Un percorso alle sorgenti del culto e dei suoi ordinamenti, alla scoperta della tragica e salvifica bellezza della liturgia cristiana: questo volume ci fa immergere nella ricchezza misteriosa e sfavillante dei riti della Chiesa orientale, fino al sancta sanctorum del mistero eucaristico. Padre Pavel
ci mostra così ciò che non può essere dimostrato, ma solo contemplato e amato, lasciandoci intravedere nelle fenditure del reale e nelle antinomie della verità l’azzurro dell’eterno. Nella ferma convinzione che «le radici del visibile sono nell’invisibile, i fini dell’intelligibile nell’inintelligibile».
Definito dai suoi contemporanei il "Leonardo da Vinci della Russia", Pavel Aleksandrovié Florenskij è uno dei pensatori più geniali e poliedrici del XX secolo: filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo, ma anche filosofo della religione e teologo, teorico dell'arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, di simbologia e semiotica. Presbitero nella Chiesa ortodossa russa e padre di cinque figli, riesce a conciliare un'intensa attività di ricerca scientifica e di insegnamento con le diverse esigenze familiari e pastorali. Con l'accusa di attività controrivoluzionaria, viene fucilato nel 1937, dopo cinque anni di gulag. Questa raccolta presenta le dimensioni del pensiero educativo di Florenskij: mistero, cultura, bellezza, persuasione e perfezione, amicizia. Nuclei originari e vitali che nascono da una rivisitazione del mondo simbolico dell'infanzia e dall'esplorazione delle potenzialità del mondo interiore del bambino.
Per la prima volta in un volume monografico le riflessioni sul sentimento dell’amicizia del grande pensatore, matematico e mistico russo.
«L’amicizia è la visione di sé negli occhi dell’altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell’esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel Florenskij – il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede – l’amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell’azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l’emanazione della forza di Dio che ama.
L’amicizia è l’undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato La colonna e il fondamento della verità, uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l’uno nell’altra.
Il “tu” a cui sono rivolte le lettere è infatti il genero Sergej S. Troickij, tragicamente morto anni prima. Tutto il testo, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l’amico perduto, eppure, per sempre presente.
«L’amicizia come nascita misteriosa del Tu è il luogo nel quale incomincia la rivelazione della Verità […]. Questa rivelazione si compie nell’amore personale e sincero di due persone, nell’amicizia, quando a chi ama è concesso in forma previa, di distruggere l’autoidentità, di abolire i confini dell’Io, di uscire da se stesso e di trovare il proprio Io nell’Io dell’altro».
Pavel A. Florenskij
(Evlach, 1882 – Leningrado, 1937) Filosofo, teologo, matematico, inventore e religioso russo. La recente riscoperta della sua opera, dopo la fine del regime sovietico, lo ha collocato tra i massimi pensatori del Novecento. Laureato in matematica e fisica, si iscrive all’accademia di teologia e viene in seguito ordinato sacerdote. Nel 1933 viene accusato di attività controrivoluzionaria e condannato ai lavori forzati, dove continua tuttavia a scrivere e a brevettare invenzioni fino alla fucilazione, avvenuta l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado. Nei suoi scritti ha toccato, e intrecciato tra loro, i domini dell’arte, della fede, della scienza , della poesia e dell’esperienza intima; ricordiamo: Le porte regali (Adelphi, 1977), Il simbolo e la forma (Bollati Boringhieri, 2007), La colonna e il fondamento della verità (San Paolo, 2010) e Non dimenticatemi. Lettere dal gulag (Mondadori, 2000).
