Quest'opera puo' considerarsi il testamento spirituale di Edmund Husserl.
Pubblicato per la prima volta nel 1936 in due volumi, questo saggio è divenuto ben presto un classico dell'esegesi aristotelica ed epicurea.
Sulle basi di numerose fonti teologiche, giuridiche e mediche, Foucault affronta il problema di quegli individui "pericolosi" che, nel corso del XIX secolo, sono stati definiti "anormali". Definisce le tre figure principali dell'anormalità: il mostro umano, antica nozione cui quadro di riferimento erano le leggi della natura e le norme della società; l'individuo da correggere, di cui si fanno carico i nuovi dispositivi di disciplinamento del corpo; l'onanista, che è oggetto, già dal XVIII secolo, di una campagna indirizzata al controllo della famiglia moderna. Per Foucault l'individuo anormale deriva dell'eccezione giuridico-naturale del mostro, dalla moltitudine degli incorreggibili e dal segreto delle sessualità infantili.
Nato a Malaga, Avicebron (Shelomon Ibn Gabirol, ca. 1021-1058) è una delle figure più originali e controverse della filosofia ebraica medievale. L'ambivalenza del suo sapere - oscillante fra la tradizione religiosa ebraica e la cultura filosofica greca (tra Gerusalemme e Atene, per riprendere la fortunata espressione di Leo Strauss) - giustifica il fascino che Avicebron esercitò alternativamente nel mondo ebraico come poeta e in quello latino-cristiano come pensatore. Il suo capolavoro filosofico, la "Fonte della vita", composto originariamente in arabo, si è conservato integralmente solo nella traduzione latina realizzata nella prima metà del XII secolo da Domenico Gundisalvi e Giovanni Ispano. In quest'opera, presentata con il testo latino a fronte, si ritrovano le radici di molti dei successivi dibattiti scolastici sul ruolo della Volontà di Dio, sulla pluralità delle forme sostanziali e soprattutto sulla composizione degli enti finiti (la celebre dottrina dell'ilemorfismo universale).
Questo libro raccoglie uno dei più interessanti, ma anche dei meno noti, epistolari del Novecento, quello tra il filosofo Martin Heidegger e la moglie Elfride. Si tratta di una eccezionale testimonianza, che svela particolari inediti della vita privata di Heidegger, ritenuto universalmente uno dei più complessi e controversi filosofi del secolo scorso, il cui pensiero appassiona ancora oggi milioni di studiosi. Le lettere scritte da Heidegger alla moglie permettono di ricostruire la figura del grande pensatore tedesco, rivelando il lato nascosto di una personalità ricca di passione ma anche incline alle più comuni debolezze umane. Il libro, pubblicato nel 2005 in Germania ha suscitato un grande scalpore per le rivelazioni che conteneva sulla vita privata del grande filosofo (per esempio si è scoperto che il "figlio" Hermann in realtà era nato in seguito ad una relazione adulterina della moglie).
In questo volume viene presentata per la prima volta la traduzione italiana del Commentario alla Metafisica" di Aristotele. Con testo greco a fronte."
Ritorna in libreria un'opera capitale della filosofia italiana. Risultato di una disputa con Giovan Battista della Porta, "Del senso delle cose e della magia" è una sintesi straordinaria dell'enciclopedia cinquecentesca dei saperi, nella quale la visione del mondo come un'organismo vivente viene difesa intrecciando mirabilmente scienza e credenza, rigore argomentativo e forza retorica. Scritta in una prima versione in latino, ed inviata in questa forma al Sant'Uffizio, è l'opera che è costata le prime persecuzioni al suo autore. Ad esse Campanella controbatterà riscrivendo l'opera, per lui ormai perduta, in italiano. Di questa versione italiana si restituisce un'edizione moderna, curata da una delle maggiori esperte del pensiero di Campanella, Germana Ernst.
L'angoscia più profonda dell'uomo, che da sempre lo accompagna, è che la morte uccida ogni possibilità di salvezza. Tuttavia Emanuele Severino ha mostrato, nella "Gloria", come la salvezza dalla morte sia una necessità, non una semplice possibilità: "L'uomo è atteso dalla terra che salva". Ma nella "cadenza primaria" di "Oltrepassare", che della "Gloria" è al tempo stesso "rischiaramento" e sviluppo, appare come in realtà "la terra che salva sia 'infinitamente' più ampia, cioè più salvatrice" di quanto lo scritto precedente lasciava intendere, e come il senso autentico del divenire "mostri una complessità che nella "Gloria" non viene ancora indicata". Severino ha dedicato molti scritti a una rigorosa messa in atto del principio aristotelico di non contraddizione. E proprio in quanto mostrava le aporie su cui si reggevano celebri edifici della metafisica il suo pensiero suscitava un provocatorio interrogativo: che cosa si apre al di là della contraddizione?
