Diventa un libro il discorso di insediamento di Barack Obama pronunciato il 20 gennaio 2009 a Washington. Parole che hanno commosso l'America segnando un passaggio fondamentale nella storia mondiale. La crisi economica, l'istruzione, la sanità, la leadership Usa: un bilancio da cui partire per "rimettersi all'opera" e un messaggio di speranza di cui tutti si sentono destinatari. In un libro i 18 minuti che promettono di cambiare il nostro futuro. Con un articolo di Alessandro Portelli e un commento di Giovanni De Mauro, il volume, che raccoglie l'intero intervento del Presidente, è integrato da un'appendice con tutte le biografie dei componenti dello staff di governo.
"Ingegnere sociale", economista, interprete lungimirante delle trasformazioni socio-economiche indotte dalle nuove tecnologie e dalla globalizzazione, Jacques Delors ripercorre i passaggi salienti di una vita segnata dall'intima vocazione all'impegno militante sino alle più alte responsabilità pubbliche in Francia e in Europa, nel contesto degli straordinari eventi e fermenti che hanno attraversato il continente nella seconda parte del XX secolo. Fervente sostenitore della costruzione europea, Delors presiede la Commissione europea dal 1985 al 1995 e si rende protagonista del decennio che ha cambiato il volto dell'Europa confermando il giudizio espresso dall'Economist: «nessun europeo ha esercitato un impatto così grande sull'Europa occidentale quanto J. Delors». Prefazione di Giorgio Napolitano.
I manifesto di fondazione del futurismo, pubblicato su "Le Figaro" il 20 febbraio 1909 (quest'anno ne ricorre il centenario), si concludeva con le parole: "La nostra sfida alle stelle". Quel grido vitalistico incarna bene l'entusiasmo tragico del futurismo per la modernità, percepita come un'epoca di lotta e di espansione della potenza dell'uomo, lanciato alla "conquista del divino". Movimento prevalentemente artistico, il futurismo aveva l'ambizione di realizzare una rivoluzione totale che investisse ogni aspetto della vita dall'arte al costume - per creare l'italiano nuovo e, diversamente da altre avanguardie del primo Novecento, ebbe da subito una vocazione politica decisamente orientata in senso nazionalista. I futuristi esaltavano la violenza e la "guerra come igiene del mondo"; furono accesamente interventisti; nel 1918 fondarono un partito e un anno più tardi, con Mussolini, diedero vita ai Fasci di combattimento; parteciparono con D'Annunzio all'avventura di Fiume; simpatizzarono per il bolscevismo; si proponevano di abbattere la monarchia e scacciare il papa dall'Italia.
Le "forme di produzione precapitalistiche" costituiscono una parte dei "Lineamenti di critica dell’ economia politica" composti da Marx, sotto torma di appunti e in vista della stesura del "Capitale", tra il 1857 e il 1858. Vero e proprio "testo dentro il testo", esse rappresentano una sorta di interruzione momentanea dell’ indagine critica di Marx sul presente del modo di produzione capitalistico e volgono invece lo sguardo al passato dei mondi che lo hanno preceduto e ne hanno preparato l’avvento: i modi di produzione antico, asiatico e feudale, nelle loro specifiche articolazioni e dinamiche. Più precisamente, il nucleo tematico di questo laboratorio intellettuale, che permette di seguire Marx mentre elabora il proprio pensiero, è l’analisi della legge generale dello sviluppo storico e del legame reciproco dei diversi modi di produzione che si sono storicamente succeduti. Incentrato su una filosofia della storia stadiale e dialettica, conflittuale e orientata al fine ultimo della società senza classi, il progetto marxiano poggia su una salda convinzione: non è possibile comprendere pienamente il "funzionamento" del mondo capitalistico senza averne correttamente decifrato la genesi storica e senza essersi affrancati dalle spiegazioni ideologie che naturalistiche e "robinsoniane" dell’economia politica classica. Non si può fare luce sul presente né prefigurarsi le contraddizioni che accompagneranno l’umanità verso il futuro, senza aver preventivamente fatto i conti con il passato.
Il libro presenta il percorso autobiografico di un protagonista delle grandi inchieste degli anni Ottanta e Novanta. I valori di famiglia, l'educazione e le tappe formative sfociano nella decisione di entrare in magistratura: la narrazione scorre rievocando la cultura del Sessantotto, gli omicidi dei colleghi Alessandrini e Galli; l'adesione a Magistratura Democratica; la clamorosa inchiesta su Licio Gelli e la Loggia P2 e gli altrettanto clamorosi "tronconi" derivati dell'inchiesta; la partecipazione e la consulenza alla Commissione Stragi; l'incontro con Giovanni Falcone, l'inchiesta "Mani Pulite", le dimissioni di Di Pietro, gli ultimi sviluppi.
