«Maschio e femmina li creò» si dice in Genesi, offrendo così delle parole attraverso cui pensare un’esperienza fondamentale: il nostro essere nel mondo uomini e donne. Ma la differenza sessuale non è solo un’esperienza fondamentale; è anche un’esperienza tra le più difficili da praticare: la storia della sua comprensione è infatti scandita da stereotipi che hanno ostacolato il suo essere un luogo di libertà e di riconoscimento reciproco. Oggi gli stereotipi che legittimano relazioni di dominio non sono venuti del tutto meno, né in Occidente, né nel resto del mondo; tuttavia il nostro tempo è caratterizzato dalla ‘libertà femminile’, che obbliga a parlare di un nuovo scenario. In questo nuovo scenario è urgente il bisogno di una riflessione etica e, ancor prima, antropologica sul senso della differenza sessuale, come dimostra la conflittualità o la competizione tra i sessi, che spesso diventa violenza. Ora, però, a compiere tale riflessione possiamo essere sia uomini sia donne, con le occasioni di ascolto reciproco e di scambio di punti di vista prima impossibili. Questo libro raccoglie contributi di filosofi e filosofe, psicoanalisti e psicoanaliste, teologi e teologhe, che riconoscono e restituiscono alla differenza sessuale la sua fondamentalità, cioè il suo essere una questione che un pensiero radicale dell’umano non può più aggirare.
Gli autori
Riccardo Fanciullacci ha conseguito il dottorato di ricerca (con una tesi sulla struttura del giudizio e la pretesa di verità) all’Università Ca’ Foscari di Venezia dove attualmente collabora con la Cattedra di Filosofia morale e con il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (CISE). È anche segretario scientifico del Centro di Etica Generale e Applicata (CEGA) dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia. Ha pubblicato un ampio saggio sulla Regola d’Oro nel volume a cura di C. Vigna e S. Zanardo, La regola d’oro come etica universale(Vita e Pensiero, Milano 2005). Susy Zanardo è docente a contratto di Filosofia morale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Collabora con il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (CISE) della medesima università. Ha pubblicato, oltre a diversi saggi sul pensiero francese contemporaneo, il volume Il legame del dono (Vita e Pensiero, 2007); ha curato, con C. Vigna, La regola d’oro come etica universale (Vita e Pensiero, 2005) e Etica di frontiera. Nuove forme del bene e del male (Vita e Pensiero, 2008).
Ripercorrendo le tendenze fondamentali dell'epoca presente nell'ambito della filosofia prima, i saggi contenuti in questo volume mettono a fuoco i modi in cui la filosofia, a partire dall'esperienza dell'uomo nel mondo, può elaborare una riproposizione della metafisica capace di confrontarsi criticamente con importanti luoghi di riflessione, individuabili soprattutto nei riferimenti implicati dal trinomio "esperienza, fede, razionalità", sia sul piano concettuale, sia sul piano dell'analisi della situazione storica del pensiero contemporaneo. Tale obiettivo si traduce nella scelta convinta di ampliare gli orizzonti della speculazione e della produzione filosofica, oggi quasi esclusivamente incentrati o sull'immanenza relativistica, oppure sull'attualità e sulla misurabilità degli eventi. La struttura delle ricerche è andata così orientandosi in direzione della formulazione di una proposta metafisica in grado di garantire la duplice istanza filosofica fondamentale, della trascendenza e dell'esibizione storica del suo senso.
Nel semplice incontro di un uomo con l’altro uomo si gioca, secondo Lévinas, l’essenziale, l’assoluto: nella manifestazione, nell’“epifania” del volto dell’altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto.
Pubblicato per la prima volta nel 1970, e presentato qui in una nuova traduzione, questo libro è un grandioso esercizio di avvicinamento al Silenzio teologico, una pietra miliare irrinunciabile per una riflessione profonda sulle condizioni e sul destino del popolo ebraico e, di riflesso, di tutta la cultura occidentale. La Bibbia, nelle pagine di Neher, funge da filigrana per descrivere un incessante corpo a corpo con le pratiche umane più elementari: parlare, tacere, amare, odiare, soffrire. Sotto il segno di Giobbe, archetipo del giusto che patisce un'incomprensibile "congiura" ai suoi danni, ma anche sotto il segno di Saul, vero "Edipo ebreo", e di Ezechiele, di Giona, di Abramo, di Elia, e di tanti altri piccoli o grandi protagonisti, Neher interroga le prove più dure e più feconde che hanno segnato l'esperienza biblica. La parola esiliata permette a Neher, sopravvissuto alle persecuzioni naziste, di affrontare con coraggio impareggiabile la domanda delle domande, quella su Auschwitz: questa volta sotto il segno di Elie Wiesel, compagno di viaggio nel paesaggio allucinato e silenzioso dello sterminio, là dove, come non ha mancato di rimarcare anche papa Benedetto XVI, occorre sempre chiedersi: perché Dio ha taciuto? Neher non fornisce risposte accomodanti, ma consente di collocare il Silenzio nel cuore stesso della Rivelazione, come scrive Massimo Cacciari nella postfazione.
Il relativismo etico - o, come talvolta viene detto, il relativismo morale - è uno dei rari casi in cui un'antica questione filosofica è divenuta materia arroventata, di lotta politica e culturale. Ma quella di relativismo etico è una nozione ambigua, suscettibile di una pluralità di interpretazioni e di significati. Il saggio ne mostra la complessità, ponendola in relazione alle altre forme di relativismo filosofico (cognitivo ed estetico) e alla discussione generale delle teorie sulla fondazione dell'etica; e insieme analizza i differenti livelli in cui può essere sostenuta e i vari modi in cui è stata interpretata e spesso confusa e fraintesa. Ciò consente all'autore di proporre una versione di relativismo etico in grado di evitare le conseguenze implausibili e paradossali in cui si imbattono le versioni più radicali.
