A trent'anni dalla firma del Trattato di Maastricht, e in un contesto strategico in rapida evoluzione, l'attenzione pubblica per l'UE come attore internazionale continua a crescere, così come la domanda per un suo ruolo più incisivo sulla scena regionale e globale. Ma che tipo di «potenza» è l'Europa? Questo volume ripercorre le tappe più importanti della diplomazia e dell'azione esterna dell'UE. Accanto al ruolo di NATO e Stati Uniti sono ricordate le posizioni via via assunte dai principali paesi e leader europei, le azioni condotte dall'Unione (comprese le operazioni militari), e le sfide che le si presentano oggi, in un contesto internazionale molto più ostile: esse richiedono più coesione in materia di diplomazia, più coerenza in materia di sicurezza e più complementarità in materia di difesa.
Quali sono le basi ideologiche e filosofiche del pensiero dell'autocrate più potente e pericoloso dei nostri tempi? Il pensiero di Putin è complesso (ha molte diverse ispirazioni) e si evolve (è cambiato negli anni). Prendendo spunto spesso da irrazionalismi - ma sempre con pretesa scientifica - e da pensatori per lo più sconosciuti in Occidente. Il "sovietismo", basato non sull'idea comunista ma sul nazionalismo e il militarismo. Le istanze conservatrici: dalla Chiesa ortodossa al pensiero slavofilo, da certe posizioni di Sol?enicyn fino all'idea della superiorità morale del popolo russo di fronte alla decadenza occidentale. Il movimento "eurasista" che pone la Russia al centro tra Europa e Asia. L'ideologia imperialista per cui la Russia deve riprendere il controllo dei popoli un tempo sottomessi all'URSS e prima ancora agli zar. Il sovranismo come strumento ideologico nella battaglia contro la democrazia. Non è facile inquadrare la figura di Vladimir Putin. Nato e cresciuto in piena Russia sovietica, fedelissimo al suo paese, agente del KGB, dopo il crollo dell'URSS fa una rapidissima carriera politica fino a diventare presidente nel 2000. In quella fase, che dura due mandati presidenziali, si mostra aperto all'Occidente, liberista, democratico. A partire dal suo terzo mandato, però, ci troviamo di fronte a un Putin ultraconservatore e tradizionalista, intenzionato a riportare in auge i "veri valori" del popolo russo. Chi è dunque quest'uomo? Un comunista, un liberale, un conservatore? Lo studio di Eltchaninoff, che arriva fino a marzo 2022, cioè fino ai primi giorni dell'invasione dell'Ucraina, esplora i comportamenti e i discorsi di Putin per risalire alle sue fonti di ispirazione filosofica e ideologica, giungendo spesso a risultati inaspettati. Si va da ideologi nazionalisti e conservatori a sostenitori del panslavismo, a filosofi della "russità", fino a scrittori come Dostoevskij, opportunamente riletti e talvolta distorti per fungere da efficaci sostegni alla sua visione del mondo: una Russia forte e temuta che occupi il posto che le spetta tra le grandi potenze mondiali. In attesa di sapere quanti morti totalizzerà quest'ennesima feroce guerra è utile cercare di capire cos'abbia in testa la persona che l'ha scatenata.
"Mi spiace, ma i fatti sono questi," risponde Han quando, in un'intervista uscita su Zeit Wissen, gli fanno notare che le sue riflessioni non sono molto incoraggianti. "Scrivo quel che vedo. I miei libri possono ferire poiché mostro cose che la gente non vuol vedere. Ma non sono io, non è la mia analisi a essere spietata, bensì il mondo in cui viviamo, con la sua follia e la sua assurdità". Questo volume raccoglie gli interventi più significativi di uno dei massimi critici dell'assurdo mondo contemporaneo. Han ci restituisce un affresco lucido e dissacrante dell'epoca neoliberista e dei suoi paradossi, dai "ragazzi che si fanno fotografare mentre saltellano all'impazzata" al burnout, dai migranti alle sculture levigate di Jeff Koons, da Big Data al coronavirus e alle misure di contenimento della pandemia, in una società già di per sé "organizzata in chiave immunologica" e sull'orlo del collasso. Nel presente la coazione a produrre assume sempre più esplicitamente le forme dell'autosfruttamento e soprattutto dell'autodistruzione, giacché noi per primi "sacrifichiamo volontariamente tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta" e le conseguenze devastanti del capitalismo giunto al suo culmine richiamano in modo preoccupante il concetto freudiano di pulsione di morte. "Perché oggi non è possibile una rivoluzione" è una perfetta introduzione al pensiero radicale di Byung-Chul Han, e dunque è anche un invito, aperto e appassionato, a invertire la rotta.
