Dopo lo scandalo internazionale suscitato da "Pasque di sangue", sui possibili omicidi rituali in alcuni circoli ebraici tra Medioevo ed età moderna, Ariel Toaff affronta oggi un altro tabù dell'ebraismo contemporaneo: l'antisemitismo (e l'Olocausto) come elemento fondante dell'identità ebraica. Secondo Toaff, l'insistenza sull'Olocausto, e il conseguente vittimismo consolatorio, hanno creato un ebraismo virtuale, passivo e autoreferenziale, che ha un peso non solo politico ma anche culturale: annulla tutto ciò che è accaduto prima e dopo la Shoah, ed è il principale responsabile dell'incapacità degli ebrei della diaspora di confrontarsi con temi più urgenti, come il ruolo di Israele e l'inadeguatezza attuale di una coscienza storica consensuale e monolitica.
DESCRIZIONE: Gli occhi di allora sono gli occhi di una bambina ebrea, Mirjam, che in seguito alle leggi razziali del 1938 è costretta a lasciare la casa di Padova e a rifugiarsi con la famiglia ad Assisi, ove grazie all'aiuto del Vescovo, di alcuni sacerdoti e di altri, si sottrae sotto falsi nomi alla furia antisemita. Una narrazione che mostra un lato poco noto degli eventi tragici di quegli anni: a volte la salvezza venne agli ebrei da uomini e donne che, contro l'ideologia imperante, seppero ascoltare l'umano che era in loro, ritrovandolo negli ebrei in fuga.
Una storia scritta con levità, senza voler giudicare: «lo scrivere queste pagine è anche il mio modo, oggi, per dire grazie a tutti coloro che mi hanno fatto sentire che la vita anche nei momenti più oscuri può essere bella, se qualcuno ti è vicino, ti tende una mano o semplicemente, anche con il suo stesso silenzio, è insieme a te: se qualcuno con la sua presenza rompe il guscio della tua solitudine e della paura».
COMMENTO: Uno straordinario racconto delle vicende di una famiglia ebrea di Padova, che, rifugiandosi presso i frati francescani di Assisi, riuscì a salvarsi dalla tragedia della Shoà.
Il legame con la propria storia e la propria cultura è, in genere, connesso all'appartenenza a un territorio, a un luogo fisico. Tuttavia, nelle società contemporanee, le intense dinamiche migratorie hanno determinato una mobilità di persone che mantengono relazioni affettive con vari paesi e, nel contempo, costruiscono legami di lingua, di usi, di diritti e di doveri, con vari contesti di vita e di lavoro. Da ciò lo sviluppo di identità multiple. Quali sono le loro caratteristiche? Quali problemi sorgono all'interno di una società interculturale? Un caso storicamente emblematico è rappresentato dall'ebraismo. Privati di un territorio proprio, gli ebrei si sono visti costretti, nell'arco di secoli, a ridefinire se stessi sulla base di una fede e, al tempo stesso, di una condizione civile legata ai diversi luoghi di residenza e di cittadinanza. La cultura ebraica si offre in maniera esemplare quale strumento per comprendere come sia possibile oggi, di fronte ai massicci flussi migratori che interessano i paesi occidentali, trovare il modo di preservare identità e tradizioni proprie in un confronto aperto e costante con la diversità, le istituzioni e il modo d'essere delle comunità con cui di volta in volta, nella storia, ci si confronta. È precisamente la capacità di interazione e di e di scambio, a volte difficile e doloroso, che ha consentito all'ebraismo la sopravvivenza.
Descrizione dell'opera
Il termine “cabbala” deriva dall’ebraico, dove significa semplicemente “tradizione che si riceve”. Solo nel medioevo il termine passò a indicare una tendenza speculativa, e una forma devozionale a essa collegata, in seno all’ebraismo, tendenza e forma rimaste vive e operanti fino a oggi, con la pretesa di rappresentare la tradizione più antica e più segreta. Per questo la Cabbala rimanda al mistero e a cose incomprensibili e viene messa per lo più in relazione con la magia e la superstizione.
