
«Sant’Alfonso dedica solo quaranta pagine alla morale sessuale e duecentoquaranta alla morale sociale». Questa battuta sintetizza la figura di Marciano Vidal, teologo non neutrale, che ha fatto un’opzione molto chiara per rinnovare la teologia morale a partire dagli orientamenti del Vaticano II. Una teologia a favore della persona, segnata profondamente dalla benignità pastorale e dalla misericordia, orientata più alla ricerca della salvezza che alla condanna, capace di confidare in Dio più che nei giudici terreni.
Sottoposto per tre anni a un processo dottrinale da parte della Congregazione per la dottrina della fede, Vidal vide il suo manuale di morale ritirato dai seminari e dai centri teologici.
«Apprezzo la Chiesa come mistero, perché non trovo la Parola di Dio se non nella Chiesa e non trovo i sacramenti se non nella Chiesa e non trovo Gesù se non nella Chiesa», afferma Vidal in questa conversazione. «Della Chiesa come istituzione mi è rimasto un senso critico molto forte. Forse troppo forte. Per questo, di tanto in tanto, devo ridurre il tono della voce e le parole».
La storia recente di El Salvador, piccolo Stato dell'America centrale, è costellata di episodi drammatici nei quali sono stati eliminati molti testimoni delle ingiustizie e delle violenze perpetrate dal regime militare. Questo libro presenta la vicenda di alcuni di essi. Tra gli altri, oltre a monsignor Oscar Romero: p. Octavio Ortíz, attivo nella formazione spirituale dei giovani, e quattro dei suoi ragazzi; p. Rutilio Grande, particolarmente vicino ai campesinos; Marianella García Villas, presidente della Commissione per i diritti umani; sei padri gesuiti dell'Università Centroamericana (Uca) e due donne laiche che lavoravano presso di loro.
In Italia, dove il potere della Chiesa per lungo tempo non è stato controbilanciato da quello di uno Stato in grado di arginarlo, sembra che l'unico atteggiamento possibile nei confronti di tutto ciò che riguarda la religione sia l'alternativa adesione/rifiuto. Tuttavia, prima di accapigliarsi sulle vere o presunte "radici cristiane dell'Europa", non sarebbe opportuno acquisire maggiore consapevolezza del ruolo del cristianesimo nella storia del continente e, soprattutto, dei cambiamenti che ha attraversato dalle origini ai giorni nostri? La Riforma protestante, nata dal pensiero e dall'opera di Lutero, è senza dubbio uno dei più importanti. Con quell'atteggiamento teso a comprendere, più che a giudicare, che Marc Bloch sosteneva essere una delle principali caratteristiche del lavoro storico, l'autore presenta la vicenda biografica di Martin Lutero e offre a un pubblico di non specialisti gli strumenti per comprendere le implicazioni più profonde e durature della Riforma iniziata con le sue novantacinque tesi. Nell'ultimo capitolo vengono passate in rassegna le interpretazioni della figura di Lutero, con una particolare attenzione alla cultura italiana.
Il libro estrapola, dalla lunghissima relazione di Matteo Ripa (mille pagine) infarcita di particolari tecnici, quelle che sono descrizioni impagabili delle persone e dei luoghi incontrati durante il suo viaggio verso la Cina, e soprattutto dei tredici anni che trascorse alla corte dell'imperatore Kangxi. Sono descrizioni che portano molta attenzione al lato umano, tolgono l'imperatore Kangxi, uno dei più famosi della storia della Gina, dal trono e lo avvicinano come essere umano alla vita.
Il 31 ottobre 1517 sul portone della chiesa del castello di Wittenberg, che è anche la chiesa dell'università, viene affissa una pergamena con 95 Tesi. Le propone alla discussione accademica frate Martin Lutero, dottore in teologia. Le Tesi contengono la proposta di un ritorno alla fede cristiana autentica, scandita in affermazioni audaci, dalla critica alle indulgenze o alla potestà del papa, fino alle necessità dei poveri. Nessuno lo immagina, nemmeno Lutero, ma è l'inizio della rivoluzione. Queste pagine la raccontano seguendo i passi della vita di un uomo dalla personalità complessa e contraddittoria, pienamente immerso nel suo tempo. Inquieto, impulsivo, intelligente, socievole, dedito con passione alla ricerca di Dio, Lutero segna il passaggio della storia europea dal Medioevo all'età moderna e continua ancora oggi a interrogarci.
