Descrizione dell'opera
La vita di Lorena d’Alessandro (1964-1981) si è spesa quasi interamente tra le anonime strade della Rustica, alla periferia est di Roma. La sua breve e semplice vicenda, vissuta in famiglia, a scuola e in parrocchia come continua testimonianza del Signore risorto, ha spinto i suoi amici a presentare al Vicariato di Roma la richiesta di apertura di un processo canonico di beatificazione.
A distanza di pochi anni, conclusasi la fase diocesana del processo, la ragazza dei nostri giorni travagliata dalla malattia dall’età di 10 anni non appartiene più solo al suo quartiere, poiché è stata riconosciuta serva di Dio ed è in attesa di diventare beata. Nel proporre la figura di Lorena soprattutto ai giovani, gli autori si fanno testimoni di una grandezza quotidiana che non ha avuto bisogno di speciali palcoscenici e di cui si sente oggi particolare necessità.
Sommario
Presentazione (don Felice Poli osb, postulatore). Un sorriso sul calvario. Una vita breve vissuta a colpi d’amore. Una personalità del dentro e del fuori. I documenti. Le virtù eroiche, la fortezza come fermezza. Lorena, profetessa del risveglio cristiano. Fede, speranza e carità eroicamente vissute. Una vita non omologabile. Appendice.
Note sull'autrice
Patrizia Caprio è insegnante, sposata con Massimo Tarantino, giornalista. Con Lorena D’Alessandro era impegnata nella catechesi presso la parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa a Roma.
“Non avevamo mai sentito una storia così sulla potenza del bene”. Così recita la motivazione del Premio Pulitzer per i giornalisti Mary Jordan e Kevin Sullivan sulla vita di Madre Antonia. All’età di cinquant’anni, questa donna incredibile lascia il mondo ricco e confortevole dei dintorni di Los Angeles per dedicare la sua vita alla cura dei più poveri tra i poveri, i detenuti di uno dei peggiori carceri messicani.
Dopo aver cresciuto sette figli, dopo il doloroso divorzio, Mary Clarke (nome civile) trova una nuova vita entrando nelle celle con i detenuti e aiutandoli con la sua semplice presenza. Oltre al suo lavoro in carcere, Madre Antonia ha raccolto intorno alla sua piccola casa altre persone: signore già avanti con l’età che ritrovano uno scopo, molte con matrimoni falliti alle spalle, ex carcerate che si aggiungono alle suore, benefattori e parenti dei carcerati che non sanno dove andare. Un modo per cambiare la propria vita al servizio degli altri.
“Un racconto avvincente. Gigantesco. La storia di una donna autentica e la scoperta della vera gioia
nel dono di sé.” Bob Woodward
Mary Jordane Kevin Sullivan sono inviati del Washington Post e hanno lavorato a Tokio, Mexico City e Londra. Hanno ricevuto il prestigiosissimo Premio Pulitzer per il loro reportage internazionale sulla situazione del sistema giuridico messicano nella lotta contro la criminalità. Sono sposati e hanno due figli.
Il titolo richiama un precedente romanzo di V. Gheorghiu, La venticinquesima ora. Siamo in Romania verso la fine della seconda guerra mondiale, l'invasione sovietica è alle porte. Il povero sacerdote rumeno, padre del protagonista del romanzo, è accusato di eresia ed è sospeso dal suo ministero. Chiede aiuto al figlio, che lavora come giornalista nella capitale, ma tornando a casa rischia di essere fucilato. Il figlio non saprà più nulla di lui né della sua parrocchia. Attraverso questa figura paterna, è però tutta la storia religiosa di un popolo che si affaccia al lettore: liturgia, teologia, spiritualità, storia, geografia della Romania cristiana. Il romanzo ha una finale sorprendente.
Biografia illustrata della beata Elia di San Clemente (al secolo Teodora Fracasso, 1901-1927), monaca professa dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi. La sua vita breve e intensa fu caratterizzata da una forte spiritualità e dalla dedizione nel suo compito di istitutrice delle ragazze.
Pedro Arrupe, 280 successore di Sant'Ignazio di Loyola, è una delle personalità più significative del cattolicesimo del Novecento, un protagonista del rinnovamento della vita religiosa. Preposito generale dei Gesuiti dal 1965 al 1983 è stato l'artefice del rinnovamento conciliare della Compagnia di Gesù. Il suo operato al vertice dell'ordine è stato spesso al centro di contrastanti giudizi e di opposte valutazioni. Il padre Peter-Hans Kolvenbach, suo successore, in occasione del decennale della morte ha scritto: "Come ogni altro testimone profetico, il padre Arrupe fu segno di contraddizione, incompreso o malcompreso, nella Compagnia e fuori di essa". I contributi e le ricerche qui pubblicate, avvalendosi di nuove fonti archivistiche in larga parte inedite, hanno liberato la storia del generalato di padre Pedro Arrupe da quella sorta di "rimozione" storica che lo ha accompagnato soprattutto dopo la sua morte, collocandolo nella complessità delle vicende storiche, culturali e religiose del suo tempo e dunque rendendo ad Arrupe ciò che è stato di Arrupe.
