Se è vero che il futuro è nelle mani di Dio, Dio stesso quali mani ha se non le nostre? Pensiamo abbastanza a questo? "Il futuro non è tanto nelle nostre mani, ma lo dobbiamo portare come una cosa preziosa a cui dobbiamo dare vita tutti i giorni, giorno per giorno. Non bastano nove mesi, ce ne vogliono di più. Perché la speranza che noi dobbiamo conservare per noi per continuare a camminare - quella che dobbiamo lasciare in eredità ai figli - si alimenta proprio nella nostra vita. Dio non ha altro modo che darci e donarci il futuro se non attraverso l'opera dell'uomo, la nostra vita è quella che conta agli occhi di Dio" (dalla Presentazione di Chiara De Luca).
Abbiamo conosciuto molti esempi di sacerdoti (di più religioni) che hanno dedicato la loro vita a diffondere l'esempio di un modo di stare al mondo con e per gli altri, in particolare con e per i più maltrattati dalla storia, dalla società, dalla natura. Più raro è il caso di sacerdoti che abbiano accettato di assumere responsabilità direttamente politiche, entrando nei parlamenti liberamente eletti come indipendenti, di nome e di fatto, nell'adesione a principi condivisi di giustizia e di democrazia. Dal 1976 al 1983 il pastore valdese Tullio Vinay è stato senatore della Repubblica, eletto come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano. Questo volume raccoglie i più luminosi e radicali interventi politici, insieme ad altri di rigorosa e limpida tensione civile e morale. In mezzo a queste pagine, figurano quelle di un viaggio nel Vietnam in guerra che fanno pensare anche alle guerre di oggi, e alle tante testimonianze, spesso tragiche, dei credenti aperti al dialogo che si sono posti e si pongono dalla parte di tutte le vittime, e operano per la pace e non per la vittoria degli uni degli altri.
La metafora della notte manifesta la sua efficacia anche per definire la congiuntura presente, nella quale l'ansia generata dalle tenebre e lo spasmodico desiderio di rivedere la luce accentuano la crisi (economica, morale, civile, sociale, culturale, personale) che tutti coinvolge. La caduta di tante sicurezze, il disorientamento e la precarietà sono per molti motivo di scoraggiamento, che trova espressione nella domanda: "Perché mi devo impegnare?". Non a caso la nostra epoca è stata paragonata all'esilio. Come allora Israele si è trovato privo di tutte le sue sicurezze, anche l'uomo di oggi, specie in Occidente, ha perso molti punti di riferimento. Nella Scrittura, però, l'esilio assume i tratti di una esperienza spirituale, perché anche i tempi di "crisi" racchiudono una loro grazia e dalla sofferenza di questi momenti possono germogliare semi di speranza. A questo tema il Centro studi di spiritualità di Milano ha dedicato la sua annuale Giornata di studio nel gennaio 2014 e ne pubblica ora gli Atti che indagano gli aspetti biblici, storici e spirituali della questione e si propongono di offrire una lettura critica, a più voci, della crisi che ci avvolge, alla ricerca di un senso che aiuti a interpretare e a vivere meglio il nostro tempo.
Dio vuole un mondo di poveri o senza poveri? Dalla Bibbia al concilio, da Giovanni XXIII a papa Francesco queste pagine ci descrivono una chiesa che, oltre a lottare contro la povertà, è chiamata a essere essa stessa povera e a stare con i poveri, perché Dio non si rassegna alla de-creazione del mondo, ma fa dei poveri i soggetti di una nuova creazione.
Riscaldamento globale, inquinamento planetario, sfruttamento economico... Oggi più che mai il nostro pianeta è sull'orlo della sparizione per un modello di economia e sviluppo ormai insostenibile per gli equilibri ambientali. L'autore elabora in breve una "eco-teologia della liberazione" basata su un nuovo rapporto tra umanità e natura in cui il rispetto, e non più il dominio, sia l'elemento centrale.