Come scrivere una legge che voleva essere rivoluzionaria e ritrovarsi il Paese contro? La risposta è nella vera storia della «Buona Scuola», l'iniziativa che ha segnato forse più di ogni altra il governo Renzi. All'epoca dei fatti Alessandro Fusacchia era il capo di gabinetto al Miur e ha dunque avuto un ruolo nevralgico in tutte le tappe che hanno portato all'ideazione, al varo e all'attuazione della legge. Dal tentativo di tornare ad assumere nella scuola solo per concorso alle misure per 'premiare' i docenti, fino all'introduzione dell'alternanza scuola-lavoro obbligatoria o del piano per la digitalizzazione delle scuole, l'autore restituisce con il piglio della cronaca e con sguardo lucidissimo la distanza tra quello che si studia sui commentari di diritto costituzionale e quello che accade nella realtà. Il lettore ha così accesso al dietro le quinte di un ministero e di un governo e può toccare con mano la fatica della burocrazia, i tanti aspetti banali del potere, la complessità di ogni scelta politica. Un libro necessariamente critico e autocritico, che mostra quanto sia difficile in Italia cambiare.
Di fronte al cambiamento della società e della politica, dei cittadini e della democrazia nel contesto della rivoluzione digitale, le domande che si pongono sono numerose. In che senso la politica è diversa dal passato? È veramente cambiata? È l'essenza che cambia o sono solo le forme che mutano? Il manuale tradizionale non sempre riesce a dare gli strumenti per interpretare queste nuove traiettorie della politica, mentre questo agile testo adotta uno sguardo multidisciplinare, intersecando elementi di tipo politologico, sociologico, degli studi culturali e della comunicazione: cogliendo così il cambiamento avvenuto negli ultimi anni e le trasformazioni che stanno segnando il nesso tra cittadini e politica su cui gli studiosi stanno da tempo riflettendo. Il volume si caratterizza per la scelta di dare particolare evidenza alla dimensione digitale che condiziona profondamente le nuove logiche dell'azione collettiva, gli attori della politica rappresentativa, fino alla qualità stessa della democrazia.
«Chi ha visto le interminabili sfilate in parata delle camicie nere, dei giovani, dei contadini, degli operai, degli atleti, dei preti, delle monache, delle madri prolifiche, chi ha assistito alle cerimonie nelle quali le più alte cariche dello Stato facevano atto di devozione al regime, ed alle dimostrazioni oceaniche nelle maggiori piazze d'Italia, alle folle deliranti per il duce, può intendere quali sentimenti dovesse vincere chi continuava la lotta anche dopo superata la crisi per l'assassinio Matteotti: aveva veramente l'impressione di muovere all'assalto del Monte Bianco armato solo di uno stuzzicadenti» Ernesto Rossi Stretti nella morsa fra repressione e consenso, i reduci dei partiti messi al bando e gli oppositori militanti del fascismo, ma anche coloro che erano semplicemente scettici, poco allineati o scontenti furono emarginati, incarcerati, inviati al confino, costretti all'emigrazione e sottoposti al controllo occhiuto della famigerata Ovra. Gli spazi per esprimere dissenso - con scioperi, proteste o in forme non organizzate e in ambito privato - erano limitati ed era rischiosissimo lasciarsi sfuggire anche solo una battuta di spirito, a causa delle spie e delle delazioni. A partire dai rapporti delle prefetture, delle questure e dei carabinieri, le relazioni della censura, del Pnf e dell'Ovra, i giornali, i diari e le lettere dell'epoca, gli autori ricostruiscono le storie di una minoranza di italiani che, all'indomani del delitto Matteotti e fino alla caduta del regime, continuò a esercitare il dissenso.
Ancora un decennio fa nessuno avrebbe immaginato che la polarizzazione tra la Russia - e più in generale l'Asia - e l'Unione europea e gli Stati Uniti si sarebbe concretizzata lungo l'antica faglia, quasi dimenticata, che delimitava le due tradizioni europee, quella latina occidentale e quella post-bizantina. Invece oggi, ancora una volta, la storia è richiamata e usata a fini geopolitici: ma come si giunge ai confini tra Est e Ovest? E quanto continuano a ridefinirsi e a riposizionarsi? Cosa è accaduto e continua ad accadere agli stati che si trovano sulle linee di frattura che dal Baltico attraversano l'Ucraina e arrivano fin dentro i Balcani? Non possiamo più permetterci di distogliere lo sguardo dalle cesure della storia. Il confine dentro l'Europa è come una faglia che attraversa e condiziona la nostra storia, in una continua ridefinizione della quale ci accorgiamo solo nei momenti di crisi.