Maria Elisabetta Mazza (1886-1950) è una delle figura più interessanti del movimento cattolico che, tra Otto e Novecento, a Bergamo come nel resto d'Italia, offre la prima risposta sistematica alle sfide dalla società contemporanea. Il suo profilo biografico si snoda in varie tappe: l'ambiente familiare e parrocchiale, la formazione culturale, l'impegno associativo, la docenza nelle scuole di Bergamo e della provincia, la fondazione e la direzione delle Piccole Apostole della Scuola Cristiana. Abito laicale, apostolato a tempo pieno nella scuola pubblica, vita comune, ritmi di preghiera snelli e vita religiosa dallo stile "secolare" sono i tratti caratteristici del nuovo Istituto, chiamato a operare "come lievito, senza chiasso", per dare anima e "linfa rigeneratrice" alla società. Personalità affascinante, riesce a trasmettere una spiritualità ricca e semplice al tempo stesso. Al centro c'è l'esperienza di Gesù, "l'unico affetto dominante" dal quale si lascia condurre e con il quale desidera "fare casa", a imitazione del "sì" obbediente della Vergine Maria e di Teresa di Lisieux, la sua santa prediletta. La sua vita è intrecciata con quella di laici come Nicolò Rezzara, vescovi come Radini Tedeschi e Bernareggi, sacerdoti come Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII. Intelligente, sensibile, dotata di capacità organizzative e di governo non comuni, Maria Elisabetta Mazza ha molto da dire anche oggi.
A duecento anni dalla nascita, la figura di monsignor Paolo de Sanctis (1816-1907) emerge integra dalle carte d'archivio e dai documenti materiali, temprata dai tempi difficili in cui trascorse la sua lunga, feconda esistenza. Nato a Rigatti, in Diocesi di Rieti, fu a lungo Rettore del Seminario più antico del mondo cattolico durante i decenni segnati dalla nascita travagliata del Regno d'Italia. Quando ormai si preparava a dedicarsi agli amati studi storici, papa Leone XIII lo elesse vescovo della Diocesi di Poggio Mirteto, che resse per otto anni prima di riturarsi a Roma presso la basilica di San Giovanni in Laterano, onorato dal titolo di Arcivescovo di Sardica.
“Tutti parlano di Madre Teresa di Calcutta, ma io la vedo qui davanti a me”; è con queste parole che monsignor Ioan Robu, arci vescovo di Bucarest, nel 2007 si appella a suor Rosella Soressi. Lo afferma pubblicamente, a parziale riconoscenza per il prezioso lavoro di Rosella al fianco degli “ultimi” in terra rumena, i primi nel cuore di Dio e nel suo. La difficile storia famigliare, segnata dalla perdita precoce della mamma, il trasferimento dal piacentino a Sora dopo le seconde nozze del padre, l’importante ruolo assunto da mamma Mimma, che cresce lei e i suoi fratelli, la scuola infermieri, il lavoro in ospedale: sono questi i fatti salienti della prima parte della sua vita, fino alla decisione di entrare nell’ordine delle Suore operaie di Gesù e diventare suor Rosella. La seconda parte della sua storia è incentrata sulla missione in Romania: dal racconto amaro ma divertente dei primi tempi in un paese allo sbando, affrontati con ironia grazie al carattere allegro che la contraddistingue, l’incontro con il gruppo di ragazzi che fonderanno l’associazione Maghi di Oz per sostenere la costruzione di una casa di accoglienza, ma anche le riflessioni spirituali più intime. Suor Rosella muore in Romania il 5 novembre 2012, in un incidente stradale, a soli 52 anni. La totale dedizione all’assistenza delle persone più bisognose le varranno il conferimento della medaglia d’argento al merito civile dalla Presidenza della Repubblica italiana.
