
La visione dello sviluppo umano proposta dalla neurobiologia interpersonale consente di comprendere come il funzionamento della mente e del cervello venga influenzato dall'esperienza, in particolar modo dalle relazioni emotivamente significative. I curatori si sono assicurati qui la partecipazione degli autori più conosciuti nell'ambito della neurobiologia interpersonale, i quali propongono le loro riflessioni sull'impatto che questa prospettiva teorica ha avuto sulla pratica clinica e offrono consigli ai molti clinici che hanno abbracciato questo orientamento nella loro attività terapeutica. Molteplici sono i temi trattati: la disregolazione degli stati di coscienza, i sistemi motivazionali presenti nel trauma complesso, la psicoterapia del trauma associato all'esperienza di umiliazione. Si analizza anche il recupero dalle dipendenze nell'epoca del distanziamento sociale e il cambiamento rappresentato dalla terapia familiare online.
Riparare i danni profondi causati dall'abuso precoce, dall'incuria grave e dalla deprivazione infantile è un compito estremamente complesso, paragonabile alla guarigione di una lesione in un organo del corpo. Questo testo offre al lettore italiano il primo studio completo e rigoroso sul trauma da trascuratezza infantile, noto anche come neglect. Ruth Cohn descrive con precisione le molteplici competenze che un clinico deve padroneggiare per diagnosticare correttamente il neglect e impostare un adeguato percorso terapeutico. Il testo, innovativo e in molti passaggi illuminante, si fonda in modo solido sulla teoria dell'attaccamento ed è reso accessibile e schematico grazie anche all'esposizione di casi clinici in apertura di ogni capitolo. Caratterizzato da un taglio pratico e dall'approccio evidence-based, "Teoria e clinica del Neglect" fornisce a tutto il mondo della psicoterapia, e in particolare agli psicotraumatologi, gli strumenti per riconoscere i segni della trascuratezza traumatica infantile e comprendere gli effetti duraturi che questa può avere nell'età adulta, al fine di massimizzare così l'efficacia della terapia.
Questo libro invita a esplorare la realtà attraverso tre aspetti chiave: il senso, il pensiero astratto e lo spirito. Il senso è il modo in cui le nostre sensazioni modellano la nostra esperienza del mondo, frutto dell'interazione tra ciò che è esterno e ciò che è interno. Il pensiero astratto, la capacità di interrogarci, di mettere in discussione ciò che diamo per scontato, proprio come Prometeo che, per scoprire il fuoco, non si accontenta di credere che esista, ma ne indaga l'origine. Infine lo spirito, visto come la relazione tra le parti, riconoscibile nel concetto cristiano della Trinità. Con un linguaggio chiaro e accessibile, il libro è pensato per chi vuole comprendere meglio le connessioni tra conoscenza, esperienza e tradizione.
In Occidente la solitudine rappresenta una vera e propria epidemia: negli Stati Uniti, ad esempio, colpisce oltre il 50% della popolazione, con conseguenze mortali paragonabili a quelle del fumo. Dalla presa di coscienza di questo problema dilagante nasce "Solitudini", opera collettiva che esplora le diverse accezioni della solitudine e le risposte fornite da vari ambiti di studio. Risposte che possono essere molto diverse tra loro e includono sia i contributi di esperti sia gli interventi delle istituzioni. Il testo invita a riflettere su come chi vive la solitudine possa reinterpretarla, scoprendo il suo valore e prevenendo l'isolamento. Attraverso un'indagine filosofica che parte da Seneca e arriva fino a oggi, il libro offre spunti per affrontare questa sfida contemporanea. Anche la spiritualità e la religione forniscono nuovi orizzonti, trasformando la solitudine da problema a opportunità. Un testo indispensabile per comprendere un fenomeno sempre più rilevante nel nostro secolo. Prefazione di Mario Delpini.
La sofferenza è una condizione che tutti - presto o tardi - siamo chiamati a sperimentare. Come il nostro essere si esprime in una dimensione al contempo fisica, psichica e spirituale, così la sofferenza può irradiarsi in altrettante ed eguali direzioni. Pur esistendo diverse forme di afflizione, dunque, esse fanno tutte capo a questa unica matrice. L'interesse per il tema della sofferenza e per l'analisi della relazione tra psicologia e religione è scaturito dalla storia di Anneliese Michel (1952-1976), di cui si tratta diffusamente nel libro, che ha visto dibattere in sede processuale sia l'una che l'altra «disciplina». Obiettivo di questo lavoro è esplorare il labile confine tra i due ambiti, in relazione appunto alla sofferenza umana. Se la psicologia indaga la mente, la religione si occupa dell'anima, e tuttavia, dal momento che si prefiggono entrambe il raggiungimento del nostro benessere, ci si chiede se non sia allora possibile un sodalizio volto a conseguire il medesimo scopo. La metodologia utilizzata per dare una risposta affermativa è consistita nell'individuare le circostanze o scelte umane che portano la persona a sviluppare specifiche problematiche come la schizofrenia, il disturbo dissociativo d'identità e le possessioni diaboliche, nonché a capire in che modo la psicologia e la religione possano collaborare proficuamente al benessere umano.