Prete ortodosso, matematico, filosofo, teologo, critico d'arte, scienziato, Pavel A. Florenskij è una personalità eccezionale nel pur eccezionale scenario culturale russo degli inizi del Novecento, l'epoca di Skrjabin e di Kandinskij. Dai numeri, attraverso la musica, la pittura, la filosofia, Florenskij si spinge verso lo "spirito di Dio", cercando costantemente di cogliere nel visibile il riflesso dell'invisibile, della sostanza dell'esistenza spirituale o metafisica. L'opposizione tra visibile e invisibile costituisce uno dei principi che guida il suo pensiero in tutti gli ambiti del sapere. Questo stesso rapporto è al centro della sua riflessione linguistica: la parola va considerata, da una parte, come oggetto della conoscenza e, dall'altra, come l'atto della conoscenza che permette di entrare in contatto con la sostanza significativa della parola. La parola viene dunque concepita come il "frutto del rapporto tra lo spirito della conoscenza e il mondo da conoscere". La forza motrice del seme o la enérgeia della parola conduce la mente al di là della barriera soggettiva e le fa sfiorare il super-reale, la sfera che sta al di là della nostra esperienza immediata. Insieme al dato di realtà, Florenskij coglie della lingua, come della matematica e dell'arte, l'aspetto trascendente e simbolico, alla ricerca di una sintesi e, quindi, di un'ideale "integrità" del sapere. Introduzione di Vjaceslau Vs. Ivanov.
Questo scritto, finora inedito in italiano, potrebbe fungere da guida e da incentivo per chiunque, in quest'epoca di disorientamento del pensiero, si accinga a intraprendere lo studio della filosofia. La domanda di fondo investe le strategie che l'uomo, nel corso della storia, ha messo a punto per "spiegarsi" la realtà. E tale domanda è sollevata a ragion veduta: Florenskij è - caso quasi unico - un pensatore in grado di rievocare la figura dell'intellettuale rinascimentale capace di padroneggiare gli ambiti più svariati della conoscenza. Egli fu fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, ma anche filosofo e teologo, teorico dell'arte e linguista. Ma in tutto questo egli non indulge a sincretismi o tenere conciliazioni; raramente si può assistere a una presa di posizione così severa nei confronti delle pretese verità delle scienze, a un uso di argomenti tanto sottili da anticipare molti temi centrali dell'epistemologia novecentesca. Persino il "discorso comune" (con la sua "ricchezza disordinata" e la sua "vita caotica") pare avere, rispetto al "vuoto ordinato e la morte" delle scienze, maggiori speranze di attingere al vero.
Florenskij è il più importante pensatore russo del XX secolo. Sacerdote sposato della Chiesa ortodossa, matematico e ingegnere, filosofo e teologo, fu fucilato nel durissimo gulag delle isole Solovki nel 1937. Il saggio, interamente rivisto dall'autore, affronta alcuni dei nodi cruciali - per impegno filosofico e intensità teologica - della sua vastissima produzione: il fulcro riguarda il rapporto tra linguaggio della verità e quello della bellezza. Radicato nella tradizione filosofica patristica e nella propensione estetica dell'ortodossia, Florenskij mette a fuoco una "metafisica concreta" dove "tutto è significato incarnato e visibilità intelligibile". Da una parte egli svolge la critica della ricerca razionale del vero svolta secondo le strade dell'Occidente, dall'altra indica nelle vie del simbolo, dell'icona, della parola e del culto il sentiero attraverso cui la verità si rivela all'uomo. Gli opposti, la distanza e la differenza - scogli su cui si arenerebbe la ragione - convivono nella bellezza come splendore incarnato del vero, che è amore vivo e pieno di grazia. Nelle pagine di Valentini il lettore troverà concentrati vari libri: una aggiornata biobibliografia di Florenskij; un trattato di teologia della bellezza (la teologia dell'icona, la bellezza come via per andare a Dio, il simbolismo ontologico dell'opera d'arte); un trattato di filosofia della religione in una prospettiva ermeneutica in cui l'amore, più che il raziocinio, giunge alla sapienza ed esprime sapienza.