La 'ndrangheta calabrese si impone all'attenzione dell'opinione pubblica nell'estate 2007, con la strage di Duisburg, un feroce regolamento di conti in cui morirono sei persone. Un'azione clamorosa che rivelò a tutti la capacità della 'ndrangheta di operare con spietata efficacia anche al di fuori dei propri confini. Cresciuta e rafforzatasi nel silenzio, la 'ndrangheta ha oggi ramificazioni in ogni regione italiana e nei cinque continenti, può vantare rapporti con organizzazioni criminali e terroristiche straniere ed è uno dei principali responsabili dell'immenso fiume di cocaina che ha invaso le città negli ultimi anni. La 'ndrangheta, di fatto, è presente in tutte le attività produttive, dall'edilizia alla sanità, dalla distribuzione alla gestione dei rifiuti. Il suo giro d'affari complessivo ammonterebbe, per il 2007, a oltre 43 miliardi di dollari, frutto di una straordinaria capacità di adattarsi a ogni esigenza del mercato, di coniugare tradizione e modernità. "Oggi dietro i killer ci sono professionisti che riciclano denaro con raffinatezza manageriale e politici disposti a tutto pur di rimanere abbarbicati al potere." dicono Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, i due massimi esperti mondiali di questa organizzazione criminale. Tale evoluzione non ha cancellato la presenza di antichi rituali mai del tutto scomparsi. Una liturgia in cui convivono richiami al Vangelo e alla religione cristiana e cerimoniali di iniziazione fondati sulla centralità del vincolo "di sangue".
Il diritto ha sempre tentato di disciplinare il fenomeno della guerra, prima attraverso norme e principi di tipo legislativo, poi per mezzo di misure costituzionali. Il percorso di giuridificazione del conflitto armato è culminato, nel XX secolo, nello ius contra bellum, il diritto volto a contrastare (e non più semplicemente a regolare) il conflitto, conseguenza diretta dei fantasmi di apocalisse finale. Mario Fiorillo ripercorre in questo volume l'evolversi del confronto tra il diritto e quel particolarissimo campo dell'agire umano che è il fatto bellico. La sua analisi da una parte passa in rassegna le diverse forme di legittimazione della guerra, delle sue cause e dei suoi fini, elaborate nei secoli dal pensiero occidentale, e dall'altra ricostruisce storicamente il processo di strutturazione giuridica del conflitto armato e delle sue modalità. L'autore si sofferma in particolare sui conflitti armati delle comunità globalizzate contemporanee, divise fra tradizionale garanzia dei diritti e ossessione di sicurezza. Dall'equilibrio del terrore della guerra fredda si è approdati oggi a un terrore senza equilibrio, una cortina di paura e panico che avvolge il mondo occidentale e che si richiama ancora una volta al diritto in cerca di legittimazione.
Arnaldo Forlani è stato per cinquant'anni protagonista della vita polìtica e istituzionale italiana. Le sue idee e la sua azione l'hanno segnata in particolare in due periodi. Il primo - tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70 - in cui si esauriva la politica di centro-sinistra avviata da Moro nel 1962. Il secondo negli anni '80, quando nella Dc Forlani è stato il più convinto sostenitore dell'alleanza strategica tra la Dc e il Psi di Craxi, al fine di creare anche in Italia le condizioni di un bipolarismo in grado di fare fronte ai nuovi, giganteschi problemi posti dalla fine della guerra fredda e dall'inizio della globalizzazione. Il racconto di fatti vissuti come protagonista da Arnaldo Forlani, e le sue valutazioni e giudizi su vicende e uomini che hanno inciso profondamente nella storia contemporanea dell'Italia, meritano dunque l'attenzione degli storici, dei politici e di quanti siano interessati a conoscere meglio le radici di vicende che spesso influenzano anche l'attualità politica e istituzionale.
