
Quello che qui viene tradotto è il testo quasi integrale del più antico e autorevole commento rabbinico all'Esodo, noto come Mekhilta, nella versione attribuita a Rabbi Shim'on bar Jochaj, il più radicale dei discepoli di Rabbi 'Aqiva e colui che diventerà il principale ispiratore della mistica ebraica, al punto da essere considerato l'autore anche dello Zohar. Sulla Mekhilta si è basata tutta la tradizione esegetica successiva, compresi i commentatori medievali. In quest'opera a più mani, frutto della discussione che ha occupato almeno quattro generazioni di rabbini, possiamo ritrovare i frutti di una ricerca appassionata del senso delle Scritture che non di rado raggiunge risultati di grande valore teologico e offre numerosi spunti per una lettura semplice e feconda del testo biblico.
Quando, nel giugno 1960, Giovanni XXIII nominò il cardinale Augustin Bea a capo del Segretariato per l'unità dei cristiani, molti, come il domenicano Yves Congar, restarono sbalorditi da quella che ritenevano una singolare scelta. Cosa aveva a che fare un porporato settantanovenne, esegeta conservatore tra i più fidati collaboratori di Pio XII e suo confessore personale, con la primavera ecumenica che dal Vaticano II, e proprio da quel Segretariato, ci si attendeva? Eppure il gesuita tedesco si sarebbe in breve tempo rivelato uno dei protagonisti più autorevoli del rinnovamento conciliare e tra gli interpreti più fedeli dell'eredità roncalliana. Cosa si cela dunque dietro quella che agli occhi di molti apparve come un'improvvisa conversione? Proprio tale interrogativo, che la storiografia ha indicato come "l'enigma Bea", è al centro dell'indagine del volume, che, sulla base della documentazione degli archivi privati (tra cui l'inedito carteggio con il vescovo di Paderborn Lorenz Jaeger pubblicato integralmente in appendice), ricostruisce l'attività del gesuita nel decennio precedente al concilio, quando, dal 1949, era consultore del Sant'Uffizio. Quello che emerge è un originale profilo del futuro cardinale, divenuto progressivamente avvocato e intercessore dell'ecumenismo cattolico, in particolare tedesco, durante l'ultimo periodo del pontificato pacelliano. Fu proprio in quegli "anni di pazienza" che Augustin Bea maturò gradualmente le competenze e i contatti in ambito ecumenico che nel 1960 lo avrebbero reso tra i più stimati collaboratori di Giovanni XXIII e paladino di quell'ecumenismo destinato a rivoluzionare la chiesa cattolica durante il Vaticano II.
Il Dizionario Teologico degli scritti di Qumran prende in considerazione l’intero lessico dei manoscritti rinvenuti nei pressi del Mar Morto attorno alla metà del secolo scorso e ne illustra la semantica da una prospettiva primariamente teologica. Questa angolatura consente da una parte di ripercorrere la ricezione nella letteratura rinvenuta a Qumran di termini e motivi della Bibbia ebraica oltre che della cultura e della religione dell’Israele antico, dall’altra di ricostruire usanze, vita comunitaria e teologia implicita ed esplicita della comunità del Mar Morto, e per contrasto anche delle diverse correnti e scuole del giudaismo del tempo.
Grazie all'opera di artisti e intellettuali, nel Rinascimento emerge una consapevolezza inedita del divenire storico che favorisce il culto del nuovo nelle arti, in letteratura, in filologia e nelle scienze. Il nuovo prendeva il posto del culto, una liturgia umana subentrava a quella divina. Questa rivoluzione tocca anche la cultura ebraica, motore e agente di un rinnovamento senza precedenti. Lo studio di Giuseppe Veltri ricostruisce la vita intellettuale ebraica nel Rinascimento italiano ed europeo, mettendo in luce momenti salienti del dibattito del tempo: la coscienza storica del divenire e la secolarizzazione, la funzione della poesia dantesca come ponte fra mondo ebraico e mondo cristiano, l'uso del volgare come simbolo del connubio delle diverse tradizioni, la nascita del criticismo, l'atteggiamento scettico come strategia e sintomo della crisi politica e intellettuale, il dibattito sull'immortalità dell'anima.
Dice Rabbi Jochanan: Quando il Santo –sia benedetto– siederà in giudizio con i giusti e con gli empi, giudicherà i giusti e li condurrà in paradiso; giudicherà gli empi e li condannerà all’inferno. Allora gli empi diranno: Non ci ha giudicati giustamente. Egli assolve chi vuole e condanna chi vuole. Il Santo –sia benedetto– risponderà: È perché non volevo rendere noti i vostri peccati. Allora ne fa l’elenco ad alta voce ed essi scendono all’inferno.
Dice Rabbi Pinchas: Chi è così determinato nel peccare non può neppure pentirsi e non riceverà mai il perdono. A costoro dice il Santo –sia benedetto–: Siete voi che accendete il fuoco dell’inferno, che siete “mantice per il carbone e legna per il fuoco” (Pr 26,21)! Per questo io continuo a giudicarvi.