"Il significato dell'idealismo" per un verso appare un testo limpido e trasparente come un cristallo, per un altro si mostra sigillato ed ermeneuticamente complesso. Solleva una questione critica riguardante l'interpretazione e la comprensione dei "luoghi" originari del pensiero filosofico, nel loro inesauribile riproporsi. È un'opera filosofica di zampillante vigore sorgivo, nella quale si rincorrono folgoranti intuizioni logiche, estetiche, ontologiche e mistiche. Dalla loro forza originaria prorompe una luce inattesa che giunge a rischiarare, almeno per un istante, l'oscurità di quelle domande eterne che inquietano il cuore dell'uomo. Forse si tratta di uno degli scritti filosofici più emblematici del pensatore russo, che ne riflette la peculiarità del sincretismo formale e del "pensiero nomade", oltrepassando i confini tra culture, lingue ed epoche, ma sempre alla ricerca insonne dell'unità sostanziale. Tutto in Florenskij è orientato verso l'unità sostanziale, l'unisostanzialità; tutto è teso a modellare una Weltanschauung integrale, definita nelle sue varie accezioni ("medievale", "ecclesiale", "trinitaria") come antidoto alla "malattia mortale del secolo", che si manifesta nelle diverse forme di specialismo, nella frammentarietà dell'esistenza e della cultura." (Dalla Postfazione di Natalino Valentini)
Tra la fine dell'estate e l'autunno 1921, Pavel A. Florenskij teneva un corso decisivo per gli studenti dell'Accademia teologica di Mosca. Nei difficili tempi della smobilitazione generale, portava avanti il suo insegnamento di storia della filosofia con un atto di profonda onestà intellettuale e di resistenza. Forse temendo che potessero essere le sue ultime lezioni - siamo all'indomani della Rivoluzione, in pieno processo di nazionalizzazione dei beni religiosi - Florenskij ha tentato di riprendere tutti gli argomenti affrontati in lunghi anni di ricerca filosofica e teologica. Il privilegiato incontro con gli studenti che amava è rimasto indelebile in una preziosa serie di appunti: di recente riscoperti in Russia, vengono qui restituiti ai lettori nella loro prima traduzione integrale.
Nel 1937 un colpo alla nuca in uno scantinato concluse drammaticamente la vita di Pavel Florenskij, matematico, fisico, geologo, filosofo, teologo, da molti definito il Leonardo da Vinci russo. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune e di lui nessuno seppe più niente. I famigliari credettero a lungo che, dopo essere stato ingoiato dal sistema dei campi di lavoro sovietici, fosse morto nel 1943.
Alla fine degli anni ’50 fu riabilitato: le accuse contro di lui si erano rivelate prive di fondamento, l’intero procedimento a suo carico era stato la conseguenza di una evidente montatura. Del resto, Florenskij non era in senso stretto un dissidente e, anche quando era entrato nella stravolgente realtà del gulag, aveva cercato di fare quanto le sue eccezionali capacità speculative e una totale dedizione al lavoro gli consentivano per approfondire le conoscenze in un vasto numero di discipline (proprio durante il periodo della prigionia gli vennero riconosciuti 12 brevetti legati a 47 applicazioni delle sue innovazioni tecnologiche).
Parecchi altri anni sono però dovuti passare perché la sua parabola di uomo, scienziato e sacerdote cominciasse a ottenere tutta l’attenzione che merita, e infatti Avril Pyman ci offre in queste pagine la sua prima biografia completa, sullo sfondo delle tormentate vicende storiche, politiche, religiose e culturali del mondo russo a lui contemporaneo.
Ciò che ne emerge non è solo l’immagine di una intelligenza straordinariamente dotata per le scienze e per il pensiero filosofico e capace di passare dalla matematica e dalla fisica alla logica, all’estetica e agli abissali esercizi della metafisica, ma anche il profilo di un uomo libero, restio a ogni compromesso, unicamente interessato alla ricerca della Verità, figlio, marito e padre molto affettuoso.
Il lavoro di interpretazione e approfondimento del pensiero di Florenskij è forse appena agli inizi. Anche grazie alla ricostruzione attenta e circostanziata delle pubblicazioni e delle collaborazioni che possono essergli attribuite, l’opera di Avril Pyman ha però posto le basi per un recupero pieno della sua eredità.
L'AUTORE
Avril Pyman è Reader Emerita in letteratura russa all’University of Durham e membro della British Academy. È autrice della più importante biografia di Aleksandr Blok (Oxford University Press) e di History of Russian Symbolism (Cambridge University College). Ha curato molte traduzioni dal russo.
Dopo le tenebre dell’ideologia e del totalitarismo stalinista che hanno travagliato il XX secolo, spezzando anche la vita di Florenskij e oscurandone l’opera per oltre settant'anni, oggi questa finalmente riappare nella sua integrità e in tutto il suo vigore sorgivo.