Di Berlusconi conosce tutto: i segreti professionali, il carattere, le passioni, le debolezze. Lo ha visto in famiglia, forte e positivo sul lavoro, fantasioso e incontenibile in politica, ma anche fragile e impaurito di fronte ai ricatti. Ora, per la prima volta, Vittorio Dotti, suo avvocato e stretto collaboratore, lo racconta ricostruendo un pezzo fondamentale della sua storia: dal 1980 al 1996, l'anno delle dimissioni di Dotti da capogruppo di Forza Italia alla Camera e della fine dei loro rapporti. Dalla Milano da bere di Craxi e Pillitteri alla fine della Prima repubblica e l'inizio della nuova. Un cambiamento epocale. Dalle acquisizioni della Standa e Mediolanum a quella clamorosa del Milan (dopo averci provato con l'Inter), al boom televisivo del Biscione con la felice espansione in Spagna e gli insuccessi in Francia e in Germania e l'avventurosa e impensabile esportazione della pubblicità tv in Russia negli anni della Perestrojka. Attraverso aneddoti, ricordi, rivelazioni, ecco i particolari di questo incredibile e italianissimo copione teatrale che a poco a poco ha costretto personaggi come Dotti a un progressivo allontanamento.
"Siamo chiamati a reinventare noi stessi in quanto specie", si legge in questo saggio scritto dal brasiliano Leonardo Boff, ex francescano, riconosciuto a livello mondiale come uno dei massimi esponenti della teologia della liberazione, e dal ricercatore e educatore statunitense Mark Hathaway. Il compito non è certo facile, ma per "liberazione", suggeriscono gli autori, va inteso un cambiamento radicale della coscienza umana. A occupare la scena è la crisi odierna, una società "spiritualmente" malata, ossessionata dalla crescita e dal consumo materiale, attaccata a valori che hanno portato al progressivo saccheggio delle risorse e all'aumento delle disuguaglianze. La grande sfida del XXI secolo è allora quella di invertire rotta, operando una trasformazione che sia allo stesso tempo individuale e collettiva. Come? Gli autori tracciano un cammino di guarigione - Tao è l'antico termine cinese per "via" - cercando il punto di intersezione tra la tradizione cattolica e quella orientale. Non solo, la rinascita spirituale che invocano si nutre dell'apporto di psicologia e fisica quantistica, femminismo e cosmologia, economia ed evoluzionismo. Solo incrociando le prospettive di scienze, religioni e saggezze antiche si può produrre una rivoluzione della percezione, il preludio al cambiamento delle nostre abitudini.
Il libro è formato da quattro studi sul tema della laicità e dei cristiani laici: studi ispirati, in prevalenza, da "documenti importanti" per la vocazione e la missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo. Il primo studio su "Laicità e soggettività sociale della famiglia" si muove sulla base del documento preparatorio per la 47a Settimana sociale dei cattolici italiani. Il secondo studio su "Città degli uomini e laicità nella Lumen fidei" si concentra sul capitolo quarto della prima lettera enciclica di Papa Francesco: si tratta di uno studio non comune perché relaziona la luce della fede cristiana alla creatività della vita politica: luce e creatività che vengono analizzate e interpretate secondo i canoni più avvertiti dell'ermeneutica e dell'epistemologia teologica. Il terzo studio su "Una buona politica per il bene comune: laicità e responsabilità dei fedeli laici", impostato, in massima parte, sui contenuti del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, è la rielaborazione scientifica di "due conversazioni" avute nelle "Scuole di formazione alla vita pubblica dei cattolici". Il quarto studio su "Laicità positiva e impegno politico dei cristiani laici" è, infine, una riflessione sistematica che fa il punto prescrittivo su un aspetto fondamentale della testimonianza profetica dei battezzati, legata alla "doppia cittadinanza" dei christifideles laici.
In quale mondo abitiamo? Un mondo dove gli europei stanno nella metà sbagliata. Mentre in America la Grande Contrazione è finita, in Europa la crisi si prolunga, perché così impongono le politiche nefaste che vanno sotto il nome di austerity. Dobbiamo riscrivere non solo le regole della finanza ma anche rifondare un patto sociale indebolito dall'allargamento delle diseguaglianze. Divincolarsi dal pensiero unico neoliberista è il passaggio obbligato per iniziare a riparare l'enorme disastro sociale che si è prodotto.