Nato in provincia di Asti nel 1809, divenuto frate cappuccino fu inviato missionario in Etiopia, dove iniziò il suo impegno di evangelizzazione unito a un fecondo apostolato caritativo. Una delle sue imprese fu la vaccinazione contro il vaiolo dell'intera popolazione a lui affidata. Creato cardinale, si ritirò a Frascati e poi a San Giorgio a Cremano, dove morì nel 1889.
Una biografia dell'arcivescovo di Recife, per ripercorrerne tutto l'arco della vita (1909-1999). Giovanni Paolo II, nel 1980, quando incontrò Câmara nella sua diocesi, lo salutò con l'espressione: «Fratello dei poveri, fratello mio». Fu il maggior riconoscimento che ricevette mentre era in vita, dopo anni di sospetti sulla sua identità di «vescovo rosso». Il processo di beatificazione è stato avviato da papa Francesco. Bergoglio e Camara hanno molto in comune, a partire dalla predilezione per i poveri intesa come strada maestra per il cammino della Chiesa. Sensibilità e temi che il vescovo brasiliano ha anticipato di cinquant'anni. Protagonista - dietro le quinte - del Concilio Vaticano II, è stato la voce di chi non ha voce, convinto sostenitore che lo sviluppo è il nuovo nome della pace.
A Erica viene diagnosticato un tumore: questo l'inizio del libro e di una vicenda che sarebbe come tante, se non si manifestasse sostenuta, quotidianamente, dalla fede. Fede in Dio, innanzitutto, ma anche fiducia nel proprio nucleo familiare, che si stringe attorno alla mamma e moglie e che, con lei, esprime in queste pagine un cammino di speranza e di riflessione. Lungo le pagine che Erica ci consegna, emerge un desiderio profondo e condiviso di continuare a stare nella vita con un sorriso, nonostante la fatica e il dolore, nonostante i momenti difficili. Come in un coro, accanto alla voce dell'autrice di questo piccolo e profondo "diario spirituale", ecco dunque manifestarsi tutte le domande, i dubbi, le angosce e le speranze di lei e dei componenti della sua famiglia (il marito Davide e i tre figli) che sempre, in questi casi, sono i primi a dover condividere il dramma della malattia. La porta gialla - quell'uscio di fronte al quale Erica accoglie il referto medico - diventa allora l'immagine di una soglia che conduce a una vita mutata dal dolore; e che diventa occasione non per disperare, ma per riscoprire una nuova prospettiva personale, familiare, amicale. E, soprattutto, per meditare in modo consapevole sul senso profondo del credere in famiglia. Un piccolo dono fatto a ogni lettore.
Pietro Bembo fu un attore e un testimone privilegiato del Rinascimento italiano. Scrittore celebrato dai contemporanei, antiquario, amante della bellezza (anche femminile) ottenne la duplice consacrazione dell'alloro poetico e della porpora cardinalizia. Nato a Venezia, risiedette presso le maggiori corti italiane, dalla Firenze di Lorenzo il Magnifico a Ferrara, Urbino e Roma. Fu intimo dei Medici e dei Borgia, segretario di papa Leone X e, forse, amante di Lucrezia Borgia, con la quale scambiò lettere d'amore. Bembo fu però anche colui che fissò le norme della lingua letteraria italiana, oltre che il curatore di fondamentali edizioni di Dante e Petrarca. La sua poesia, fondata su una stretta imitazione del poeta di Arezzo, fu decisiva nella diffusione europea del cosiddetto petrarchismo. Amico e mecenate di alcuni dei piú influenti artisti del Rinascimento, da Raffaello a Cellini, non fu estraneo alla cultura scientifica del suo tempo, fin dagli anni giovanili, allorché fissò in un dialogo latino il racconto della sua ascesa all'Etna. Analogamente, seppe intuire le potenzialità dell'industria tipografica, stabilendo una fondamentale collaborazione con Aldo Manuzio.