I dodici capitoli dei quali si compone, concepiti come lettere a un amico, ancora oggi stupiscono non solo per la vastità e complessità di conoscenza, per il coraggioso tentativo di far interagire tra loro i diversi saperi e le molteplici forme e possibilità della ragione, ma soprattutto per la profondità dello sguardo rivolto verso gli abissi dell’umano, nell’agonica ricerca di una luce di salvezza, di un’autentica sapienza d’amore.
Destinatari
Religiosi e studiosi.
Gli autori
Pavel Aleksandrovi Florenskij nasce il 9 gennaio del 1882 in Azerbaidžan. Laureatosi in matematica e fisica all’Università di Mosca, rinuncia alla carriera universitaria per dedicarsi allo studio della filosofia e iscriversi all’Accademia Teologica di Mosca ove completa gli studi nel 1908. Si sposa con Anna Giacintova e nel 1911 viene consacrato sacerdote nella Chiesa ortodossa. Dopo la rivoluzione del 1917 sceglie di restare in Russia. Accusato di attività controrivoluzionaria è condannato all’esilio e rilasciato dopo tre mesi. Arrestato nuovamente nel 1933 viene condannato a dieci anni di lavori forzati. Dopo cinque anni di gulag, a seguito di una sentenza speciale della trojka, Florenskij viene fucilato l’8 dicembre 1937 a Levašovo, nei pressi di Leningrado. Le Edizioni San Paolo hanno avviato la pubblicazione delle sue principali opere di carattere teologico e spirituale e sono già apparsi i volumi: "La mistica e l’anima russa" (2006); "Il concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura" (2008).
Natalino Valentini, laureato in filosofia, ha conseguito il dottorato di ricerca in etica e antropologia filosofica orientale, specializzandosi poi nel pensiero filosofico russo e in teologia ortodossa. Attualmente è direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” di Rimini. È docente di Storia del pensiero teologico ortodosso alla Facoltà di sociologia dell’Università agli Studi di Urbino.
DESCRIZIONE: «L’annientamento degli uomini è una scienza empirica: senza dottrina, senza principi, nessuna codificazione, nessun vincolo. Solo obiettivi. Quando si mancano si cambia strada, ci si sbarazza di regolamenti e circolari, di direttori e di guardie e si procede. Così alle Solovki è stato inventato il Gulag. Dal nulla. Sperimentando».
Un testo dove la scrittura diventa evocazione di questa «epoca tremenda», narrando tra le altre l’esperienza di Pavel Florenskij. È un ascolto delle voci, talvolta senza nome, di uomini annichiliti da un’idea di bene – perseguita idolatricamente come assoluta.
COMMENTO: La storia dell'internamento e della morte sotto il regime comunista di Pavel Florenskij (1882-1937), il maggiore filosofo e teologo ortodosso russo, scritta in forma di avvincente racconto.
MAURIZIO CIAMPA per Morcelliana ha già pubblicato Nove croci. Immagini della Passione (1997). Fra le altre sue opere: Tutto quello che offre il mondo. Vita del pittore Shitao e del principe Zhu Ruoji (Bollati Boringhieri 2006); Domande a Giobbe. Modernità e dolore (Bruno Mondadori 2005).
Nella notte del 7 novembre 1916 Pavel Florenskij diede inizio alla raccolta di queste pagine autobiografiche dedicate ai figli. Ma il rapido precipitare degli eventi nella sua patria conferì presto al progetto un'urgenza e un tono del tutto nuovi. Si era affermato il potere politico dei Soviet che non tardò a mostrare i tratti persecutori del totalitarismo, così che padre Pavel si ritrovò a stendere i suoi appunti segnato dal presentimento della propria tragica fine, purtroppo destinata ad avverarsi. Quest'opera dunque costituisce la vera eredità culturale e spirituale lasciata ai figli da parte di quel genio assoluto della mente e dello spirito che fu Pavel Florenskij, filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo, ma anche filosofo della religione e teologo, teorico dell'arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica e semiologia.