L’autore descrive anzitutto i presupposti della nascita della Cabbala e documenta quali elementi cabbalistici sono stati ripresi e sviluppati a partire dalla tradizione ebraica. La parte centrale del volume è un’introduzione alla Cabbala ‘classica’ nella forma da essa assunta verso la fine del XIII secolo. Maier presenta poi una scelta di testi commentati in modo da proporre tutti i principali temi della Cabbala.
Il volume prosegue la collana pensata per rendere disponibili ai lettori opere di grande pregio a un prezzo contenuto. Esso viene ad aggiungersi alle solide introduzioni di G. Stemberger al Talmud e al Midrash, per offrire al lettore un quadro della mistica ebraica rispettoso dei suoi presupposti, intenzioni e principi.
Sommario
Introduzione. I. I materiali. II. Sefer jesirah: il «Libro della formazione/creazione». III. La cabbala classica del medioevo. IV. Il simbolismo delle singole sefirot. V. L’uomo. VI. La sofferenza dell’uomo, i mali di «questo mondo» e le forze del male. VII. Culto, preghiera, meditazione e contemplazione cabbalistica. VIII. Cabbalisti come poeti. Indici.
Note sull'autore
Johann Maier (1933) ha compiuto i propri studi presso le Università di Vienna, Zurigo e Gerusalemme e si è abilitato in giudaistica nel 1964. Dal 1964 al 1966 è stato libero docente all’Università di Berlino e dal 1966 al 1995 è stato professore di giudaistica all’Università di Colonia. Conta numerose pubblicazioni di storia ebraica.
Haim Baharier, anticonformista studioso della Torà e del Talmud, affronta il tema della lettura dei testi sacri con tutta la sua sottigliezza di interprete e una libertà interiore nutrita dalla fede e dal dubbio. Attingendo a secoli di sapienza rabbinica - ma con un occhio alla drammatica realtà attuale - "II tacchino pensante" ci aiuta a scoprire tutta la ricchezza della parola di Dio, l'impegno necessario per accoglierla e comprenderla, e la rischiosa fecondità di un confronto ravvicinato con il testo. A illuminare il cammino sono anche aneddoti personali e storielle hassidiche struggenti o ironiche, sempre paradossali. Il risultato è un'illuminante e a tratti provocatoria meditazione sul rapporto tra oralità e scrittura, tra libertà e tradizione, tra l'individuo e il suo popolo, tra l'uomo e Dio.
Jaffé Dan Il Talmud e le origini ebraiche del cristianesimo
Alle radici della civiltà giudaico-cristiana: I rapporti tra cultura ebraica e cristianesimo delle origini.
La letteratura talmudica è relativamente poco conosciuta nel nostro paese. Eppure lo studio - privo di ipoteche teologiche o confessionali - dei rapporti tra il giudaismo rabbinico e il cristianesimo primitivo è particolarmente interessante per comprendere le origini religiose del mondo occidentale, la cui civiltà viene oggi così spesso definita "giudaico-cristiana". 
Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., il giudaismo ha conosciuto dei mutamenti profondi e travagliati. I Saggi, gli autori del Talmud, si sono confrontati con altri ebrei, in particolare con quelli che seguivano gli insegnamenti di Gesù, con Gesù stesso e con Paolo di Tarso. Le vicende di questo incontro costituiscono l’oggetto di questo volume. Nell’ultimo capitolo sono passati in rassegna alcuni storici ebrei moderni e contemporanei e la loro visione di Gesù. 
Grazie all’uso delle fonti originali, l’autore consente ai lettori di raggiungere una comprensione migliore di quest’epoca complessa, in cui il giudaismo e il cristianesimo hanno cominciato a differenziarsi, e in cui si sono avviati movimenti e meccanismi che hanno pesato sul corso successivo della storia.