Rabbi Huna, in nome di Rabbi Shim‘on, dice: “Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini che si ribellano contro di me; infatti i loro vermi non muoiono e il loro fuoco non si spegne” (Is 66,24). Qui non si dice che “si sono ribellati”, ma che “si ribellano”, perché continuano ancora a peccare.
«Ebraismo» è il termine che definisce la vita religiosa di Israele, il popolo eletto di Dio. Esiste anche un’altra definizione, «Giudaismo», a partire dall’epoca del ritorno degli ebrei in terra di Israele dopo l’esilio babilonese. Nel titolo di questo Dizionario dell’Ebraismo si è optato per il primo termine perché esso intende tenere insieme l’intera storia multimillenaria della tradizione religiosa che si richiama ad Abramo, presentandola in modo globale, in tutte le sue diramazioni e componenti, per così dire «da Adamo ai giorni nostri» e non solo per quel periodo pur centrale, difficilmente delimitabile, che va dalla cattività babilonese all’alto Medioevo. L’Ebraismo, in tutte le sue varietà, designa dunque lo stile di vita seguito dal popolo ebraico per circa tremilatrecento anni, da quando cioè Dio scelse Abramo, il padre di Israele, tra tutte le nazioni. L’Ebraismo comporta l’osservanza rigorosa della Torah, una parola che significa «insegnamento» e che si riferisce all’insieme della Bibbia ebraica, ma soprattutto al Pentateuco (i primi cinque libri). La Torah si presenta in due forme, una scritta e l’altra orale, derivate dall’alleanza che Dio stabilì con il suo popolo di Israele attraverso Mosè, intorno al 1200 a.C. La cultura ebraica ha dato frutti abbondanti nel campo delle idee, delle scienze, delle professioni e delle arti, lasciando un segno impressionante nella storia umana, oggi come nei millenni passati. Tuttavia, fuori dalla comunità ebraica pochi conoscono le sue ricche e varie tradizioni religiose, e questa ignoranza ha avuto conseguenze negative nelle relazioni tra ebrei e non ebrei. In tutta la loro storia gli ebrei hanno sopportato i peggiori fraintendimenti e le persecuzioni più dure solo in quanto ebrei: un popolo che vive secondo le proprie tradizioni religiose ed è fedele all’alleanza con Dio, che lo distingue. Aprendo un libro sull’Ebraismo, è bene perciò che i lettori ricordino che fra il 1937 e il 1945, in Europa si perpetrò un tentativo sistematico di sterminare completamente il popolo ebraico, usando tutta la potenza e la furia del moderno stato nazionale. C’è quindi un bisogno pressante di conoscere meglio l’ebraismo. La vita religiosa ebraica è straordinaria e spicca nella storia dell’umanità. Rendersi conto di come gli ebrei abbiano continuamente dato nuove forme al loro modo di vivere in funzione della fedeltà al Dio che li ha scelti, distoglie da un pregiudizio cieco e porta a un giudizio vero, capace di arricchire.
L'ampiezza e varietà degli aspetti legati all'Ebraismo qui spiegati e approfonditi da riconosciuti esperti internazionali della materia, ha suggerito di suddividere la pubblicazione in due tomi seguendo l’ordine alfabetico: A-I per il primo tomo; K-Z per il secondo, che sarà pubblicato a poca distanza da questo. A fondo libro riproduciamo l'intero elenco dei lemmi che compongono il Dizionario dell’Ebraismo, consentendo così di coglierne il complesso dei contributi
Questa raccolta, nella sua versione originale in inglese, è una reazione e una risposta ai micidiali attacchi antisemiti alle sinagoghe di Pittsburgh, in Pennsylvania (27 ottobre 2018) e di Poway, in California (27 aprile 2019). L'Italia del 2020 non conosce espressioni così violente di antisemitismo, ma numerosi atti di vandalismo antiebraico e di incitamento all'odio sui social network dimostrano che lo stesso pericoloso virus è presente e attivo. Perché in questo contesto dovremmo porre la vecchia domanda su chi abbia ucciso Gesù? Perché, più specificamente, è importante precisare che 'gli ebrei non hanno ucciso Gesù'? Da Jules Isaac abbiamo compreso la portata dell'impatto subdolo dell'insegnamento cristiano del disprezzo per gli ebrei, che si fonda proprio sull'accusa che furono gli ebrei a rifiutare e uccidere Gesù, e che loro sono riprovati e maledetti per questo. Questo insegnamento ha spesso sollevato la coscienza dei cristiani dalla necessità di combattere la crescita della pianta velenosa dell'antisemitismo fascista e nazista e ha impedito loro di cercare modi per farlo. È purtroppo realistico considerare che l'insegnamento antiebraico ha persino fornito un terreno fertile a questa pianta per mettere radici e crescere." (dalla prefazione di Etienne E. Vetö). Introduzione di Abraham Skorka.
La benedizione e la lode a Dio sono all’origine della preghiera e della liturgia ebraica, e sono divenute anche eredità dei cristiani.
