Lorenza non ha nessuna intenzione di comprare le merendine al figlio Matteo. Lui urla, strepita e si butta a terra scalciando. Che cosa fare: accontentarlo, ignorarlo a gridare più forte di lui? Qualunque soluzione sembra sbagliata, soprattutto perché la mamma non capisce che cosa ha scatenato questa reazione esagerata. Le sfuriate dei bambini sono un problema sempre più diffuso, che lascia spesso i genitori in preda ai sensi di colpa, disorientati e impotenti. Tante sono le possibili cause - un'educazione troppo severa a permissiva, eventi traumatici, cambiamenti improvvisi, stress, tensioni famigliari, modelli comportamentali contraddittori - e tante le manifestazioni, che cambiano anche in base alla fascia di età, dall'irritabilità ai dispetti, dagli sbalzi d'umore ai disturbi del sonno. Mai reprimere d'autorità, spiega Francesca Broccoli, psicologa e psicoterapeuta: la rabbia è un'emozione fondamentale per lo sviluppo emotivo e sociale dei più piccoli, che sono i primi a spaventarsi per quel grumo di malessere - un mostro che li invade - e devono riuscire a comunicarlo. Ma nel modo giusto. Partendo dai casi reali incontrati nella sua esperienza e nei suoi corsi, Francesca Broccoli mostra come interpretare i segnali dei bambini e capire le ragioni del loro disagio, dà suggerimenti pratici sulla risposta più opportuna e ci guida nel dialogo con i nostri figli, per spiegare, in un linguaggio accessibile anche a loro, a capire, conoscere e gestire la rabbia.
Innamorati di se stessi, i narcisisti vogliono l'elogio degli altri, cercano attenzione, si preoccupano del loro aspetto. Talvolta, i loro comportamenti sono meno decifrabili, ma, in ogni caso, il mondo deve ruotare attorno a loro. In realtà, lungo la scala che va dall'altruismo assoluto, anch'esso espressione del narcisismo, all'arroganza totale, estremi entrambi pericolosi, si collocano forme salutari e, anzi, preziose, di narcisismo. È essenziale dunque sapersi spostare lungo quella scala. Basandosi sulla propria ricerca e sulle ultime scoperte in psicologia, Malkin insegna strategie concrete per fronteggiare i narcisisti nel modo giusto, o per prevenire e combattere in noi le derive più pericolose e conflittuali del narcisismo. Nello stesso tempo, aiuta a dotarsi di una sana autostima anche chi, al contrario, non si sente abbastanza speciale, perché trovi il coraggio di far sentire la sua voce e viva una vita più ricca e appagante. Dimenticate tutti i cliché e fatevi guidare da Malkin nel cogliere il meglio dal bisogno di sentirsi speciali e nell'affrontare consapevolmente la tendenza a essere assorbiti da se stessi. Che siate narcisisti o, al contrario, siate alle prese con qualcuno che lo è, in questo libro troverete molte verità che sfidano le conoscenze convenzionali sul narcisismo.
La soggettività umana non è solo spinta vitale e desiderio, ma anche ferita e sofferenza, alla cura delle quali si sono dedicate da sempre le religioni e le filosofie. Negli ultimi due secoli le scienze psicologiche e psichiatriche hanno occupato il medesimo campo - la guarigione dell'anima - spesso adottando il paradigma delle "scienze della natura" (spiegare) e non quello delle "scienze dello spirito" (comprendere). Le pagine di questo libro propongono un riconoscimento reciproco tra la spiritualità e le scienze psicologiche e psichiatriche, ricominciando dall'ascolto dell'io nella sua singolarità e unità.
Viviamo in un periodo di crisi: è un'affermazione che ricorre molto spesso nei discorsi delle persone. È una frase che continuamente viene riproposta in tante situazioni della nostra vita. È sempre presente nei titoli dei mass media e nelle comunicazioni sociali rivolte al grande pubblico. Di fronte a questa implacabile affermazione molte persone si sentono impotenti e amplificano le loro angosce. L'autore analizza nel libro come la parola crisi entra implacabile nell'inconscio delle persone che non sanno gestire le proprie emozioni e, dal momento che il cervello funziona per associazioni, risveglia ansie più antiche. Allora come ci si deve comportare di fronte a tale evidenza, si chiede l'autore? Prima di tutto si deve tener presente che ogni ambito della quotidianità delle persone presenta degli aspetti che necessitano di essere conosciuti e vissuti con un atteggiamento sempre più maturo, consapevole, umile e fiducioso, ma al tempo stesso determinato e risoluto. In secondo luogo, per affrontare queste nuove problematiche la persona deve essere pacificata con se stessa e sapersi porre con saggezza e in modo compassionevole, amorevole e disponibile verso gli altri e la vita in generale. Nella persona più attenta a cogliere con consapevolezza il valore della propria vita, e in grado di coltivare le proprie risorse, i talenti e le forze animico-spirituali, la crisi economica rappresenta un'opportunità per migliorarsi e affinare le relazioni interpersonali.
