Nella società odierna è cambiato il modo di vivere la vergogna? Tantissimo, soprattutto attraverso il web. Oggi i giovani hanno imparato che la vergogna non esiste e se c'è allora è un'emozione per "sfigati". I social network, in particolare, ci hanno insegnato a condividere tutto senza vergogna. Non c'è il pudore di mostrarsi nudi o semi-nudi. Non c'è il senso di colpa per aver aggredito qualcuno, attuando quello che prende il nome di cyberbullismo. E come vivevano le vecchie generazioni la vergogna? Cercavano di superarla! Ma è sempre un buon motivo tentare di non provare vergogna? L'autore sottolinea invece che la vergogna è un sentimento che si prova già all'età di due/tre anni. Quindi, fin da piccolissimi dobbiamo confrontarci con essa. È un'emozione con cui dobbiamo fare i conti tutti i giorni. La vergogna è utile, non solo perché ci consente di capire che abbiamo sbagliato ma anche perché ci permette di riflettere su una situazione che non vogliamo più rivivere. Ciò ci consente di evolvere. Ma di evolvere come? Attraverso gli altri.
Un libro di esercizi per l'anima. Una ricerca di amore e di spiritualità per poter essere veramente vitali e pieni di energia. Il superamento della paura è indispensabile per un amore sano, per una vita vera. "Noi non siamo figli della polvere, siamo venuti dal cielo...", dice l'autore. "Le nostre storie sono storie sacre, dense di senso, misteriose. Vorrei che esse tornassero a farci provare meraviglia, stupore". Un libro terapeutico, semplice; essenziale e profondo. Di facile lettura, ma che ti risolleva l'anima. Torni a sperare, a voler essere felice.
Che cosa può dire una scienza recente come la psicologia alla secolare elaborazione del pensiero teologico?
In che modo la riflessione psicologica pub arricchire la teologia nel suo stesso formularsi e non solo a livello di attuazione pastorale o di «immediato utilizzo» per fare fronte a disagi o a problemi patologici?
Questo volume illustra ciò che la psicologia descrive, si interroga sul peso da dare alle affermazioni psicologiche e su che cosa è corretto o scorretto chiedere a questa disciplina, indagando le teorie, i modelli, i concetti di mediamone, vita vissuta, mistero, relazione, motivazione e attività simbolica. Il libro indaga inoltre l'intreccio di emozioni e ragioni, il concetto di maturità affettiva, il mondo conscio e inconscio, la dimensione del male e del bene morale, la salute psichica, la struttura delle relazioni, la soggettività e le nuove prospettive offerte dalle neuroscienze.
Quando guardiamo i bambini degli altri, stiamo guardando il nostro. Il bambino che portiamo dal pediatra, che addormentiamo la sera, che siamo convinti di conoscere profondamente e di cui parliamo con l'insegnante a scuola o al quale dispensiamo le nostre massime di vita - anche se per qualche motivo pensiamo che sia del tutto speciale - è esattamente come il bambino degli altri. Perché tu non sei immune dai vizi di tutti. Non sei speciale. E tuo figlio non è più speciale degli altri. Funziona nello stesso modo. Appartiene alla stessa infanzia. Avrà gli stessi sogni. Combatterà le stesse battaglie. Per quanto sia consolatorio illudersi che non sia così, essere consapevole che il nostro modo di pensare l'infanzia determina i confini, il ruolo e le aspirazioni di ogni singolo bambino - anche del tuo - ti servirà almeno per spostare ogni tanto il punto di vista. Per guardare le cose che vedi tutti i giorni in un modo un po' diverso. E chiederti in che senso le cose che fa o dice il tuo bambino sono cose "infantili". In che senso sei infantile tu. E dove finisce l'una e dove inizia l'altra cosa.
Il testo analizza lo stato attuale delle conoscenze sulla doppia diagnosi: la presenza nello stesso soggetto di un comportamento tossicomanico (spesso con abuso di più sostanze) e di una sintomatologia psichiatrica. Oggi più di ieri, i fenomeni di dipendenza chiamano in causa l'intera complessità psichica della persona, di cui sono solo una parte i differenti sottosistemi di sofferenza, strutturati o meno in una precisa forma psicopatologica. Come già la prima edizione, anche questa offre una visione complessiva di tutte le dipendenze, basata su circuiti che si sviluppano su piani interrelati e si articolano con il contesto familiare e sociale. L'autore presenta un'ipotesi sistemica delle relazioni di dipendenza, delineando la struttura che connette cognizioni, emozioni, relazioni e scelte che sostengono la catena tossicomanica. Alla luce delle novità emerse negli ultimi anni, si evidenzia la diffusione di nuovi oggetti di dipendenza. Vecchi consumi, come quello di alcol, riprendono vigore, mentre aumenta sempre più la dipendenza dal gioco d'azzardo. Inoltre, è stato pubblicato il nuovo DSM-5, che apporta cambiamenti che influenzeranno il pensiero e la prassi clinica di tutti i professionisti della salute mentale. Proprio tenendo conto di tali novità, il testo illustra le strategie interpretative più utili per curare vecchie e nuove dipendenze.
