
Le omelie sulla Passione del Signore, per la prima volta in edizione italiana in un volume singolo, offrono la possibilità di una lettura mirata e personale della Passione e morte di Gesù. I quadri su cui si concentra l'attenzione di Giovanni Crisostomo sono quelli della presunzione di Pietro, della disperazione irredenta di Giuda, dell'incredulità dei giudei e della colpevole debolezza di Pilato, le figure positive del centurione, di Giuseppe di Arimatea, delle donne. La persona di Gesù attraversa tutti questi quadri. Egli, che non viene meno neanche per un momento alla sua missione di maestro, fa da contrappunto agli scompensi che ogni personaggio porta con sé e che riproducono anche i nostri limiti e le nostre cadute.
Destinatari
Un classico, per sacerdoti e diaconi. Ma anche per gruppi di ascolto.
Autore
Giovanni Crisostomo, vissuto a Costantinopoli nel IV secolo, ebbe tale soprannome, «Bocca d'oro», per i suoi sermoni di fuoco che duravano anche un paio d'ore. Con essi fustigava vizi e tiepidezze e dava severi richiami ai monaci indolenti e agli ecclesiastici troppo sensibili al richiamo della ricchezza, ma soprattutto ammaestrava e correggeva.
Raimondo Lullo (1235-1316), figura singolare di pensatore, e ancora oggi al centro di un grande interesse. Cavaliere, amante della poesia, a trent'anni lascia la famiglia per onorare Dio, esaltare la fede e predicare ai Saraceni". "
Una raccolta dei due scritti più noti di San Bonaventura. L'"Itinerarium" (1259) illustra la ricerca di Dio attraverso la sua esperienza. Ne "La riconduzione delle arti alla teologia" (1255-1257) esprime la sua convinzione che tutte le arti trovano nella Scrittura il loro compimento e il loro significato.
Il "Libro dei Dialoghi" di gregorio Magno costituisce l'unica fonte storica della vita di san Bendetto da Norcia che ci sia pervenuta. La "Regola", inoltre, viene comunemente ritenuta il fondamento del monachesimo occidentale, nonché una sintesi insuperata del messaggio cristiano; essa fa del suo autore il maestro dei popoli quanto mai attuale in questo Terzo Millennio. L'autentico testamento spirituale di Benedetto che emerge da queste pagine va al cuore della scelta incondizionata di Dio del fondatore di Montecassino: il messaggio che sa parlare ai nostri come a tutti i tempi.
Considerando la frequenza con cui la nozione di civitas ricorre nell'itinerario intellettuale di Agostino e il ruolo che vi ricopre, appare manifesto che il De civitate Dei non è un'opera semplicemente occasionale, ma piuttosto che risponde ad un preciso progetto teologico e religioso a lungo pensato. Nella visione teologica e religiosa offerta dal De civitate Dei, la vita perde ogni connotazione puramente occasionale e contingente, per svilupparsi secondo un itinerario ben definito e in vista di un fine saldamente stabilito. La traduzione è tratta dall'edizione critica latino italiana dell'Opera Omnia di sant'Agostino pubblicata in Italia da Nuova Biblioteca Agostiniana - Città Nuova.
Più di vent'anni di laboriosa redazione per un' opera importante e attesa, nella quale Agostino dà una risposta fiduciosa alle difficoltà della ragione e introduce alla vita di comunione con la Trinità. Queste pagine fondono insieme l'indagine del filosofo, l'acume del teologo e l'ardore del mistico.
"Consigli e ricordi" è stato composto da Celina, sorella di Teresa di Lisieux, attingendo al proprio diario personale - redatto in parte quando la santa era ancora in vita -, alle proprie deposizioni preparate in vista dei Processi Canonici e ad alcuni ricordi. Completamento ideale della "Storia di un'anima", è una raccolta di aneddoti che ritrae Teresa di Lisieux (1873-1897), appena ventenne, nel suo impegno di maestra delle novizie, impegno che seguirà fino alla morte.
Considerato già dai contemporanei un'autentica autorità in materia di teologia, tanto da meritare unanimemente il soprannome di «Teologo», in realtà il contributo offerto da Gregorio Nazianzeno in campo dottrinale non è significativo tanto sul piano speculativo quanto piuttosto sul piano intellettuale. E, la sua, una teologia di testimonianza, «operaia», che nasce da un'intensa attività svolta concretamente a sostegno della Chiesa e del cristianesimo ortodosso. In questo senso la teologia di Gregorio Nazianzeno corona la sua attività pastorale e riconduce al cuore della sua spiritualità. Nelle cinque orazioni e nelle tre epistole «teologiche», considerate tra i migliori prodotti dell'eloquenza teologica del IV secolo, Gregorio difende l'ortodossia nicena e contribuisce alla definizione del dogma di fede con la passione, la lucidità e il vigore di sempre. In appendice i Carmina Arcana, poesie di altissimo pregio sul piano della storia della cultura, nobilitate dall'orgoglioso tentativo di dare forma e dignità al genere letterario della poesia cristiana.