Le teorie psicoanalitiche, focalizzate sull'interpretazione dei conflitti sessuali, dei significati inconsci o delle dinamiche intersoggettive, hanno sempre manifestato un interesse rapsodico per la relazione corpo-mente. Riccardo Lombardi percorre quindi strade poco transitate, esplorando da più di trent'anni con la competenza del clinico e la passione dello studioso una condizione umana polarizzata tra i limiti corporei (la parte "prigioniera") e la mobilità psichica (la parte "alata"). Il suo terreno elettivo è il protomentale e il protoemozionale, ossia la dimensione presimbolica dove avvengono i processi psicosensoriali primari, e dove la scomparsa del corpo dall'orizzonte di osservabilità della mente determina disarmonie - lo si vede degli adolescenti - o vere e proprie dissociazioni, come accade nelle patologie psicotiche. Quando corpo e mente risultano reciprocamente irraggiungibili e viene compromesso il travaglio trasformativo delle emozioni in pensiero, con conseguente paralisi dell'elaborazione simbolica, per l'analista si rende necessario innanzitutto recuperare la corporeità assente. Può farlo soltanto se favorisce un doppio transfert all'interno della diade analitica: sul corpo dell'analizzando e su se stesso. Si trova quindi ad affrontare un controtransfert somatico che acuisce in lui una reattività diffusa, per cui il suo corpo diventa una sorta di "membrana timpanica con finalità riceventi" o un "pentagramma psicosensoriale".
Del 'non detto' si fa grande uso. Nei nostri quotidiani scambi verbali, nella comunicazione politica, giornalistica, pubblicitaria, ciò che si dice in modo esplicito rappresenta solo la punta visibile di un'enorme massa di informazioni comunicate in modo implicito. Attraverso una molteplicità di esempi gli autori ci fanno entrare nel mondo sconosciuto e non visibile di ciò che è comunicato senza essere detto, mettendo in luce il ruolo strategico giocato da ciò che viene dato per scontato e ciò che viene lasciato intendere, svelando così gli usi e abusi dei sottintesi.
Mirando a rifondare teoricamente la clinica, André Green ritorna qui sugli assi principali della pratica psicoanalitica e rivisita le basi stesse del metodo analitico. Traccia una nuova cartografia del campo psicoanalitico, ridefinito ormai dalla predominanza delle strutture non nevrotiche. Dopo il modello tecnico freudiano centrato sulla nozione di transfert e il modello post-freudiano che privilegia il controtransfert, l'autore propone un pensiero clinico contemporaneo informato dal setting analitico e dalle sue variazioni, introducendo in particolare il concetto di setting interno dell'analista. In questa prospettiva innovatrice, Green distingue i miti dalle realtà del processo analitico, interroga l'estensione del concetto di controtransfert, rivaluta le articolazioni tecniche dell'interpretazione e della costruzione, riformula le relazioni tra ripetizione, ricordo ed elaborazione. Il volume si chiude con tre saggi sui funzionamenti al limite dell'analizzabilità, tra cui il notevole studio teorico-clinico "La sessualità nelle strutture non nevrotiche ieri e oggi".
L'elevata complessità dei casi affrontati nei servizi pubblici richiede relazioni di aiuto adeguate ai contesti e alla peculiarità dei pazienti-utenti. Affinché le azioni terapeutiche siano efficaci sono necessari un dialogo interdisciplinare rispettoso dei differenti modelli teorici e operativi (sistemici, psicodinamici, relazionali...) e una costante integrazione professionale. Il cambiamento non potrà essere circoscritto ai soli rapporti diadici terapeuta-paziente, ma sarà attivato nell'interazione tra i due grandi campi relazionali intersoggettivi: il gruppo di lavoro e il sistema individuo-famiglia. Con l'apporto di ricerche psicologiche sui processi evolutivi e con l'ausilio di numerosi casi clinici, il testo delinea un modello metodologico utile per valutare e costruire criteri d'azione integrati tra professionisti di diverso orientamento.
