Per il peccato esiste il perdono. Per la corruzione, no. Questa ha bisogno, prima di tutto, di essere curata.
Possono stupire queste parole in bocca a Jorge Mario Bergoglio, già arcivescovo di Buenos Aires, oggi Papa Francesco. La sua disamina morale, non moralistica, è perentoria: la corruzione non rappresenta una somma di peccati, per quanto gravi, e neppure uno dei tanti vizi del cuore.
È un male qualitativamente diverso. Il corrotto non si rende conto del proprio stato. Diventa contagioso per la società. La corruzione è una ragnatela che tende a espandersi. Imponendo complicità.
La corruzione costituisce l'erba cattiva del nostro tempo. Infesta la politica, l'economia, la società. Minaccia anche la Chiesa.
Su questo cancro morale, che ha avviluppato l'Argentina (e che affligge anche il nostro paese), l'allora cardinale di Buenos Aires offre qui una riflessione sferzante, che va alla radice del fenomeno facendo parlare la sapienza delle Sacre Scritture.
Per concludere con un invito eloquente: "Ci farà bene tornare a ripeterci l'un l'altro 'Peccatore sì, corrotto no!'".
Chi è questo papa venuto "dalla fine del mondo"? L'arcivescovo di Buenos Aires, gesuita, è conosciuto in Argentina per la sua sensibilità pastorale, il suo stile semplice di vita, l'attenzione ai poveri e alle questioni sociali. Autore di incisivi testi di spiritualità e preoccupato, tra i suoi interventi pastorali recenti si ricorda anche una decisa presa di posizione in favore del battesimo dei figli di madre single. Ha promosso l'evangelizzazione nelle periferie. Il libro di Gianni Valente ci introduce nel passato e nell'animo del nuovo vescovo di Roma, che non a caso ha scelto di chiamarsi "Francesco".
Don Sciortino, direttore di 'Famiglia Cristiana', il più importante settimanale cattolico, si confronta con Giovanni Valentini, editorialista de 'la Repubblica', indicando la strada per un dialogo fruttuoso e aperto tra laici e cattolici, in questo Paese che sembra aver smarrito i suoi valori cristiani. Prefazione di Eugenio Scalfari. La vita della Chiesa cattolica attraversa una fase molto delicata, e per diversi aspetti critica, in Italia e nel resto del mondo: a cinquant'anni dall?inizio del Concilio vaticano II l?istituzione millenaria è chiamata a nuove sfide per cogliere il 'segno dei tempi'.
La fede è un dono di Dio. È la risposta a una Parola che interpella personalmente, a un Tu che chiama per nome. Così Papa Francesco nell'Enciclica "Lumen fidei". E qui torna in mente Blaise Pascal: "La fede è un dono di Dio. Non crediate che diciamo che è un dono del ragionamento. La fede è differente dalla dimostrazione: questa è umana, quella è un dono di Dio". Tra "credere" e "cercare" non c'è un aut-aut, c'è piuttosto un et-et. La scienza non risponde, per principio, alle domande più importanti per l'uomo; la filosofia non salva; e il "senso" è sempre religioso. "Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada" - di una strada liberata, innanzitutto, da "assoluti terrestri", a cominciare dall'idolatria dello Stato: Kaysar non è Kyrios. È l'intera esistenza umana che Papa Francesco vede illuminata dal faro della luce della fede: l'origine e la fine della vita; l'inviolabile dignità di ogni singolo essere umano; il valore della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la ricerca di "modelli di sviluppo che non si basino solo sull'utilità e sul profitto"; il rispetto della natura quale "dimora a noi affidata perchè sia coltivata e curata"; un concreto e mai distratto impegno per la giustizia, per il diritto e per la pace; il senso della sofferenza quale "tappa di crescita della fede e dell'amore". Una fede "non intransigente", ma che "cresce nella convivenza che rispetta l'altro"; non può essere "un rifugio per gente senza coraggio".
Veritatis gaudium edizione in inglese