
Nessuna strategia politica, nessuna battaglia sociale è riuscita finora a realizzare la giustizia su questa terra. Ovunque nel mondo uomini e donne patiscono l'iniquità e vengono perseguitati se lottano contro di essa. Della giustizia, nella sua dimensione alta, non nell'accezione banalizzante di "legalità" oggi di moda, si occupano lo storico Franco Cardini e la filosofa Luisa Muraro in questo volume dedicato all'ottava Beatitudine. Cardini ne considera soprattutto le varie declinazioni valoriali espresse nella tradizione biblica e cristiana dell'Antico e del Nuovo Testamento, e nel pensiero occidentale non solo cristiano (da Aristotele a sant'Agostino), nonché il suo tormentato percorso storico; Luisa Muraro ne prende in esame, in particolare, i riflessi, per così dire intimi, nelle scelte esistenziali delle persone. Il discorso sviluppato dai due studiosi, al tempo stesso teologico, filosofico e storico-sociale, mette in evidenza il carattere rivoluzionario del tipo di giustizia predicato da Gesù, per il quale i "giusti" non sono quelli che si limitano a osservare esteriormente la legge, ma quanti dimostrano il loro amore per Dio attraverso quello nei confronti del loro prossimo. E per questo sono perseguitati. Profonda meditazione a due voci, questo libro è anche un invito alla speranza. Ai perseguitati per la giustizia non è promesso un premio in un lontano futuro. Di essi "è" adesso, subito, il regno dei cieli...
In questo testo, pubblicato nel 1972, Jean Daniélou si interroga sul ruolo degli intellettuali nella società contemporanea e in particolare sul loro contributo a quella ricerca della verità che appassiona l'uomo fin dalle origini. Di fronte al rapido sviluppo delle scienze e al proliferare delle filosofie fai-da-te, un ritorno allo studio della metafisica, intesa come rigorosa "scienza dello spirito", è per Daniélou il primo e decisivo passo verso la riappropriazione dell'essenza dell'uomo nei suoi rapporti con il mondo che lo circonda (e che si è fatto sempre più complesso). Dopo una sezione descrittiva, in cui si sofferma sugli effetti di tre atteggiamenti errati dell'età moderna - il positivismo, gli esistenzialismi e lo storicismo, che rappresenterebbero tre diverse degradazioni dell'intelligenza applicata allo studio dell'umano -, l'autore argomenta la necessità di mantenere sempre vivo e fecondo il dialogo tra fede e ragione. Per Daniélou lo studio dell'uomo implica infatti il riconoscimento di un dato reale e di un'essenza spirituale, elementi entrambi ineludibili e soggiacenti a quel "mistero sotto gli occhi di tutti" che solo una metafisica priva di ipocrisie e compromessi può cogliere.
La prevalenza delle parole umane sulla Parola di Dio (verbalismo). La mancanza della semplicità e dell'essenzialità evangelica (estetismo). Gli atteggiamenti che esprimono esteriormente virtù cristiane, contraddette poi nella pratica (moralismo). Sono questi i "tre mali" che don Vinicio Albanesi delinea in queste pagine, un'analisi dura della situazione della Chiesa italiana, scavando nell'essenziale, senza accontentarsi di letture di maniera. "Sono quasi dieci anni che il problema della crisi della Chiesa in Italia mi gira nella mente e nell'anima. È una sofferenza che non rivendica nulla a nessuno, né tanto meno esprime giudizi. Con quale autorità d'altronde e verso chi? Si tratta piuttosto di una pena che vede la religiosità in stato di profondo malessere e - cosa molto grave - senza prospettive, almeno umanamente. Da qui lo sforzo di indicare vie di uscita". Ritrovare futuro è indispensabile per la Chiesa italiana, anche se oggi appare stanca e disorientata.
La preghiera del Padre Nostro e le radici cristiane della vita, della famiglia e della società.
Un saggio sulla fede intesa come evento di libertà.
Confrontando il pensiero ebraico-cristiano con il pensiero greco, l'autore offre una riflessione sul tema della responsabilità indeclinabile, portando il lettore a una riscoperta della dimensione e priorità del dono e del gratuito.
"Misericordia" è oggi sinonimo di pietismo, paternalismo, buonismo. La virtù predicata da Gesù nel discorso della montagna è, per il comune sentire contemporaneo, un valore socialmente dubbio, sospetto quanto meno di falsa generosità e di altruismo autogratificante. Nel nostro mondo dominato dalla razionalità tecnologica si è infatti prodotta una separazione fra l'amore e la giustizia: il primo è diventato sentimentale e irrilevante, la seconda astratta e calcolatrice. E la nozione di carità, che originariamente traduce un tema di assoluta profondità teologica, è ridotta al banale significato di elemosina e beneficenza. A sgomberare il campo da questi equivoci e fraintendimenti provvedono - in questo secondo volume della collana dedicata alle beatitudini - un teologo e un filosofo. I due autori ricollocano la misericordia nel giusto ambito religioso e antropologico-culturale. Sequeri ne mette in rilievo il fondamento teologico, la sua profonda consonanza con l'agape (nell'accezione paolina, ripresa da Benedetto XVI nell'enciclica "Deus caritas est"). Demetrio, con un approccio più esistenziale, ne sottolinea il valore intimamente umano e universale, sia per i credenti sia per i non credenti "nobilmente pensosi".
