Piccolo esercizio di pensiero per scoprire nel termine "narcisismo" antiche e nuove intuizioni non riducibili al mero trionfo dell'effimero. L'autrice, con spiccata sensibilità filosofica e scrittura avvincente, ne coglie gli aspetti più attuali e dirompenti. Il mito di Narciso, narrato nel terzo libro delle Metamorfosi di Ovidio, è un classico che non ha ancora esaurito quel che ha da dire.
Il libro ricostruisce, nella sua prima parte, le linee essenziali della concezione "radicale" del linguaggio di Ortega y Gasset (1883-1955), inserendola nel contesto più ampio della sua visione dell'uomo e dell'origine della società. Tale concezione è "radicale" poiché il linguaggio articolato affonda le sue radici nel terreno del gesto e della corporeità. La seconda parte del volume ripercorre le riflessioni sul linguaggio di María Zambrano (1904-1991), l'allieva di Ortega che ha messo al centro della sua filosofia la ricerca di una ragione incarnata: in luoghi, in corpi, in persone.
"All'inizio del 2013 sono venuto a conoscenza di passi contenuti nei Quaderni neri che si riferiscono agli ebrei, all'ebraismo o, meglio, all'ebraismo mondiale. Mi fu subito chiaro che la pubblicazione di questi Quaderni avrebbe suscitato un grande dibattito internazionale. Già nella primavera di quell'anno ho pregato Friedrich-Wilhelm von Herrmann - l'ultimo assistente privato di mio nonno e, secondo una dedica di quest'ultimo, il 'principale collaboratore della Gesamtausgabe', in quanto profondo conoscitore del suo pensiero - di esprimere il suo punto di vista sui Quaderni neri nel loro complesso e, in particolare, sui passi riferiti agli ebrei ora al centro dell'attenzione pubblica. Nelle pubblicazioni sui Quaderni neri si sono diffuse rapidamente espressioni di grande effetto come 'antisemitismo onto-storico' oppure 'antisemitismo metafisico'. Ma c'è davvero dell'antisemitismo nel pensiero di Martin Heidegger? Von Herrmann propone qui la sua interpretazione ermeneutica e il suo collaboratore, Francesco Alfieri, conduce un'ampia analisi filologica dei volumi 94-97 della Gesamtausgabe, approdando a risultati sorprendenti che inaugurano una nuova prospettiva sui Quaderni neri" (dalla Premessa di Arnulf Heidegger).
Pur avendo pubblicato in vita un solo libro, il "Tractatus logico-philosophicus", Ludwig Wittgenstein è stato certamente uno dei più influenti filosofi del '900. Al suo pensiero si sono ispirati sia il positivismo logico sia la filosofia analitica, ma entrambi hanno misconosciuto uno degli elementi più profondamente radicati del suo essere: la religiosità. "In cerca di salvezza" vuol mettere a fuoco questo aspetto e raccontare il rapporto del filosofo austriaco con la religione, in particolare quella cristiana, alla luce soprattutto degli scritti autobiografici contenuti nei taccuini personali (compresi i "diari segreti"). Attraverso di essi emerge come la vita di Wittgenstein sia stata una incessante ricerca spirituale, guidata, oltre che dall'interesse speculativo, anche e soprattutto dal desiderio di trovare una risposta ai problemi esistenziali. Alla religione il filosofo vorrebbe riuscire ad aggrapparsi come a un'ancora di salvezza, nella fede cristiana egli cerca un rimedio alla disperazione, nel Vangelo gli sembra di trovare una promessa di redenzione alla quale aspira con tutto il cuore. "La fede è fede in ciò di cui ha bisogno il mio cuore, la mia anima, non il mio intelletto speculativo. Perché è la mia anima, con le sue passioni, quasi con la sua carne e il suo sangue, che deve essere redenta, non il mio spirito astratto". (Ludwig Wittgenstein, "Pensieri diversi")
"Tre testi di Kant leggo e commento, da un punto di vista etico, politico e da ultimo estetico: Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, Per la pace perpetua, se il genere umano sia in costante progresso verso il meglio. Li leggo e commento per trovare la possibilità di esperire, ancora una volta, il legame tra l'identità personale e l'identità della Storia del genere umano."
Responsabilità è ciò che la gente chiede alla gente. Senso generatore di senso. Un senso che sembra esser perso nel tempo corrente. Una parola che sembra esser desueta e, così, non più collegata a Valore, Morale e Libertà. Fors'anche perché sostituita da sicurezza. Condizione, questa, che ci è posta come la soluzione alla vita non buona che viviamo. E spesso quello che sviluppiamo per arginarne il dilagare altro non è che resistenza. Ma la resistenza è logorante e deve far i conti con quella caratteristica umana che è la sofferenza. Occorre capacità di cura. Una cura che parta dal sé di ognuno ma non si esaurisca nello stesso. E dal sé di ognuno potrà estendersi verso il prossimo altro, a partire dal figlio. Una Responsabilità forte del vaglio operato dal dubbio, dal timore e dalla speranza. Responsabilità è ciò che connota la strada verso il miglioramento della propria umana Umanità allontanandoci dalla condizione di soggetti e spingendoci verso quella di Persone. Consci a sé di sé stessi all'interno delle formazioni sociali in cui ci esprimiamo. Ecco che la Responsabilità Personale si connota di Sociale. E quando è capace di contribuire a ciò che accade traccia con l'avvenire il futuro che sarà. E se la Politica non è l'amministrazione del presente bensì la progettazione di un futuro a cui tendere, dato da prosperità, libertà e democrazia, la Responsabilità di ogni Persona è anche Politica. Presentazione di Claudio Bonvecchio.