La teologia politica può essere superata? E quella che oggi - riferendosi al neoliberismo e alla sua genealogia - molti definiscono 'teologia economica' è davvero un'alternativa alla teologia politica? Questo saggio risponde a queste due domande facendone la genealogia, al fine di illuminare il nucleo teologico-politico della modernità e la costante riemersione di domande di senso in ambito secolare.
L'esperto di marketing di fama mondiale Philip Kotler ha sempre avuto un obiettivo a lungo termine che forse molti non sospettano, a meno che non conoscano bene la sua produzione. Si è sempre chiesto come poter utilizzare l'economia e il marketing per migliorare e promuovere il bene comune e in che modo i cittadini che hanno a cuore gli altri possano aiutare le persone a realizzare i loro sogni e a esprimere il loro potenziale. Essendo al tempo stesso uno studioso di formazione economica, uno specialista di marketing ma anche un attivista civico, ha voluto scrivere un libro che aiutasse proprio tutti gli attivisti civici a fare del mondo un posto migliore. Dopo aver riflettuto sulle criticità del capitalismo americano di oggi e discusso le migliori proposte per superarle, Kotler ha cominciato ad approfondire il concetto di bene comune analizzando il contributo di attivisti e riformatori che negli Stati Uniti si sono distinti anche in maniera eroica: Martin Luther King, Eleanor Roosevelt, Jane Addams, Gloria Steinem, Rachel Carson, Saul Alinsky, Ralph Nader, Al Gore, Robert Reich... In questo libro, attraverso il loro esempio, illustra ciò che ciascuno dei tre principali settori della società - le imprese, lo Stato e le organizzazioni non profit - può fare per favorire il bene comune e promuove strumenti di cambiamento sociale come il dialogo, l'istruzione, il marketing sociale, i social media, la legislazione e molte tattiche di protesta non violenta. Il nostro obiettivo, ci ricorda Kotler, deve essere quello di creare un mondo in cui le persone siano sane e sicure, tutelate finanziariamente, attive nella protezione dell'ambiente e capaci di dare un contributo alle loro comunità. Lo scopo ultimo è il benessere dell'umanità e la civiltà.
I saggi raccolti in questo volume obbediscono alla necessità di tornare a interrogare le radici di una militanza che l'autore ha professato per più decenni di vita pubblica. Tali radici hanno voce e volto. Corrispondono ad altrettante figure della tradizione cattolico-democratica e non solo, qui convocate per riascoltarne gli insegnamenti. Ritroviamo così due esponenti esemplari del secolo appena trascorso come De Gasperi e Dossetti. Il senso della laicità dell'uno, la moderazione esercitata come metodo non già come programma; e l'autonomia della politica nell'altro, la radicalità di un progetto di reformatio del corpo sociale, la dignità profonda della "liturgia" democratica. Ma sono solo alcuni dei tanti spunti raccolti, tra di essi, non meno significativi risultano i contributi di pastori, pensatori e mistici che l'autore ha voluto affiancare come don Milani, Simone Weil e Mounier. Concetti come quelli di lavoro, persona, storia, classe, democrazia ci si ripresentano così con accenti inaspettati e acquistano una nuova vitalità.
Perché le classi deboli si stanno allontanando dai partiti di sinistra? La sinistra di oggi saprà contrastare le disuguaglianze e difendere la democrazia? Le disuguaglianze sono molto cresciute nelle democrazie avanzate. Le conseguenze della pandemia e l'invasione dell'Ucraina contribuiscono ad aggravare il quadro. La sinistra europea e quella italiana si trovano così ad affrontare una nuova sfida, decisiva non solo per il loro futuro, ma anche per quello del capitalismo democratico. L'elettorato popolare, che ne costituiva il fulcro, alimenta infatti l'esodo verso l'astensionismo e verso la nuova destra radicale, attratto dalla protesta e dal populismo. A fronte del peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita, vecchi e nuovi gruppi più a disagio non si sentono oggi rappresentati. Questo volume, valendosi di un ampio materiale di ricerca, indaga sulle difficoltà della sinistra europea - con l'eccezione interessante dei paesi nordici - nel contrastare le nuove disuguaglianze come aveva fatto negli anni del grande sviluppo post-bellico. Ma mette anche in luce come la sfida non sia persa. C'è ancora un futuro per il capitalismo democratico: passa da un riorientamento dell'offerta politica della sinistra di cui vengono qui discusse condizioni e possibilità.