In quale Dio credono i cristiani e in quale Dio non credono coloro che si dichiarano atei? Spesso il Dio nel quale non credono gli atei è un Dio nel quale non credono, e non crederebbero, nemmeno i cristiani! Qual è il paesaggio del credere oggi nella nostra cultura? Ecco un aperitivo, per esplorare questi cammini di persone che alla fine si ritrovano diversamente credenti, e comunque sempre alla ricerca della verità. Un incontro al tavolo del credere per condividere assaggi biblici e assaggi culturali e cercare di costruire dei menù ecclesiali per continuare a sederci a condividere il nostro cammino.
Dio è imperscrutabile, misterioso, indicibile. Così affermano i filosofi e i teologi quando cercano di indagarne i segreti. D'altra parte, Egli stesso, attraverso la storia, si svela all'umanità soprattutto in Gesù morto e risorto: Dio si rimpicciolisce nel tempo e nello spazio e s'immerge nei nostri pensieri e nelle nostre parole. Gli uomini si esprimono in linguaggi fragili e provvisori; non perlustrano altro che orizzonti storici, esistenziali, fisici. «Vedere Dio» significa, già nella Bibbia, aver oltrepassato i limiti della natura umana, essere morti e afferrati da un'altra «vita».L'auspicio è che queste pagine possano aiutare a comprendere e correggere alcune deformazioni, soprattutto in ambito cristiano. Affinché nessuno «nomini Dio invano » o sostenga che il suo, il suo soltanto, è il vero Dio.
"Letto il discorso della montagna, che l'aveva sempre commosso, vide ora per la prima volta in questo discorso non astratti, bellissimi pensieri che per lo più ponevano esigenze esagerate e inattuabili, bensì dei comandamenti semplici, chiari e praticamente attuabili, i quali, qualora fossero stati attuati (ed era pienamente possibile), avrebbero prodotto un assetto assolutamente nuovo della società umana." (L. Tolstoj, Resurrezione) Nechljudov, il protagonista di Resurrezione, alla fine del romanzo, leggendo il discorso della montagna, trova la forza e la motivazione per cambiare vita e per credere in un mondo migliore. Nella convinzione che il messaggio di Cristo sia di fondamentale importanza anche per i contemporanei, le Edizioni Lindau presentano una nuova collana dedicata alle Beatitudini. In questo volume, Gianfranco Ravasi e Adriano Sofri dialogano e si confrontano sulla prima fra esse: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli." Ravasi la analizza con perizia filologica e intelligenza esegetica: mette a confronto le due versioni - matteana e lucana - rilevandone analogie e differenze, esamina i riferimenti intertestuali all'Antico Testamento e ad altri passi del Nuovo Testamento, illustra brevemente il percorso del tema evangelico della povertà nella storia della letteratura, da Jacopone da Todi a François Mauriac. Sofri, dal canto suo, affronta il tema della povertà con un approccio storico e sociologico...
Negli anni del riflusso postconciliare, la retorica del sacro invade ogni aspetto dell'esperienza religiosa: dall'apparato strutturale, al linguaggio, agli abiti, ai gesti... Eppure il cristianesimo non è la religione del sacro, anzi è la sua antitesi liberatoria. Il sacro è funzionale al paganesimo che ha bisogno di una realtà afferrabile con i sensi per garantire la presenza dell'Invisibile. Nel cristianesimo c'è il corpo di Cristo morto in croce e risorto, per cui il tempio e tutta la religione del sacro non hanno più senso. In secondo luogo il sacro (qadosh) esprime per la sua stessa natura la separazione dal mondo, mentre il cristianesimo si fonda sul movimento opposto dell'incarnazione di Dio che entra nella storia umana senza riserve. In armonia con questa prospettiva la modernità guarda il mondo non come cosa profana, ma come il 'regnum hominis' in cui costruire il proprio futuro. Il punto di vista della modernità permette una più approfondita lettura del vangelo. Liberando il cristianesimo dal sacro, tipico retaggio del medioevo e delle civiltà primitive, si rende possibile coniugare la fedeltà al vangelo e la fedeltà al proprio tempo.
Da secoli la fortezza silenziosa della Chiesa cattolica è la presenza delle donne: sono loro che principalmente trasmettono la fede alle nuove generazioni e sono sempre loro che con generosità portano a compimento numerosi ministeri ecclesiali. Eppure all'orizzonte appaiono i primi segni di rottura di questa intesa. Protagoniste di un tale cambiamento di rotta sono soprattutto donne che hanno tra i 20 e i 40 anni: vanno di meno a Messa, scelgono di meno il matrimonio religioso, pochissime ancora seguono una vocazione religiosa, e più in generale esprimono una certa diffidenza verso la capacità educativa degli uomini di religione. Prima che sia troppo tardi, è questa l'ora di provare a rinegoziare i termini di una nuova alleanza tra la Chiesa e le donne.