La filosofia occidentale nasce come negazione dell'Altro. È solo con Emmanuel Lévinas (l906-1995) che l'Altro diventa oggetto di una riflessione "rivoluzionaria". A partire dal suo saggio Totalità e infinito, non è più l'io a comandare. Il confronto con l'alterità è descritto come "epifania del Volto": linguaggio spiazzante e dissonante che mette in crisi il soggetto trionfante. Qualcosa di traumatico irrompe nel suo mondo tranquillo e pacificato che, dall'ordine dell'essere, lo innalza all'ordine della bontà. Il Volto d'altri è presentato come "nudità d'essere" e "vulnerabilità", intese non come debolezza ma come forza e capacità di resistere all'annientamento. Se la Totalità dell'essere è autoreferenzialità e chiusura, l'Infinito, al contrario, è apertura al mistero dell'Altro, che è l'impossedibile e l'inesauribile.
Il volume, frutto di una Giornata di Studio, torna a riflettere sul tema dell'esperienza. Un tema scottante nella cultura postmoderna dove la realtà è misurata e commisurata dal e al soggetto. Il rischio è quello di perdere, o quanto meno sminuire, l'incidenza e la forza pregnante del significato originario di "esperienza" quale è stato assunto nella teologia spirituale: una riflessione a ritroso su un evento, su un fatto, su un atto, su un sentimento e cosa l'ha prodotto. Nella teologia spirituale il dibattito sulla definizione del termine esperienza è stato (ed è) quanto mai vivace, sia nell'identificazione del rapporto tra soggettività e oggettività, sia nella possibilità narrativa dell'esperienza nel momento in cui raggiunge la soglia della mistica, dove le parole si spengono, entrando, al massimo, nel linguaggio simbolico, metaforico, in grado solo di avvicinarsi a un'esperienza che mantiene un secretum meum mihi est. Il volume costituisce così quasi una "sfida" nel voler tornare su un tema dibattuto e controverso con l'intento di coglierne la dinamica, oltrepassando l'ambito specifico della teologia spirituale.
Un approccio antropologico e dialogico alla questione linguistica, testo di riferimento della riflessione filosofica di Lipps.
Il progetto di Lipps di inaugurare una logica dell’ermeneutica, condiviso con il filosofo tedesco Georg Misch (1878-1965), costituisce la sua eredità, un’intuizione per molti versi innovativa. Nel testo egli affronta la posizione di una questione filosofica del linguaggio di contro alla linguistica, alla filologia, alla logica formale e fa un richiamo a una ricerca che parta dalla parola proferita con la quale l’uomo interpreta e coglie – strutturando e dando senso – il mondo e se stesso. Il linguaggio è il luogo in cui l’uomo si risveglia all’esistenza venendo interpellato dall’altro, mette in comunicazione due esistenze, le cambia e cambia il rapporto che intrattengono col mondo circostante.
Il volume riflette sulla tesi di un'origine "francescana" del giusnaturalismo moderno. Si apre con un excursus sull'equilibrio della sintesi tomista, sulla posizione di san Bonaventura e sulla crisi culminata con la condanna parigina del 1277. L'autore presenta quindi la concezione del diritto naturale di Giovanni Duns Scoto, la "disputa sulla povertà", il pensiero di Guglielmo di Ockham e le sorti del diritto naturale nel nominalismo, per mostrare infine come queste idee confluiscano nella prospettiva teologico-morale e giuridica dei riformatori. Una lettura attenta degli scritti di Lutero, Melantone, Calvino, Zanchi e Althusius consente una migliore ricostruzione della rottura tra il paradigma classico e quello moderno del diritto naturale.
Senza responsabilità per gli altri non si può essere fratelli. Originale e suggestivo, il percorso de "La domanda di Caino" affronta nell'ordine male, perdono, fraternità. Il problema del Male restituisce centralità allo scandalo della sofferenza ingiustificata. Il tema del perdono mette a fuoco i paradossi del perdonare - possibile e impossibile, sperato e disperato - tra sfera privata e sfera pubblica. La questione della fraternità prende sul serio la domanda di Caino: non si è fratelli prima di essere responsabili. Il saggio di Franco Riva riflette su temi eterni e metafisici dell'umanità attraverso preziosi dialoghi letterari (Cervantes, Dostoevskij e la Bibbia) e filosofici (Arendt, Buber, Derrida, Jankélévitch, Jonas, Kierkegaard, Lévinas, Marcel, Ricoeur, Schmitt) con i grandi esponenti della storia del pensiero.
Aristotele è stato il maggiore testimone di quell'appassionato desiderio di conoscenza che egli, nelle prime righe della Metafisica, riconosce come una tensione comune a tutti gli uomini, come un segno precipuo della loro umanità. Di fronte al suo immenso sforzo di soddisfare questo desiderio, per sé e per la tradizione cui apparteniamo, è difficile non provare quell'emozione che accompagna sempre l'incontro con le grandi esperienze dell'intelligenza umana, e, nel nostro caso, con l'imponenza di un'impresa del pensiero che si stenta a concepire come dovuta al lavoro di un solo uomo. Questo libro si propone di introdurre il lettore nel laboratorio intellettuale in cui questa impresa è stata realizzata. Il suo scopo è di condurre a una comprensione critica dell'edificio di pensiero costruito da Aristotele, nella sua complessità, nel suo senso d'insieme, e anche nelle questioni che esso lascia aperte. «Incontrare Aristotele» significa dunque disporsi a un ascolto non pregiudicato e non «scolastico» della sua lezione: una lezione che è ancora in grado di parlarci e di suscitare consenso o dissenso, di non lasciarci indifferenti di fronte a quello che è stato uno dei maggiori sforzi filosofici di comprensione del mondo che la nostra tradizione ci abbia trasmesso.