Le difficoltà nello sviluppo armonico e funzionale dei bambini sono in costante aumento e di conseguenza è in crescita la domanda di interventi preventivi e curativi a carattere psicologico e psicoterapico. Questo libro, proponendo il gioco come strumento principe per la cura del disagio psico-emotivo della famiglia con bambini, può essere considerato una vera e propria sfida per una cultura in cui il giocare costituisce un'attività meramente infantile. Dentro tale sfida ci sono tanto le famiglie che richiedono un intervento, quanto i professionisti della cura. Non di rado, infatti, lo psicoterapeuta rimane intrappolato dentro la propria immagine di professionalità composta e formale. Il gioco - svolto con la partecipazione attiva di tutti i componenti del setting terapeutico - grazie alle sue caratteristiche comunicative non verbali e simboliche, facilita delle ristrutturazioni della singola persona e del suo sistema familiare, permette di agire quelle ridefinizioni comportamentali necessarie al cambiamento e decostruisce quelle rigide impalcature mitiche che paralizzano le famiglie. E i terapeuti giocando diventano modelli impliciti e possibilità di attivazione di empatia, di coping e di imitazione da parte di tutti.
"L'ipersensibilità non è una malattia, né una carenza, né un difetto. Nessun terapeuta è in grado di 'eliminare' l'ipersensibilità di un bambino. L'ipersensibilità è una caratteristica ereditata, un elemento distintivo e, più propriamente, un talento." Dopo "Le persone sensibili hanno una marcia in più" e "Le persone sensibili sanno dire no", Rolf Sellin torna con un nuovo libro per comprendere a fondo l'ipersensibilità nell'infanzia e dare a genitori e insegnanti le chiavi per farne un eccezionale punto di forza. Tra i temi trattati: riconoscere quando un bambino è ipersensibile, evitare gli errori tipici con i bambini sensibili, definire limiti, regole e aspettative per trasformare la sensibilità in un vantaggio, scegliere la scuola più adatta a un bambino ipersensibile.
Miguel Benasayag riprende la celebre diagnosi formulata dodici anni fa con "L'epoca delle passioni tristi". La approfondisce, la radicalizza, ma ne fa anche un osservatorio da cui guardare al futuro con forza e speranze inedite. Benasayag descrive un paesaggio sociale devastato dal neoliberismo, dominato dall'individualismo sfrenato, dal mito della prestazione illimitata, dalla competizione senza quartiere. Tutto questo, ci spiega, si traduce in un profondo dolore individuale e in una radicale impotenza collettiva. Siamo vittime di questo malessere, e allo stesso tempo non ce ne rendiamo conto. Un intero mondo costruisce sistematicamente la nostra solitudine, e noi scambiamo questa violenta espropriazione per una perenne inadeguatezza individuale. Di fronte a questo panorama, da un lato Benasayag denuncia la collusione di tutti quei saperi che dovrebbero aiutarci ad affrontare questo oceano di sofferenza individuale e collettiva. Dall'altro lato, Benasayag ci insegna a leggere in filigrana questo scenario di distruzione per valorizzarne le potenzialità inespresse. E, soprattutto, per mostrarci che quelle potenzialità sono alla portata di chiunque di noi. Se le catene del neoliberismo inchiodano ciascuno al proprio posto, Benasayag ci spiega come trasformare quelle catene in legami interpersonali. I vecchi rapporti di potere diventano così il terreno di una nuova comunità di esperienze. E l'epoca delle passioni tristi si rivela come il tempo della creazione condivisa.
Un'offesa è come un ceffone in pieno viso, uno schiaffo per l'anima. Colpisce direttamente la nostra autostima. Ci sentiamo insultati, sottovalutati e incompresi. A volte ci rinchiudiamo in noi stessi con la sensazione di essere vittime di ingiustizie o fraintendimenti, a volte ci scateniamo in discussioni accese e inconcludenti. Normalmente, infatti, le emozioni come l'umiliazione, il rancore, l'indignazione, la collera distruttiva e la disperazione provocano solo un inasprimento del conflitto, la rottura del rapporto e uno stato di solitudine e discordia, ma non servono mai a trovare una soluzione. La nota psicoterapeuta tedesca Bärbel Wardetzki dimostra che non siamo impotenti di fronte a situazioni di questo genere, perché dipende in gran parte da noi cosa consideriamo un'offesa e in che misura ci sentiamo feriti. Più siamo consapevoli di cosa ci offende, di quali nuove ferite riaprono le vecchie e di quali possibilità abbiamo per difenderci, e meno soffriremo a causa delle critiche. Come cadiamo nelle trappole dell'offesa, e come possiamo uscirne? Che cosa ci spinge a sminuire il prossimo? Affrontando il problema dal punto di vista dell'offeso, ma anche di chi offende, troveremo le risposte essenziali per far fronte ai perversi meccanismi che si innescano.