
Per Luciano Ligabue le canzoni non sono poesie in musica. Sono canzoni, un'altra cosa. A maggior ragione, le poesie non sono canzoni senza musica. Sono - questo sí - un altro modo di raccontare storie ed emozioni. Oueste poesie segnano un esordio ma, in qualche modo, anche un ritorno al Ligabue delle origini, il Ligabue dei primi album e dei racconti di Fuori e dentro il borgo più che del romanzo "La neve se ne frega", il Ligabue che riscopre il gusto di raccontare persone e personaggi. C'è il padre morente, il figlio che cresce, ma anche la strana insegnante di educazione fisica, e l'antipatico Marzio, c'è "B", che "è tornato, è morto, ma si era sbagliato", c'è la bambina scappata di casa tanto tempo fa. Non solo storie. Una raccolta che alterna analogie e rimandi a improvvisi "intervalli". Poesie che non hanno una morale -ci mancherebbe - ma che non hanno paura ad affermare che nella vita occorre "accettare meraviglia" ed essere, sempre e comunque, come "un paio di farfalle dure a morire". Testi che riconoscono nei maestri della poesia americana del Novecento un punto di riferimento, dai quali Ligabue - come ogni allievo che si rispetti - si allontana subito. Perché la sua voce, anche nelle poesie, è inconfondibilmente e solo sua.
L'incontro di un grande poeta con un grande filosofo per scoprire aspetti inediti dell'uno e dell'altro. L'avvio della causa di beatificazione di Antonio Rosmini induce a conoscere meglio questo personaggio la cui opera è ritenuta tanto complessa quanto profeticamente attuale, anche sotto il profilo spirituale, messo in luce da chi seguì le sue orme. Con un testo finale di poesia.
Frammenti di una saggezza immortale, versi di insuperato lirismo e intensa spiritualità, questo sono le Quartine di 'Omar Khayyam. Come tutti i classici solcano i millenni, sconvolgono e consolano ogni lettore, anche quello contemporaneo, bisognoso delle certezze profonde che solo la grande poesia è capace di elargire. Tra i massimi poeti della storia universale, Khayyam fu anche scienziato, astronomo, matematico e filosofo. A lui si devono progressi decisivi nell'algebra e nella comprensione delle dinamiche che regolano il sistema solare.
L'opera raccoglie, secondo un progetto delineato da Raboni stesso, tutta la sua opera in versi e, della vasta attività saggistica. Si trovano perciò le raccolte principali, "Le case della Vetra", "Cadenza d'inganno", "Nel grave sogno", "Canzonette mortali", "Versi guerrieri e amorosi", "Ogni terzo pensiero", "Quare tristis", oltre a una serie di plaquettes, a traduzioni poetiche e a una sezione che raccoglie versi dispersi, inediti o pubblicati postumi. Raboni si esprime in un tono prevalentemente medio-basso, con un uso incisivo del "parlato" - vale a dire di una lingua non letteraria ma quotidiana, identica a quella della comunicazione orale - e introduce nella sua poesia un'acuta sensibilità per il quotidiano. Il suo stile riesce ad assorbire il linguaggio basso entro il percorso elevato della lirica, generando testi che hanno il pregio di una elevata leggibilità. Raboni inoltre introduce nel corpo del testo poetico figure e personaggi appartenenti a una realtà minuta e umile, solitamente esclusa dalla poesia.
La vita di Lermontov, breve, intensa, influenzata dal modello byroniano, si riflette in componimenti dominati da eroi solitari, da esclusi e proscritti alla costante ricerca di un riscatto. I poemi e le liriche qui raccolti delineano un panorama della sua opera dal 1828 al 1841, l'anno della morte, privilegiando i vertici della sua produzione poetica.
«Una grande prova della poesia di oggi. Qualcosa di vasto, di preciso e di radicale ci arriva nella voce di Susan Stewart, una delle migliori della poesia contemporanea degli Stati Uniti. C'è una vitalità suprema, colta nelle vibrazioni profonde e minime dell'esistente, nella memoria e nelle sue cavità , e nello sguardo che non si sottrae alle ferite della storia. La rete dei suggerimenti che le vengono dall'arte e dalla filosofia e la misteriosa, mobilissima rete del vivente trovano nella voce della poesia una sempre nuova corrispondenza. A ridare, con inquietudine e forza, il senso stupito di una presenza umana nel tempo e nel mondo» (pp. 200).
Davide Rondoni
Poeta e critico, Susan Stewart è nata nel 1952 in Pennsylvania. In poesia ha pubblicato Yellow Stars and Ice (1981), The Hive (1987), The Forest (1995) e Columbarium (2003) per il quale ha avuto il National Book Critics Circle Award. E' autore di svariati libri di critica letteraria e d'arte, tra cui il recente Poetry and the Fate of the Senses (2002) per il quale le sono stati assegnati il Christian Gauss Award e il Truman Capote Award per la critica letteraria, rispettivamente nel 2003 e nel 2004... Ha inoltre tradotto l'Andromaca di Euripide con Wesley Smith e con Brunella Antomarini poesie e prose scelte del pittore di Scuola Romana Scipione. Susan Stewart è Annan Professor di inglese alla Princeton University dove insegna storia della poesia, estetica e filosofia della letteratura. Dal 2005 è Chancellor dell'Academy of American Poets e membro dell'American Academy of Arts and Sciences.
La pagina di Patrizia Giovannoni è una mappa, i suoi versi svelano un ordito avventuroso ed enigmatico come le trame di un tappeto persiano: in questo senso il titolo esprime pienamente il senso profondo di questo libro visionario e rivelante. La lingua dell'autrice inscena un dramma di viaggio e sogno che svela il dilemma originario della poesia, lo slancio a una rappresentazione, complessa e semplice come un fiore, della realtà del mondo.
Il libro maturo di una delle poetesse emergenti che purtroppo esce postumo dopo la scomparsa improvvisa nel settembre 2005. Scrive Ennio Cavalli nella nota, ricolgendosi a lei "la tua poesia viene da un baratro. Dentro di te due mondi si aggiustano in conflitto. Disciplina naturale, amorosi spostamenti, scambio di misteri e cortesie, strappi e innesti, riparazioni, Dio e il logorio delle astrazioni, Eros e Thanatos".