Biografia di Francesco Saverio Toppi, 'Il frate della carità' (1925-2007), Arcivescovo -Prelato di Pompei. Coed. Elledici- Velar.
Ancilla Ghezzi (poi Madre Serafina della Croce, 1808-1857) fin da adolescente fu totalmente attratta dall'Eucarestia; si manifestarono in lei misteriosi fenomeni, come estasi e visioni. Fondò a Monza e a Innsbruck due monasteri per l'adorazione eucaristica perpetua.
Primogenita di Amedeo di Savoia-Acaja e Caterina di Ginevra, Margherita (1390-1464), pur sentendo attrazione per la vita religiosa, dovette sposare il marchese Teodoro II del Monferrato. A Genova, dove si trssferì, ebbe modo di farsi notare e amare dai genovesi, ldistinguendosi per la generosità e il coraggio, in particolare, durante una violenta epidemia di peste, portando ogni genere di soccorso a quella gente. Rimasta vedova Margherita si ritirò nel palazzo di Alba e dedicare la sua vita interamente a Dio.
Anna Maria Rubatto (1844-1904), vestito l'abito della nuova Congregazione delle Terziarie Cappuccine, diventando suor Maria Francesca, partì missionaria per il Sud America, dove rimase fino alla morte testimoniando con la sua attenzione verso i poveri che nessuno è escluso dall'amore di Dio.
Biografia di Padre Umile da Genova (Giovanni Bonzi), promotore di un'opera di assistenza dei bambini abbandonati: il "Sorriso Francescano" (1898-1969). Ad essa dedicherà tutte le sue energie, realizzando numerose case per il suo progetto.
Don Borel (1801-1873), personaggio di spicco nella Torino dell'Ottocento, fu grande predicatore e confessore, anche impegnato nell'assistenza dei carcerati. Tra i suoi amici più cari si annoverano San Giuseppe Cafasso, San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Giovanni Bosco, di cui fu straordinario e fidato collaboratore.
Suor M. Consolata Betrone (1903-1946), Monaca Clarissa Cappuccina nel Monastero Sacro Cuore a Moncalieri (To), seguì i passi di S. Teresa di Lisieux nella via dell'infanzia spirituale. Il Cuore di Gesù le manifestò la Piccolissima via d'amore, via spirituale fondata sulla confidenza incessante nella misericordia Divina per tutti i peccatori con l'invocazione "Gesù, Maria vi amo, salvate anime".
Paolo Brosio è lontano dalla fede e dalla preghiera negli anni in cui acquisisce la notorietà di personaggio televisivo, prima come giornalista del TG4 con Emilio Fede, nei giorni di Tangentopoli, poi con la partecipazione a programmi importanti: da "Quelli che il calcio", a "Sanremo Notte", a "Domenica In" fino all'"Isola dei Famosi" e a "Stranamore". Il successo, i soldi, la carriera si intrecciano a una vicenda umana inquieta e travagliata che lo porterà nel baratro più profondo del lutto, della sconfitta affettiva, della depressione. Nasce nel cuore una preghiera alla Madonna e il desiderio d'incontrarla a Medjugorje, il villaggio della Bosnia-Erzegovina dove, dal 24 giugno 1981, sei ragazzi hanno apparizioni mariane e dove si recano in pellegrinaggio milioni di persone. Per Brosio è una svolta. L'incontro con i veggenti e con tante persone di fede, ma soprattutto il desiderio di fare del bene. Con la semplicità e la simpatia che lo contraddistinguono il giornalista racconta la sua vicenda umana e i passi di un ritorno a Dio che gli ha restituito forza, ottimismo e amore per la vita.
Questo è il secondo dei tre volumi che raccolgono le lettere del domenicano p. Molinié ai suoi amici. Lettere valide per tutti, in questo mondo in cui i valori naturali stanno naufragando a dimostrare che appunto questi valori non bastano. È vero, siamo tutti orgogliosi. Ma questo non vuol dire che sia normale. Su questo siamo ciechi. Non è affatto normale che la confessione dell'orgoglio possa essere così facile, mentre quella dell'alcolismo così terribile. Se uno dice "Sono un alcolista" è una vergogna, anche se è una persona perbene. L'orgoglio, invece, non sembra grave, perché non è motivo di vergogna. L'orgoglioso non si vergogna di dire: "Sono orgoglioso." La dottrina della Chiesa però è molto chiara. L'alcolismo è una malattia che porta alla morte e che comporta certamente un decadimento psichico, ma non uccide che il corpo. L'orgoglio, invece, è la morte dell'anima, che di per sé è eterna.E allora, ecco la domanda: perché la confessione dell'orgoglio non fa lo stesso effetto? Perché ci si può permettere di dire: "Sono orgoglioso," senza che ciò sia drammatico? Rispondo: perché non è umiliante, e quindi non ce ne curiamo... Una lettura che ci aiuta a vivere la nostra realtà di cristiani.
Dalla prefazione dell'autore: "Ancora un libro su don Giussani a testimoniare l’inesauribilità del suo carisma. L’interezza della sua ricchezza spirituale, infatti, non sarà mai adeguatamente espressa da nessuna riflessione teologica o metodologica e tanto meno perfettamente incarnata da nessuno di coloro che abbiamo partecipato del suo carisma. Esso è, infatti, depositato nella Chiesa: tutti vi possono attingere senza esaurirlo. Nessuno può pretendere di esserne il detentore.
È questa la ragione per cui è bene che molti scrivano su di lui, affrontando i molteplici aspetti della sua personalità e la complessità del suo pensiero. Saranno sempre dei “tentativi ironici” – avrebbe detto lui – di approssimazioni mai definitive.
Con questo volume sul tema della carità si chiude la mia riflessione sulle virtù morali e teologali come sono state da lui vissute e proposte. La caratteristica di questa ultima opera rispetto alle altre, che hanno trattato il tema dell’amicizia, della fede e della speranza, è la coralità della testimonianza. Ho chiesto, infatti, ad alcuni di coloro che sono stati educati da lui a quel culmine della carità che è la gratuità di raccontare come l’impronta ricevuta sia fiorita nella loro vocazione familiare o religiosa e in opere sociali. Ne è risultata una sinfonia nella quale si fondono accenti diversi nel riaffermare l’unica verità: Dio è carità e noi siamo fatti per vivere la sua stessa vita. Sfaccettature di un prisma nelle quali si riflette la luce di un unico carisma, quello di don Luigi Giussani.
Pongo alla fine a mo’ di post-fazione la lettera ricevuta dalla mia carissima amica Lucetta Scaraffia che testimonia quanto sia prezioso il dono dello Spirito che abbiamo ricevuto e quanto sia grande la responsabilità che abbiamo nel custodirlo integro nella nostra umanità".
Francesco Ventorino