L'egemonia americana ha subito una battuta d'arresto con l'avventura irachena. Se la fine della guerra fredda aveva segnato la transizione da un mondo bipolare a un mondo unipolare, l'11 settembre ha dato il via a un progetto unilateralista in Medio Oriente, Asia Centrale, Europa Orientale. Le altre potenze del mondo - Europa, Russia, Cina, Giappone, India - non sono però rimaste inerti di fronte al nuovo corso della politica estera americana. Il saggio di Buzan indaga relazioni e tensioni fra l'unica superpotenza rimasta e le grandi potenze regionali. La discussione si basa sul contrasto fra i due principi cardine della geopolitica contemporanea: polarità e identità. Secondo il primo concetto, proprio della Realpolitik, sono il numero e il peso relativo degli attori in campo a definire le strategie geopolitiche. Se una potenza si lancia in un tentativo egemonico, le altre potenze coalizzeranno le proprie diplomazie, e se necessario i propri eserciti, per cercare di ristabilire l'equilibrio di potenza. In base al secondo concetto, sviluppato dalla sociologia internazionale, la storia e la cultura politiche di un paese ne condizionano le azioni sulla scena internazionale.
L'elezione di Barack Obama, riaccende la speranza di progresso sociale in America e nel mondo. Il nuovo presidente si trova alle prese con la più grave crisi economica e finanziaria dai tempi della Grande Depressione. Come per Franklin Delano Roosevelt, il New Deal di Obama è un programma sia di giustizia sociale sia di rilancio economico, ma diversamente dal primo, è più emancipazione comunitaria dal basso che imposizione statalista dall'alto. Obama intende far leva sulla mobilitazione della società americana, simile a quella che ha galvanizzato donne, giovani, neri, latinos durante la campagna presidenziale. L'amministrazione Obama punta sulla riduzione delle forti disuguaglianze, spendendo in istruzione, sanità, infrastrutture, green jobs ed energie rinnovabili per uscire dalla recessione e trasformare tecnologicamente l'economia. Il nuovo presidente vuole che l'America si affermi come leader nel fronteggiare la crisi climatica. Per Talbott non ci sono dubbi: l'obamanomics è l'abbandono totale della reaganomics e delle ricette economiche ispirate all'individualismo di mercato che hanno trascinato l'America nel baratro. Nell'introduzione appositamente scritta per l'edizione italiana, l'autore ripercorre gli eventi delle ultimissime settimane e commenta le iniziative annunciate e/o intraprese nell'ottica-guida di tutto il libro: guardare al lungo periodo, attraversando indenni il breve. Il volume contiene un intervento di Tito Boeri.
Questo volume si rivolge non solo agli studenti universitari delle Facoltà di Economia, Scienze politiche, Giurisprudenza ma anche a tutti coloro che desiderano conoscere il funzionamento delle "Istituzioni economiche internazionali", i problemi da queste affrontati e le riforme poste in essere o proposte per renderle quanto più possibile in grado di affrontare le sfide dalla globalizzazione. Il processo di integrazione dell'economia e della finanza internazionale di questi anni e la crisi globale con cui ci stiamo confrontando hanno inciso fortemente sulla realtà nella quale queste organizzazioni si trovano ad operare rendendola notevolmente diversa da quella specifica del momento della loro istituzione. Ci si chiede, perciò, all'interno e all'esterno delle stesse istituzioni se esse possano considerarsi in grado di rispondere alla attuale domanda di beni pubblici globali (come la stabilità finanziaria internazionale) che proviene dalla collettività o se, a questo fine, esse debbano procedere ulteriormente nel processo di adeguamento della loro struttura e della loro governance.
"La Cristianità ossia l'Europa", il capolavoro politico di Novalis (1772-1801), redatto nel 1789, traccia il grandioso programma di una rinascita religiosa e spirituale dell'Europa e dell'intero genere umano, estranea a posizioni confessionali specifiche e ancorata all'utopia del sorgere di un mondo "nuovo" in cui abbia fine la strumentalizzazione dell'uomo implicita nella sua adesione coatta alla storia. L'attualità di questo testo è evidente per almeno due motivi. In primo luogo la coscienza sempre più viva nei popoli europei della necessità di creare un'entità sovranazionale che superi le divisioni sanguinose che hanno caratterizzato la storia del continente negli ultimi secoli. In secondo luogo, e questo è il motivo più audace, che già all'apparizione dell'opera suscitò aspre polemiche, l'affermazione delle radici cristiane dell'Europa, della necessità di una sua rinascita spirituale, che porti pace e non guerra al genere umano: indubbiamente un messaggio rivoluzionario, soprattutto in un'epoca come la nostra in cui si parla di scontro di civiltà, di guerre sante, di crociate per annientare il nemico, identificato con il "male" assoluto.