"Molti si chiedono come mai il Sommo Pontefice ha sentito il bisogno di ritornare a comporre opere poetiche, come aveva fatto da giovane. Ma, in primo luogo, va detto che alle composizioni poetiche (pubblicate per lo più sotto pseudonimi) Wojtyla si dedicò per quasi quattro decenni. In secondo luogo, va ricordato e ribadito che Wojtyla, oltre che "teologo", è non solo "poeta", ma anche "filosofo". Wojtyla riunisce in sé - in differente misura - le tre grandi forze spirituali mediate le quali l'uomo da sempre ha ricercato la verità: "arte", "filosofia", "fede religiosa." (dall'Introduzione di Giovanni Reale)
Il volume presenta contributi di Elio Guerriero, Joseph Ratzinger, Rino Fisichella, Massimo Camisasca, Paola Ruccu Sindoni, Adriano Dell'Asta, Roger Etchegaray, José Saraiva Martins, Stanislaw Rylko, Walther Ruspi, Aldino Cazzago, Alberto Quattrucci, Leo Scheffczyk, Alessandro Ghisalberti.
Oggi la figura di Paolo VI appare quasi schiacciata tra l'immagine affettuosa del suo predecessore, Giovanni XXIII, e quella così carismatica del suo successore. Giovanni Paolo Il. È criticato dalla sinistra, cioè da chi lo considera un personaggio amletico che non seppe portare a compimento il cammino di apertura e modernizzazione del Vaticano II; è attaccato dalla destra, cioè da chi lo considera responsabile della crisi ecclesiale postconciliare. Questo ritratto - che rivela tratti sconosciuti della sua personalità e aspetti dimenticati del suo magistero - restituisce all'opinione pubblica il vero volto di un pontefice tormentato e coraggioso, che seppe fare da ponte fra il "vecchio" e il "nuovo" della Chiesa.
Il libro raccoglie pagine stupende di Giovanni Paolo II ai giovani: pagine da meditare, contemplare, pregare, vivere. Un libro con testi di un giovane anziano per giovani coraggiosi", un libro vibrante di fede. Tra Giovanni Paolo II e i giovani si e stabilito un rapporto speciale di amicizia e di affetto nella verita e nell'amore. I giovani hanno posto interrogativi basilari al Santo Padre, ed egli ha dato risposte pronte e coraggiose. Il libro, curato da Antonio Izquierdo, testimonia il forte sodalizio creatosi tra i giovani ed il grande papa polacco. "
Tra il 1198 e il 1304 la curia pontificia fu assente da Roma per circa il 60 per cento del tempo. I motivi di questa mobilità erano vari: sfuggire ai fastidi del clima estivo dell’Urbe, rafforzare l’autorità temporale nelle città dello Stato della Chiesa, schivare spinosi contrasti politici con le potenti famiglie romane. Il fenomeno non era sconosciuto in precedenza, ma nel corso del Duecento diventò sistematico, e risale alla metà del secolo la formula ubi papa ibi Roma: ovunque si trovi fisicamente il papa, lì è la sede apostolica. Il trasferimento della corte papale coinvolgeva centinaia di persone – cardinali, stretti collaboratori del pontefice, organi dell’amministrazione centrale, addetti agli uffici economici – e comportava la necessità di reperire spazi adeguati a ospitare un seguito di tali dimensioni e complessità.
Partendo da questa consuetudine, il libro studia l’architettura dei palazzi papali duecenteschi, ossia degli edifici costruiti appositamente per il pontefice (e non occasionalmente messi a sua disposizione per un soggiorno) secondo il principale significato che nel Medioevo era attribuito al termine palatium: sede dell’autorità sovrana dotata di carattere di rappresentanza e quindi, dal punto di vista architettonico, espressione visiva del potere in essa ospitato.
La ricerca analizza i complessi romani del Laterano e quello del Vaticano, la cui costruzione iniziò nel primo Duecento per volontà di Innocenzo III, e si indirizza poi sui palazzi costruiti extra Urbem. Furono almeno diciannove i comuni interessati dagli spostamenti duecenteschi, scelti soprattutto in base alle condizioni vantaggiose che vi si potevano trovare: la facilità di approvvigionamento, il clima favorevole e, non ultima, la posizione strategica. Ma sono Viterbo, Anagni, Orvieto, Perugia e Rieti quelli in cui il soggiorno fu più lungo e proprio qui (con l’eccezione di Perugia) è presente un palazzo papale. Il libro offre un lavoro di sintesi su questi edifici – finora studiati solo in opere monografiche o specialistiche – esaminandone le vicende costruttive, l’organizzazione spaziale e funzionale, le trasformazioni e i restauri di epoca successiva.
"Questo libro - che esce postumo - è il capolavoro di Domenico Del Rio: in esso trovano unità gli esercizi di critica e di ammirazione della figura di papa Wojtyla che egli ha condotto per venticinque anni, con progressiva intuizione del personaggio e con immutata felicità di scrittura... Con questo suo capo d'opera, dunque, Domenico ci consegna tre doni: il ritratto definitivo del papa che ha studiato per un quarto di secolo; il suo sentimento francescano della Chiesa, non più contrapposto ma commisurato a un'avventura pontificale straordinaria; l'identificazione orante con l'uomo Karol Wojtyla, di cui con tanto impegno si è fatto cronista e ritrattista." (dalla prefazione di Luigi Accattoli)
Due verbali, custoditi negli Archivi Vaticani, testimoniano due eccezionali conversazioni tra personaggi molto diversi. Si tratta della testimonianza di un momento particolare della storia della nostra democrazia e dello scontro tra due protagonisti della scena politica e religiosa.