale" Alejandro Palomas mette in scena una memorabile cena di Capodanno in cui ciascuno vuole, dal suo angolo di vita, scacciare ogni pesantezza e trascorrere una serata leggera. Ma si sa, le feste in famiglia svelano puntualmente cose ignote, verità non ancora rifinite che affiorano improvvise, come la luce che sale dal mare all'alba del nuovo anno.
I bambini la sera non vogliono mai andare a letto. Tranne il 24 dicembre. Ma non sanno che Babbo Natale è davvero nei guai e che i loro regali sono seriamente in pericolo. Rudolph, la renna più forte e più veloce, che sa orientarsi a occhi chiusi tra le stelle, la renna più esperta negli atterraggi sui tetti, la renna che canta volando da un paese all'altro, è in sciopero. Babbo Natale sa che c'è solo un animale in grado di sostituire Rudolph: un cane di nome Rover! Riuscirà l'astuto elfo inviato da Babbo Natale a convincere il cane più furbo del mondo - quello che vendeva la cacca ai Ridarelli - a lavorare gratis per una notte intera? Un volo a perdifiato intorno al globo terrestre, una corsa contro il tempo, tra demenziali intervalli pubblicitari, capitoli capricciosi, lucertole innamorate e imprevisti esotici di ogni genere... È una notte speciale: stavolta anche i bambini possono viaggiare con Babbo Natale, e dal cielo cade zucchero invece che neve.Una notte magica e piena di risate, che solo il genio di Roddy Doyle poteva creare. Età di lettura: da 8 anni.