Criticare ed essere criticati, un destino che pare inesorabile, quanto sgradevole. Nella vita di tutti i giorni ci ritroviamo a volte a lamentarci o a sparlare alle spalle altrui, anziché rivolgerci all'interlocutore in modo aperto e obiettivo. Oppure esplodiamo e ci lasciamo andare a modi e parole bruschi, maleducati o rabbiosi. Qualcuno preferisce ingoiare sempre il rospo, rinunciando a rivelare ciò che lo irrita pur di evitare tensioni, o di trovarsi a borbottare in continuazione come la classica pentola di fagioli. E quando poi arriva il nostro turno di essere criticati? La prendiamo sul personale, lasciandoci colpire profondamente dalle critiche che ci vengono rivolte, incapaci di coglierne i lati costruttivi. In un modo o nell'altro una cosa è certa: questi approcci alla critica non portano a nessun risultato. In questo piccolo manuale, Barbara Berckhan, la "Signora della comunicazione" e autrice di "Piccolo manuale di autodifesa verbale", vi insegna a comunicare all'altro, anche ai più suscettibili, cosa vi disturba o non funziona. Contemporaneamente, vi aiuta ad accettare ed elaborare, a vostra volta, le critiche che vi verranno rivolte. Comprovate strategie preparano, passo per passo, ad affrontare in futuro situazioni problematiche, senza che degenerino in un litigio, stimolandovi a trovare lo stile personale più adatto a voi.
Se l'uomo di Musil si è caratterizzato per "la mancanza di qualità" quello di Andreoli descritto in questo romanzo è un uomo privo di identità. Un uomo stanco della follia del mondo e del suo rumore, che fugge in una baia sperduta della Scozia affacciata sull'oceano Atlantico. Circondato solo da uccelli di mare, Franz Gustav farà i conti con i fantasmi del passato e con le molte relazioni che attende ancora di vivere. "L'uomo senza identità" è dunque la narrazione di un uomo solo che però trova dentro di sé non un doppio ma addirittura una frammentazione, che lo porta a smarrire persino il significato di che cosa voglia dire Io. In quel luogo disabitato nasce la storia di un uomo che appare più ricca ma anche più confusa di quella di una grande metropoli. L'identità, la coerenza, il riconoscimento di principi, tutto diventa indefinibile e Franz Gustav tenterà di immergersi nel proprio profondo fuggendo persino dalla propria sensorialità, chiudendo gli occhi. E in questa immersione incontrerà il vuoto e il nulla. Dopo aver raccontato la fragilità dell'essere umano nei suoi saggi, Vittorino Andreoli mette in scena la frantumazione dell'individuo, la moltiplicazione in frammenti di io che si sdoppiano per imporre il proprio mistero.
La vita riserva a tutti stress, passaggi impervi, lutti, traumi improvvisi, la cui gravità varia anche in funzione della nostra capacità di reagire. La forza d'animo, che con termine più specifico viene detta "resilienza", cioè la resistenza alle avversità unita alla capacità di ricostruire positivamente la propria realtà, è una qualità fondamentale, che va coltivata in noi stessi, nei nostri figli, nelle nostre famiglie. Ma la capacità di far fronte alle difficoltà che la vita comporta è innata o si può apprendere? Come dimostra Anna Oliverio Ferraris in "Pronti per il mondo", versione rivista e aggiornata di "La forza d'animo", l'infanzia e l'adolescenza sono fasi cruciali in cui i ragazzi possono apprendere i meccanismi necessari per reagire alle complessità della crescita: partendo dai primi anni di vita, l'autrice passa in rassegna l'inevitabile alternanza tra alti e bassi, entusiasmi e paure, per spiegare come imparare a fronteggiare i cambiamenti, acquisire maggiore autonomia e costruire un proprio progetto di vita. E ci mostra che, con i giusti accorgimenti, "la forza interiore e la fiducia in se stessi diventano la risorsa cui fare appello, sia per proteggere la propria integrità fisica e mentale sia per creare una vita degna di essere vissuta a dispetto delle circostanze avverse".