L'obesità è un disturbo alimentare come l'anoressia, la bulimia e il binge eating disorder. Dunque, è degna dello stesso trattamento psicoterapeutico ed, eventualmente, psichiatrico. Michele Rugo propone qui un approccio multidisciplinare in cui la psicoterapia risulta determinante nella cura e non una comprimaria della medicina "classica". I pazienti obesi faticano ad affrontare il desiderio, perseverando nell'illusione di un godimento che non abbia mai fine: come introdurre un frammento di mancanza tollerando la sofferenza della rinuncia al cibo "buono" e "tanto"? Che funzione ricopre il sintomo iperfagico? Che ruolo simbolico incarna il corpo ipernutrito? Attraverso casi clinici, teorie psicoterapeutiche differenti (cognitivo-comportamentali e psicoanalitiche in particolare) e approcci medico-chirurgici l'autore sostiene un metodo di cura che consideri la diagnosi di struttura di personalità, lo stigma sociale e le complessità all'interno delle famiglie dei soggetti sovrappeso.
«Negli ultimi tempi aveva un modo particolare di guardarsi allo specchio dietro le bottiglie. Quando un uomo come lui comincia a scrutarsi negli specchi, mi creda, non è un buon segno». Una riflessione, questa del padrone del bistrot dove il suo amico Bob, morto da pochi giorni, andava a giocare a carte, che colpisce profondamente il dottor Charles Coindreau. Non appena ha saputo che quella di Bob non è stata una morte accidentale, come sulle prime si credeva, bensì un suicidio, ha deciso di condurre una sorta di indagine, e di interrogare chiunque l'abbia conosciuto, a cominciare dalla moglie e dall'ultima delle numerose amanti. Perché lui, come tutti, ma più di tutti gli altri, si arrovella sul motivo che ha indotto a togliersi la vita uno come Bob: sempre allegro, e allegramente sfaccendato, sempre pronto alla battuta, gran giocatore di belote e gran consumatore di «bianchini» a qualunque ora del giorno - non per caso lo avevano soprannominato il Grande Bob. Nella casa di Montmartre dove abitava insieme alla sua polposa, esuberante, forse un po' volgare ma radiosa moglie Lulu, la porta era sempre aperta, e vi si potevano incontrare persone di ogni estrazione sociale, e «ognuno era libero di comportarsi o di parlare a suo piacimento, con la certezza di non scandalizzare nessuno». Così come nessuno si scandalizzava del fatto che Lulu accettasse i tradimenti di Bob: le bastava che lui fosse felice. Scavando nel passato dell'amico, immergendosi nei lati oscuri di un uomo che a tutti sembrava l'immagine stessa della gioia di vivere, e persino, a volte, sovrapponendosi a lui, Coindreau finirà per scoprire la verità sulla morte di Bob - ma soprattutto qualcosa su sé stesso.
Il testo si focalizza sull'esperienza della depressione nel contesto contemporaneo, esaminando come questo disturbo sia percepito e affrontato nelle dinamiche sociali e relazionali. Dopo una prima parte in cui si approfondiscono le specifiche eziologiche ed epidemiologiche del disturbo, il testo si concentra sull'analisi delle relazioni che sono profondamente influenzate dal disturbo depressivo: la depressione - difatti - non solo compromette il benessere individuale, ma incide pesantemente sulle relazioni interpersonali, portando a incomprensioni, isolamento e a una progressiva disconnessione emotiva con gli altri. Si evidenzia come la fragilità dei legami contribuisca a peggiorare il senso di alienazione e solitudine che spesso accompagna e aggrava la depressione. Andrea Fiorillo evidenzia l'importanza di un approccio che vada oltre il semplice trattamento farmacologico che da troppo tempo è visto come unico campo di intervento nella cura della depressione, e si faccia invece promotore di una cura che tenga conto della dimensione umana e relazionale della persona, integrando aspetti psicoterapeutici e sociali per aiutare l'individuo a ritrovare un senso di connessione e significato nella propria vita.