Articolato in due sezioni - la prima dedicata alle vicende storiche, la seconda alla letteratura -, questo libro offre un quadro introduttivo del periodo che si apre con il ritorno degli esiliati ebrei da Babilonia (538 a.e.v.) e si chiude con la presa di Gerusalemme e la distruzione del tempio da parte dei romani (70 e.v.). Ampio spazio è dedicato alla letteratura giudaica extracanonica, un immenso e variegato corpus che va dalla letteratura di Qumran all'apocalittica, alla letteratura giudeo-ellenistica, di fondamentale importanza per la comprensione delle molte sfaccettature che caratterizzano questo periodo affascinante e complesso.
La prima edizione di questo libro uscì nel 1964 ("L'antisemitismo moderno", Universale Cappelli), quando il tema era appena tornato alla ribalta con il processo ad Adolf Eichmann, con le innovative decisioni del Concilio Vaticano II e con le nuove ricerche di Renzo De Felice, che ne scrisse la prefazione (qui riprodotta). Il libro voleva rispondere al bisogno di una più diffusa informazione sul tema e contribuire a sradicare le argomentazioni dell'antisemitismo; per questo fu strutturato in modo da legare un'ampia introduzione a una antologia delle voci più significative dell'antisemitismo.
Frode di imbroglioni, lo definì l'Ottocento positivista. Libro santo e antichissimo lo credono, ancora oggi, ebrei ortodossi di tutto il mondo. Generazioni di credenti lo hanno usato come un baluardo dell'identità ebraica, mentre per altri le sue descrizioni della divinità sono eresie, che hanno ben poco di giudaico. Ai cabbalisti cristiani, dal Rinascimento al tardo Romanticismo, "Il libro dello splendore" ha offerto materiale di propaganda missionaria, grazie alle profezie cristologiche che vi sarebbero adombrate. Se storici del pensiero e antropologi lo studiano come documento di una rarefatta fenomenologia religiosa, il lettore curioso può trovarvi una fonte quasi inesauribile di racconti e di scenografie cosmiche. Deposito di arcani, impervio nella lingua e oscuro nelle immagini, lo Zohar è uno dei testi piú criptici dell'intero misticismo ebraico. Strutturato come un commento alla Bibbia, in una cornice di pochi personaggi, che sospirano, piangono, inveiscono e vengono talora rapiti in cielo, contiene passi di intensissima forza contemplativa e associazioni simboliche sorprendentemente profonde.
Il volume raccoglie gli Atti del Convegno su Levinas, organizzato dai curatori e patrocinato, oltre che dalle Università romane "La Sapienza", "Tor Vergata", "Roma Tre", da varie istituzioni finalizzate alla promozione della cultura francese ("Bureau de Cooperation linguistique et artistique de PAmbassade de France en Italie") e della cultura ebraica ("Hanadiv Charitable Foundation", "Leopold Zunz Zentrurn", "Centro Judaica Goren-Goldstein"), tenutosi a Roma, 24-27 maggio 2006, in occasione del Centenario delia nascita del filosofo. Il Convegno è stato parte delle celebrazioni che hanno avuto luogo nell'anno 2006 in vari paesi europei, negli Stati Uniti, in America Latina, in Asia. Obiettivo del Convegno, cui hanno partecipato i maggiori studiosi del pensiero levinasiano italiani (S. Petrosino, G. Ferretti, G. Lissa, P. F. Ciglia) e stranieri (tra i quali: A. Peperzak, B. Casper, R. Burggraeve, D. Banon, G. Bensussan), è stato quello di chiarire il rapporto in Levinas tra la fenomenologia e la tradizione ebraica, ovvero tra le fonti dell'ebraismo e le fonti filosofiche, tra l'ispirazione ebraica o profetica, rinviante all'immediatezza del rapporto del sé con l'Altro - e la filosofia avente origine nella cultura greca, rinviante alla ragione, riflessione o argomentazione. A questo tema, centrale nel pensiero levinasiano, sono dedicati i ventisei contributi pubblicati nel volume, i quali lo affrontano secondo approcci e punti di vista diversi.