Non possiamo vedere la psiche come vediamo i corpi. Eppure non c'è nulla di più reale della nostra componente immateriale. Sono tangibili le azioni che produce, intense le passioni che smuove, laceranti e distruttive le sofferenze che genera, tenendo in ostaggio la vita. Questo pulsare di energia psichica non avviene nel vuoto, ma nella società e nella storia. Mentre la frattura ossea di un europeo di oggi è simile a quella di un antico egizio o di un indio precolombiano, una lesione della psiche è del tutto diversa. Per larga parte della vicenda umana è prevalsa una condizione partecipativa, fusionale, in cui - con l'aiuto di cerimonie collettive e di convinzioni profonde - i contenuti psichici inconsci venivano proiettati nel mondo circostante. La modernità invece, attraverso l'eclisse del sacro e l'espansione della coscienza, fa tornare lentamente le proiezioni nell'individuo. Uno spostamento titanico, previsto sia da Freud sia da Jung, che esalta la libertà personale, ma crea una nuova fragilità: rende solitarie le emozioni e alimenta le patologie della psiche postsociale. Luigi Zoja, tra i maggiori analisti junghiani, osserva da vicino queste dinamiche, sciogliendo diversi equivoci. A cominciare dallo statuto della psicoanalisi, non assimilabile alle scienze naturali e al modello medico di cura come ripristino di uno stato preesistente.
È facile dire o sentirsi dire: "Stabilisci dei limiti!", ma farlo non lo è affatto, soprattutto se si è persone sensibili e attente ai bisogni degli altri. Rolf Sellin, apprezzato autore di "Le persone sensibili hanno una marcia in più", spiega finalmente le ragioni per cui spesso non riusciamo a riconoscere i nostri limiti e a fissare giusti confini nella pratica: farlo, infatti, non è solo questione di volontà. Richiede allenamento! È una convinzione: "Buone recinzioni fanno buoni vicini". Sellin propone metodi concreti e di comprovata efficacia, a livello mentale, comunicativo, fisico e soprattutto energetico, che aiutano a sviluppare la nostra capacità di autodeterminazione senza sensi di colpa. Perché rispettare i nostri limiti e saper dire no serve a noi, ma spesso anche agli altri.
Chi è la bambina senza stella? Una bambina, in cui si cela l'autrice, sfortunata, ma non troppo. Seguendo il filo dei suoi ricordi, sedotto da una scrittura suggestiva e poetica, il lettore potrà ritrovare, per consonanza, tratti perduti della propria infanzia, là dove risiede il cuore pulsante della vita e la parte più autentica di sé. Cresciuta, come molti altri, negli anni tragici del fascismo, della guerra e delle persecuzioni razziali, che la coinvolgono in quanto nata da padre ebreo, la bambina ne uscirà intatta avendo preservato la magia dell'infanzia e la voglia di crescere. Le sue vicende, rievocate con flash della memoria e puntualmente commentate da una riflessione competente e partecipe, svelano le sofferenze dei bambini, spesso colpiti dai traumi della separazione, dell'indifferenza e del disamore. E il dolore infantile non cade mai in prescrizione. Negli squarci di un passato che non passa possiamo cogliere però, con l'evidenza della vita vissuta, anche le meravigliose risorse con le quali l'infanzia può attraversare le difficoltà della vita: il gioco, la fantasia, la creatività e l'ironia. Risorse che, attualmente, un'educazione ansiosa e iperprotettiva rischia di soffocare.
Nel corso della nostra vita siamo accompagnati da alcune esperienze fondamentali che ci consentono di conoscere cosa noi siamo e cosa sono gli altri; e fra queste esperienze come non ripensare alla tristezza, alla sofferenza, alla felicità, alla solitudine, alla tenerezza, al desiderio di comunità e di comunità di destino, alla speranza, alla malattia e alla morte volontaria, e ai modi con cui entrare in comunicazione con ciascuna di queste esperienze? Ma cosa è questa parola ambivalente, "comunicazione", che entra in gioco in ogni forma di discorso e di vita? Comunicare vuol dire rendere comune (dal latino munus, dono): è dialogo, relazione. Significa entrare in relazione con la nostra interiorità e con quella degli altri, nella convinzione che comunicazione sia sinonimo di cura. Noi entriamo in relazione con gli altri, allora, in modo tanto più intenso e terapeutico quanta più passione è in noi, quante più emozioni siamo in grado di provare e di vivere.