Le basi della terapia cognitiva - primo volume di una serie di manuali operativi dedicati alle terapie cognitivo-comportamentali di seconda e terza generazione - descrive i principi e le tecniche della Terapia razionale emotiva comportamentale (REBT), la prima forma di terapia cognitiva che ha definito la struttura del colloquio cognitivo introducendo il celebre modello ABC. Dopo una chiara illustrazione delle basi filosofiche e teoriche di questo approccio, il volume approfondisce i dieci passi della procedura REBT, suddivisi in una fase di accertamento e una di intervento. Ogni capitolo è organizzato in tre sezioni: principi di base, linee guida e problemi e soluzioni. Il testo è arricchito da esempi di domande e vignette cliniche, che lo rendono un riferimento prezioso sia per i terapeuti in formazione sia per i professionisti e i clinici più esperti che desiderano approfondire le loro conoscenze e competenze nelle tecniche cognitivo-comportamentali.
Il "Kit per la pratica sensomotoria" costituisce uno strumento concreto che permette di accedere alla conoscenza innata che risiede nel corpo di ciascuno di noi, troppo spesso condizionata da storie personali e contesti socioculturali di cui non abbiamo piena consapevolezza. Le carte, suddivise in 15 temi, propongono un approccio diretto al metodo della psicoterapia sensomotoria di Pat Ogden, senza però voler in alcun modo sostituire un percorso clinico. Vi si può fare ricorso tra una seduta e l'altra, all'interno del setting terapeutico o anche in autonomia, dopo aver acquisito dimestichezza con le modalità proposte. Poiché il corpo ci insegna sempre qualcosa di diverso lungo tutto l'arco della nostra vita, questi esercizi possono essere svolti in qualsiasi momento, anche a distanza di anni, per trarre nuove conoscenze e sviluppare una connessione profonda con noi stessi, gli altri e il mondo.
Spesso quando sentiamo la parola "vulnerabilità" pensiamo a debolezza o fragilità, a qualcosa che vogliamo evitare o nascondere agli altri, e magari anche a noi stessi. Molti cercano di non rivelare le loro emozioni o la loro ipersensibilità, magari attraverso l'arroganza e l'aggressività. "Pugni stretti e testa alta. Non piangere. Non esporti; ti attaccheranno ancora di più. Forte, devi essere forte e coraggioso". Già. Ma se si sapesse che la capacità di riconoscersi vulnerabili è in realtà una forma di coraggio e se si ascoltasse la propria vulnerabilità ci si renderebbe conto di come essa vada di pari passo con audacia, coraggio, autostima, amore, successo. È vero che essere vulnerabili significa essere maggiormente feribili e ogni volta che ci mettiamo in gioco o ci esponiamo per chi siamo davvero diveniamo più attaccabili. Ma vivere ammettendo la propria vulnerabilità è vivere in maniera autentica, senza finzioni, in linea con il nostro sé. In questa maniera realizziamo noi stessi in modo pieno. L'obiettivo di questo testo è quello di avviarci a conoscere il potere della vulnerabilità per imparare a riconoscerla, accettarla e gestirla al fine di trasformarla in un nostro punto di forza.
Come sottolinea nella sua acuta Prefazione il prof. Giuseppe Crea, «se uno si sposa e non sa stare a distanza dalla moglie, l'evento-matrimonio sarà scisso dai vissuti di solitudine. Allo stesso modo, se uno entra in seminario e non sa stare a distanza dalla pastorale e dalla voglia di salvare il mondo, l'entrata in seminario sarà semplicemente una pia illusione o ancora, una fuga... Nel presente lavoro l'Autore ha affrontato alcune sostanziali domande in merito, come per esempio: Cosa vuole dire "solitudine"?, Che rapporto c'è tra solitudine e maturità emotiva?, Quanto tutto ciò influenza la vita del presbitero e il suo ministero sacerdotale?». A partire da queste domande l'Autore giunge ad analizzare i progetti formativi dei seminari d'Italia, in vista dell'elaborazione di un orizzonte di prevenzione: formare i futuri presbiteri affinché raggiungano una quanto più giusta e alta maturità psico-emotiva. Quello di Nicosia è uno studio di peculiare importanza e oggi particolarmente necessario, che apre nuove prospettive sia per gli educatori nei seminari (ma anche in altri ambiti di formazione consacrata), sia per coloro che vogliono capire le dinamiche complesse che il ministero, talvolta, fa emergere in chi a esso dedica la propria vita.