In questo nuovo volume della sua Controstoria, Onfray demolisce il mito di un Illuminismo razionalista e materialista, denunciando il carattere assai moderato o persino retrivo di alcuni fra i suoi più celebrati esponenti, e tracciando inedite demarcazioni fra i «buoni» materialisti e edonisti e i «cattivi» idealisti del secolo dei Lumi. Anche se messi all’Indice dal Sant’Uffizio, Voltaire e in fondo anche Diderot rimangono infatti deisti e antiatei, vincolati in maniera ambigua ai ricatti della trascendenza. Kant? Misogino e per di più razzista, come Diderot e Buffon. Sade? Un protofascista, che predica la sopraffazione, lo sfruttamento e il disgusto del corpo. Rousseau poi, oltre che criptoidealista, è un reazionario luddista, contrario alla scienza e favorevole alla cieca obbedienza e all’ignoranza del popolo.
Chi è da salvare sono invece gli esponenti di una corrente minore e storicamente perdente dell’Illuminismo "estremista": pensatori come Meslier, La Mettrie, Maupertuis, Helvétius, d’Holbach.
Giovanni Reale è uno dei massimi studiosi del pensiero antico e autore di fondamentali contributi su Presocratici, Socrate, Platone, Aristotele, Seneca, Pirrone, Plotino, Proclo e Agostino. Ha composto una Storia della filosofia greca e romana (in dieci volumi, Bompiani 2004) che si è imposta come un punto di riferimento. Per una nuova interpretazione di Platone è la sua opera di maggior successo, come dimostra lo straordinario numero di edizioni, le traduzioni in varie lingue e i giudizi dati dagli studiosi a livello internazionale.
Giovanni Reale (1931), uno dei massimi studiosi del pensiero antico, insegna presso l’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. La sua sterminata produzione scientifica spazia lungo tutto l’arco del pensiero greco e latino: gli autori a cui ha dedicato specifiche monografie sono i Presocratici, Parmenide, Melisso, Socrate, Platone, Aristotele, Teofrasto, Pirrone, Seneca, Plotino e Proclo. Con Elisabetta Sgarbi ha pubblicato: I misteri di Grünewald e dell’Altare di Isenheim (2006), Le nozze nascoste o la Primavera di Sandro Botticelli (2007) e Il pianto della statua (2008). I suoi scritti sono attualmente tradotti in quindici lingue.
Che cosa hanno in comune Socrate, Gesù e Buddha? Qual è il senso più profondo dei loro insegnamenti e dei loro messaggi spirituali? E perché questi messaggi sono così vivi ancora oggi? Frédéric Lenoir risponde a questi interrogativi attraverso una vera e propria inchiesta storica che è insieme anche un saggio filosofico e spirituale; ricostruendo infatti le biografi e dei tre maestri, attraverso un uso accurato delle fonti storiche, Lenoir ci mostra quali differenze, similitudini, punti di contatto si possono rintracciare nelle vite e negli insegnamenti dei tre saggi. Cinque grandi temi universali, la fede nell’immortalità dell’anima, la ricerca della verità, della libertà, della giustizia e dell’amore, riassumono i punti chiave del pensiero e della filosofia dei tre saggi, accomunati, nonostante le distanze temporali, geografi che e culturali, da un principio essenziale: quello di rivolgersi sempre all’essere umano nel suo insieme. Socrate, Gesù e Buddha sono tre maestri spirituali che prima di tutto ci insegnano a vivere, perché il loro messaggio non è mai freddamente dogmatico ma cerca sempre il significato delle cose, fa appello alla ragione ma riesce a parlare anche al cuore.
Nella modernità la teoria morale si astiene dal proporre modelli vincolanti di vita buona. Sennonché l'impossibilità di comporre la disputa sullo statuto morale e giuridico della vita umana prepersonale induce oggi Habermas a riproporre la problematica etica classica sul piano dell'universalità antropologica.
L'autore teme una genetica liberale che si affidi alle opzioni interessate dei genitori e ai meccanismi del mercato. Fuoriuscendo dal rapporto clinico e dialogico col paziente, ossia dai limiti strettamente terapeutici e negativi che presuppongono il consenso dell'interessato, il liberalismo genetico rischia di alterare quell'eguaglianza casuale della natalità cui tutti i cittadini devono il cominciamento di un esclusivo destino di socializzazione. Solo se manteniamo come giuridicamente indisponibile la casualità della nascita, i cittadini possono garantirsi l'eguaglianza di accesso all'ideale comunità dei soggetti morali e alla reale comunità dei cittadini politici.
"Teoria dell’inconcettualità" è l’ultimo grande capolavoro di uno dei massimi filosofi del Novecento, un vero e proprio testamento spirituale rimasto a lungo inedito e destinato a suscitare un nuovo e vivace dibattito culturale.
In questo libro Blumenberg delinea i capisaldi del progetto filosofico elaborato nel corso della sua lunga e prolifica carriera di studioso, traendo le conclusioni delle ricerche avviate in opere molto amate in Italia come Naufragio con spettatore, Il riso della donna di Tracia, La leggibilità del mondo, La legittimità della modernità o Elaborazione del mito.