Quali che siano le opinioni circa il modo in cui sacro e potere si sono incontrati nel corso della storia, rimane fermo un punto: risulta davvero difficile tagliare fuori la teologia da qualunque riflessione, realmente profonda, intorno allo statuto del potere politico. Nell'antropologia proposta da Romano Guardini, le domande "cos'è il potere?" e "cos'è l'uomo?" sembrano in ultimo coincidere, in un sistema filosofico nel quale la pressante risposta intorno all'intima natura dell'essere umano implica inevitabilmente il quesito sul potere. Da dove proviene dunque l'autorità dello Stato? Quali processi hanno contribuiscono alla nascita delle così dette religioni della politica? In cosa consiste il nuovo compito di responsabilità al quale siamo chiamati nell'epoca post-moderna? Sono questi i nodi che Guardini cerca di sciogliere in relazione allo Zeitgeist attuale.
Nel secondo dopoguerra, Karl Barth precisa la sua riflessione sull'impegno politico dei cristiani, e ribadisce la necessità di preservare la purezza del messaggio evangelico da ogni contaminazione con qualsiasi forma di causa politica che, per sua natura, non può che essere provvisoria. Di fronte al teologo, dopo il crollo della Germania, c'è il mondo della Guerra Fredda, diviso in due e sotto la costante minaccia dell'estinzione. I testi raccolti in questo libro, composti tra la fine del secondo conflitto mondiale e il 1959, pongono l'analisi demistificante della politica internazionale a confronto con l'agire concreto del credente, che deve rispondere, sempre e prima di ogni altra cosa, alla propria fede. In due scritti del 1945 "I tedeschi e noi" e "Come potranno guarire i tedeschi?" Barth si sofferma sulla necessità per i cristiani di essere i primi a perdonare i vinti per farsi costruttori di un futuro migliore. "La Chiesa tra Est e Ovest" (1949) mette in guardia i fedeli dal farsi paladini nella crociata contro l'Est sovietico, invitandoli a cercare invece una terza via di conciliazione che coniughi libertà e giustizia sociale. Nel 1958 Barth scrive la lettera "A un pastore della Repubblica democratica tedesca", dove torna sulla necessità di riconoscere l'esistenza del totalitarismo nel mondo, sia nella forma poliziesca dei Paesi del socialismo reale, sia nella forma economico-finanziaria dei Paesi dell'Occidente capitalistico.
Il concetto di secolarizzazione si declina lungo due linee cui fanno capo rispettivamente Hans Blumenberg e Carl Schmitt: discontinuità fra l'inizio della modernità e i suoi presupposti premoderni di tipo sacrale, e continuità come trasposizione del modello teologico nel politico. In riferimento a tali opposte concezioni si articola il dibattito novecentesco, scandito in questo volume da alcune figure e punti salienti quale sfondo di un preciso percorso teoretico, ed ermeneutico. Ad esempio, della continuità sono grandi interpreti Ernst-Wolfgang Böckenförde e Robert Spaemann, che cercano di risalire ai presupposti storici della modernità, l'uno con il famoso teorema per il quale lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non può garantire da sé, l'altro sviluppando i concetti di postmodernità, conflittualità, decisione. Contraria la posizione di Blumenberg, che conferisce piena autonomia e legittimità all'epoca moderna e al concetto di ragione in antitesi con la concezione cristiana, ed è qui osservata nel confronto e nel dibattito con la teologia, con Pannenberg, Gogarten, e anche Heidegger. Originale il pensiero di Gadamer, che nel concetto di "tradizione" offre un sostegno alla visione della continuità storica, anche se di essa manca, hegelianamente, una autocoscienza assoluta, capace di vederne insieme inizio e compimento. In ultimo, si cercano nella categoria schmittiana di "teologia politica" gli elementi per una ermeneutica della secolarizzazione.