Il contesto è il quartiere Brancaccio di Palermo, segnato dall'insidia mafiosa, ma oggi reso famoso per la forza di antidoto ivi innescata dalla presenza di un prete silenzioso ma forte, che predica parole evangeliche, prega molto, sfida il male con chiarezza, vive poveramente, sa sorridere di sé e della vita. Ma soprattutto semina speranza. A cominciare dal cuore dei ragazzini. È Padre Pino Puglisi. Il famoso "3 P", come argutamente lo chiamavano i suoi collaboratori. Questo libro è scritto proprio da suor Carolina, che narra la storia di tanti di quei ragazzi. Con i loro nomi e le loro storie.
«Sono tanto felice che mi pare impossibile esserlo di più». Quando scrive queste parole, suor Maria Rosa di Gesù (al secolo Bruna Pellesi, 1917-1972), ha già alle spalle numerosi anni di malattia, un calvario di sofferenze atroci che l’accompagneranno fino alla morte. Figlia di contadini, cresciuta in un ambiente segnato da lavoro, canto e preghiera, ragazza piacente e amante dell’eleganza, all’età di ventitrè anni decide di placare la sua sete di infinito entrando tra le Terziarie Francescane di Sant’Onofrio, a Rimini. Nel 1945 si ammala di tubercolosi e trascorre i restanti ventisette anni della sua esistenza nel sanatorio di Gaiato (Modena) e al Pizzardi di Bologna. In ospedale tutti sono conquistati dal suo sorriso luminoso, dalla sua perenne letizia, dalla certezza della sua fede, dalla sua dedizione ai bisogni delle altre malate. A molti viene spontaneo paragonarla a santa Teresa di Lisieux. La sua è una credibile testimonianza che si può essere felici nella malattia, che si può vivere il centuplo promesso da Cristo in ogni circostanza della vita.
Valerio Lessi (1957), giornalista, vive e lavora a Rimini. È stato redattore al Resto del Carlino e al Messaggero, vicedirettore a La Voce di Rimini. Per la San Paolo nel 2001 ha pubblicato Con questa tonaca lisa, libro-intervista con don Oreste Benzi. Nel 2006 è uscito Il destino si è fatto buono (Itaca) dedicato a Lella Ugolini, grande educatrice di Rimini. Si occupa della comunicazione turistica della Provincia di Rimini.
Il libro
«Sono stato spesso minacciato di morte. Devo dire che, come cristiano, non credo nella morte senza risurrezione: se mi uccidono, risusciterò nel popolo salvadoregno. Lo dico senza alcuna vanteria, con la più grande umiltà. Come pastore, sono tenuto per mandato divino a dare la vita per coloro che amo, che sono tutti i salvadoregni, anche coloro che dovessero assassinarmi. Se le minacce giungessero a realizzarsi, offro fin d'ora a Dio il mio sangue per la redenzione e la risurrezione del Salvador. Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare. Ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita, che il mio sangue sia seme di libertà e segno che la speranza diverrà presto realtà. La mia morte, se accettata da Dio, sia per la liberazione del mio popolo e sia testimonianza di speranza per il futuro. Se arrivassero a uccidermi, potete dire che perdono e benedico coloro che lo hanno fatto. Magari si convincessero così che stanno perdendo il loro tempo! Un vescovo morirà, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non morirà mai» (MONSIGNOR OSCAR A. ROMERO).
«Come fratello ferito
da tanta morte fraterna,
tu sapevi piangere, da solo, nell'Orto.
Sapevi aver paura, come chi combatte.
Ma alla tua parola, libera, sapevi dare il suo timbro di
campana!
...San Romero d'America, pastore e martire nostro: nessuno farà tacere la tua ultima omelia!» (PEDRO CASALDALIGA)
Biografia illustrata della nobildonna, figlia del re d'Ungheria (1207-1231) che alla morte del marito si iscrisse al terz'ordine francescano e dedicò il resto della sua esistenza agli ultimi e ai malati.
Il 19 marzo del 1994 veniva ucciso un giovane sacerdote di soli trentasei anni. Era Don Giuseppe Diana (Peppe per gli amici), parroco di Casal di Principe, in provincia di Caserta. Mandanti ed esecutori del delitto appartenevano alla camorra. Don Diana fu ucciso perché si era opposto ai tanti soprusi che funestavano il territorio. La sua fu una lotta aperta, mobilitò autorità religiose e civili di fronte ai tanti delitti che si verificavano nella zona. Coglieva ogni occasione per educare alla legalità, alla giustizia. Ma quando la camorra, nonostante le sue dimostrazioni di forza, si accorse che le cose stavano cambiando e la gente si sollevava contro i loro abusi, decretò la morte del parroco scomodo. Il testo, pur essendo una biografia del giovane sacerdote, parla per lo più della sua azione pastorale che si oppone con forza al potere della camorra, e cerca di liberare la gente dalla paura di questo potere. È una lotta che conduce confrontandosi sempre col Vangelo: "una lotta di liberazione" della sua gente. Il libro riporta eventi, testimonianze (di chi non ha avuto paura di parlare), stralci dei processi, e la voce della stampa dell'epoca.
Al'inizio del Novecento Pier Giorgio Frassati (1901-1925) è stato uno straordinario testimone, con parole e opere, della fede in Cristo, realizzando quella coerenza tra fede e vita che è un nodo cruciale per la vita di ogni credente. Questo libretto illustrato ci fa conoscere questa fulgida figura non con una biografia in senso stretto, ma con un percorso lungo le sue vicende di uomo e di cristiano, mettendo in evidenza le grandi tappe e le grandi scelte della sua vita.