Composti intorno al 364-367 d.C., i Commenti ai Salmi di llario di Poitiers rappresentano il primo commento in lingua latina che l'antichità cristiana abbia lasciato del Salterio. Scritto al rientro dall'esilio in Asia Minore, dove Ilario era entrato in contatto con l'universo teologico orientale e con la tradizione esegetica origeniana, il presente commento si ispira, ma con un atteggiamento libero e originale, all'imponente lavoro esegetico di Origene sui Salmi, andato perduto. Secondo il metodo allegorico dell'Alessandrino e con l'intento di offrire spunti significativi di insegnamento, Ilario legge il Salterio mettendòlo in relazione con l'annuncio evangelico in modo che «con la voce di qualunque persona lo spirito. profetico abbia parlato, tutto sia riferito in ogni caso alla conoscenza della venuta del Signore» come egli stesso precisa nel Prologo.
Composti intorno al 364-367 d.C., i Commenti at Salmi di Ilario di Poitiers rappresentano il primo commento in lingua latina che l'antichità cristiana abbia lasciato del Salterio. Scritto al rientro dall'esilio in Asia Minore, dove Ilario era entrato in contatto con l'universo teologico orientale e con la tradizione esegetica origeniana, il presente commento si ispira - ma con un atteggiamento libero e originale - all'imponente lavoro esegetico di Origene sui Salmi andato perduto. Secondo il metodo allegorico dell'Alessandrino e con l'intento di offrire spunti significativi di insegnamento, Ilario legge il Salterio mettendolo in relazione con l'annuncio evangelico in modo che come egli stesso precisa nel Prologo -: «con la voce di qualunque persona lo spirito profetico abbia parlato, tutto sia riferito in ogni caso alla conoscenza della venuta del Signore».
Teodoreto di Cirro inizia la grande serie dei commenti ai profeti dell'Antico Testamento con il Commento a Daniele, composto con ogni probabitità negli anni 432-434, nel periodo di calma che intercorre tra le decisioni del concilio di Efeso e il cosiddetto Atto d'unione. Uno dei motivi della composizione del commentario è il rifiuto giudaico di annoverare il Libro di Daniele tra quelli profetici, oltre al desiderio di confutare le esegesi giudaizzanti dei Padri antiocheni, che inclinavano pericolosamente al riconoscimento della deuterocanonicità di Daniele. Teodoreto conduce la propria esegesi con un metodo fondato sul letteralismo, senza trascurare la contestualizzazione storica degli eventi profetizzati, ma esplicitando fin da principio il ricorso alla lettura secondo il senso figurato, che praticherà soprattutto in relazione alle visioni che Daniele riceve dal capitolo 7 in poi. Nel Commento si può inoltre rintracciare un esempio di lettura tipologica, limitatamente alla querelle dell'identificazione di Antioco IV Epifane con l'Anticristo: il tema era stato di battuto nei secoli precedenti dagli esegeti cristiani e dai polemisti pagani, ed era fondamentale per confermare o meno la veridicità del testo profetico. Teodoreto s'impegna così nella legittimazione di un'esegesi tipologica, che accerti senz'ombra di dubbio il legame fra l'esecuzione materiale della volontà di Dio nell'antico Patto e quella pienamente spirituale della nuova Alleanza in Cristo. Il Commento a Daniele è una delle prove esegetiche più vivaci di Teodoreto di Cirro, in cui l'autore affronta le questioni più controverse e dibattute del libro con metodo sicuro, al fine di dimostrare la veridicità delle profezie messianiche del testo.
Alethia (La verità), componimento in versi in tre libri di Claudio Mario Vittorio, poeta e retore vissuto nel V secolo di cui si hanno pochissime notizie, fu composto nel periodo delle invasioni barbariche, anni di angoscia e di smarrimento, durante i quali anche i cristiani più convinti, di fronte ai massacri dei vecchi e dei bambini e alle distruzioni delle chiese, accusarono il Creatore di essere ingiusto e di averli abbandonati. Per ribattere a queste "accuse" il poeta ricorre alla testimonianza della Bibbia, e nel rileggere i primi diciannove capitoli della Genesi evidenzia come, nonostante l'umanità sia sempre incline a compiere il male, Dio invece sia sempre rimasto fedele alla sua volontà di salvare il genere umano: Adamo, che ha trasgredito la legge, non solo viene perdonato, ma è addirittura restituito alla vita eterna dal Signore, e Caino, che pure ha ucciso il fratello, è confortato dalla presenza di una compagna fidata che lo assiste, alleviando le sue pene, sperimentando così che il favore divino non viene meno nemmeno a coloro che sono stati condannati. Anche nell'episodio del diluvio universale, in cui perirono tutti gli esseri viventi, l'attenzione è puntata sulla scelta divina di far rinascere il genere umano, più degno del precedente, da Noè e su come Dio salvò il patriarca e la sua famiglia dalla furia delle acque. La bontà di Dio nei confronti dell'umanità, tema che, esplicitamente o no, ritorna in tutto il poema costituendone il leitmotiv, è dunque la "verità" che Mario Vittorio vuole insegnare ai suoi lettori. Conoscerla, secondo il poeta, è fondamentale, nonostante il male che dilaga nel mondo: questa consapevolezza, infatti, infonde speranza e fiducia e spinge l'uomo ad abbandonarsi con assoluta fede (come aveva fatto Abramo) agli imperscrutabili disegni divini.