Attraverso una storia di purificazione lunga e dolorosa, la liturgia d’Israele è arrivata a uno stile di relazione con Dio basato sulla benedizione. Ogni tipo di preghiera personale o liturgica non poteva che iniziare e terminare così. Anche Gesù Cristo, da ebreo pio e osservante, pronunciò molte benedizioni. La sua più alta berakah fu durante l’Ultima Cena, che i primi cristiani hanno ereditato e trasmesso nella celebrazione dell’Eucaristia. Con la perdita progressiva della componente ebraica nella chiesa primitiva questa tradizione si è sempre più diluita., ma negli ultimi decenni si è assistito alla riscoperta di questa radice comune tra ebrei e cristiani che ha dato una grande spinta al rinnovamento della stessa liturgia cattolica.
Il volume si concentra sugli scritti “apocalittici” prodotti tra giudaismo del secondo Tempio e protocristianesimo. L’intenzione è quella di valorizzare l’elemento “visionario” che accomuna questi scritti al più ampio filone dei resoconti visionari diffusi nelle culture del Mediterraneo antico, mostrando soprattutto le relazioni tra esperienze religiose e processi di “messa per iscritto” che hanno favorito la trasmissione di questi testi in reti di comunicazione sulla lunga durata.
A più di trent'anni dalla prima edizione, viene riproposta l'importante opera di Alviero Niccacci ofm, interamente rivista, aggiornata e notevolmente ampliata. Nel corso dei lunghi anni di insegnamento, l'Autore ha più volte messo mano al testo, facendo tesoro del confronto con altri studiosi e dell'utilizzo della Sintassi con i suoi studenti. Qualche anno prima della sua scomparsa, avvenuta nel 2018, padre Niccacci ha affidato il completamento del suo lavoro a Gregor Geiger ofm, oggi suo successore sulla cattedra di ebraico biblico dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Integrazioni importanti di questa nuova edizione riguardano il capitolo dedicato alla poesia.
Oggi la parola Cabbalà evoca mistero, segreti millenari, verità cosmiche sussurrate nel buio di una stanza, angeli potenti, magie inspiegabili e tremende, e mondi ultraterreni. Questa visione esoterica ha una storia precisa e documentabile, che ha inizio nell'Italia del Rinascimento, dove vari personaggi erano stati attirati da certe antiche tradizioni ebraiche, che tuttavia reinterpretavano a modo loro. La Cabbalà (con la C) è la stessa che sta anche all'origine di una moda contemporanea, intrisa di New Age, talvolta al centro di scandali e di oscuri giri di denaro. La Kabbalah (con la K), invece, è una cosa ben più complessa, più antica e senza dubbio più affascinante. La storia che Harry Freedman racconta magistralmente in questo libro lascia intravedere la complessità della ricerca mistica del divino e del suo rapporto col mondo operata da generazioni e generazioni di pensatori ebrei e tramandata con sacralità e timore reverenziale nel corso di due millenni. È forse il più complesso tentativo intellettuale mai concepito per avvicinarsi il più possibile all'inconoscibile fonte di ogni cosa, allo scopo di sanare l'universo, curarne le imperfezioni e ricondurre il cosmo alla sua perfezione originale. La storia comincia con l'inizio stesso della Bibbia: «Che sia la luce. E la luce fu». In questi versi antichi si dice infatti che il mondo scaturì direttamente dalla voce di Dio; ma la voce è fatta di parole e le parole di lettere, e le lettere sono i mattoni del mondo. Per capire la creazione bisogna allora studiare a fondo le lettere e il loro significato più nascosto, soprattutto quello numerico, che ogni lettera ebraica racchiude in sé. Da questo studio deriveranno poteri immensi, come quello – reso famoso dalla letteratura yiddish – di creare un golem dall'argilla, che, sempre con l'uso sapiente delle lettere, può essere fermato. Dal «Libro della Creazione», composto tra I e IV secolo, allo splendore dello «Zohar», dalle comunità ebraiche del XII secolo tra Spagna e Provenza alla scuola di Safed, in Galilea, dai movimenti messianici del XVIII secolo ai saggi eruditi otto e novecenteschi: la storia della Kabbalah diventa in queste pagine avvolgenti una narrazione alternativa della storia dell'ebraismo, condotta con grande maestria da Harry Freedman in un libro al tempo stesso avvincente e documentato.
Il Novecento - e tutto ciò che ha comportato, dalla Shoah alla costruzione dello Stato di Israele, fino al conflitto mediorientale - ha palesato i motivi religiosi, culturali, sociali ed economici sottesi al travagliato rapporto tra mondo cattolico ed ebraico. Motivi che si sono articolati nella loro complessità nei primi decenni del secolo e che, attraverso l'analisi delle riviste cattoliche italiane, sono qui sviluppati in particolare negli anni di Giovanni XXIII e Paolo VI. Si evidenzia come la ricezione delle idee del Concilio Vaticano II sia stata accompagnata dall'attenuarsi degli stereotipi sugli ebrei, intrecciandosi però in molti casi con l'interpretazione politica del conflitto mediorientale.