Malebranche è uno dei protagonisti del Seicento filosofico francese. Di questo pensatore era da tempo assente in libreria l'opera principale, "La ricerca della verità", un'opera nella quale lo spirito di geometria della filosofia cartesiana si incontra con i vertici speculativi della tradizione agostiniana. Questa edizione rappresenta l'unica disponibile in italiano e viene ora riproposta con una nuova introduzione di Emanuela Scribano, una delle massime esperte della filosofia del Seicento.
I saggi qui raccolti, e scritti tra il 1975 e il 2000, possono definirsi un compendio della riflessione morale di Ricoeur: dalla distinzione tra etica, come desiderio di una vita compiuta, e morale, in quanto universalità della norma che media tra volontà diverse, alla determinazione dei concetti di stima di sé, sollecitudine, giustizia, libertà, intenzione etica, legge, valore, istituzione, "legge di natura". Una costellazione di categorie con la quale Ricoeur traccia, quasi didatticamente, i lineamenti di una filosofia morale. Una filosofia che coniugando prospettiva teologica e prospettiva deontologica - Aristotele e Kant, ma memore anche della lezione di Max Weber - riconosce l'ineliminabilità del conflitto dei doveri, di un lato tragico inerente all'azione morale. Conflitto al quale far fronte, di volta in volta, con la saggezza pratica. Senza dimenticare la paradossalità dell'etica evangelica, con i suoi comandamenti - "ama il prossimo tuo", "porgo l'altra guancia" - che "orientano disorientando": scompigliando l'esistenza, "rigenerano la libertà".
In questo scritto del 1809, Schelling vuole dimostrare che la libertà umana non è affatto incompatibile con il panteismo, giacché nel suo sistema essa non è né sacrificata in nome dell'ineluttabile necessità, né salvaguardata in senso puramente formale. La possibilità di scegliere tra il bene e il male non è uno scandalo, perché il secondo possiede una natura attiva e spirituale al pari del bene; il male consiste nell'inversione, che può aver luogo soltanto nell'uomo, del concreto rapporto tra principio oscuro (volontà particolare) e principio luminoso (volontà universale), una dualità di princìpi che si radica nella scissione originaria che si dà in Dio stesso tra il suo fondamento oscuro e abissale e la sua esistenza luminosa attuale; la ricongiunzione dei due princìpi può avvenire solo attraverso l'amore ed esaurisce tanto la storia della creazione quanto quella della rivelazione.
"La liberté cartésienne" di Jean-Paul Sartre è uno scritto emblematico nella storia della filosofia del Novecento. Pubblicato nel 1946, subito dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, ripropone il problema del libero arbitrio a ridosso di un momento storico in cui la libertà era stata soffocata in gran parte d'Europa. Il saggio apparve nella collana "I classici della libertà", fondata da un importante studioso dello "spirito borghese", Bernard Groethuysen. Secondo il modello editoriale, cui partecipò anche lo storico Lucien Febvre, il saggio introduceva a un autore che documentava con i suoi scritti la continuità e la trasformazione dell'ideale "classico" di libertà nella storia della coscienza europea. La nozione di libertà che Sartre delinea trae origine dal recupero del concetto di libertà, così come pensata da Cartesio, caratterizzata dalla possibilità e dall'autonomia della scelta. Al di là dei confini confessionali, il libero arbitrio è proposto come un valore "transtorico", "secolarizzato", oggi si direbbe dell'uomo multiculturale. Sartre considera Cartesio come il filosofo che in un'epoca "autoritaria" pensa la libertà dei moderni. A lui fa risalire con la dottrina del cogito, la dottrina della democrazia. Questo testo sartriano, inedito in Italia, viene qui presentato insieme con i brani di Cartesio ai quali Sartre fa riferimento. L'edizione offre così una lettura comparata e quasi un dialogo tra due maestri del pensiero occidentale.